martedì 11 dicembre 2012

Non accettate sogni dagli sconosciuti!

Non accettate sogni dagli sconosciuti, per carità!
Ci sono persone che ve li venderanno a metà prezzo come fossero automobili usate.
Ci sono persone che vi si avvicineranno e approfitteranno della vostra fragilità e momentanea confusione emotiva per propinarvi un prodotto già confezionato senza che vi sforziate a realizzarlo.
Ci sono persone che con un'incredibile cavalleria vi porgeranno la mano per essere accompagnati in una danza i cui passi appariranno dapprima confusi per poi definirsi un po' alla volta perchè in fondo saranno sempre gli stessi e riuscirete ad impararli in fretta, sino ad auto-convincervi che quella sia l'unica danza adatta per voi.
C'è chi quel sogno lo paga a caro prezzo o lo riceve semplicemente in dono da chi se ne sarà stufato. 
Ma non accettate sogni dagli sconosciuti, per carità!
Il sogno non si compra, non si vende, nè si regala. Il sogno è tuo e non sarà mai di altri. 
Non si tratta di caramelle, nè di automobili da rottamare. Il sogno nasce dal cuore e si espande con la veemenza dirompente di un fiume in piena sino ad arrivare a coprire ogni parte del corpo. 
Dal cuore passerà ai polmoni quando vi sentirete mancare il respiro ad una porta che vi sarà chiusa in faccia senza che vi sia data una spiegazione. Quando vi sentirete mancare il fiato alla visione di una porta che per voi sarà invece semplicemente socchiusa ed occorrerà soltanto spalancare con la forza che intanto dal cuore è giunta al cervello sino a pervadere la vostra anima. Dal cuore passerà allo stomaco quando sarà chiuso per i troppi bocconi amari digeriti, o vuoto, necessitante di cibo e del buon vino da mandare giù che vi sarà servito su di un piatto d'argento. Il sogno matura in ogni piccola parte di noi e quando sarà grande abbastanza, troppo perchè un corpo possa contenerlo, esploderà. Sarà in quel momento che dovremmo essere bravi abbastanza, scrupolosi ed attenti, da fare in modo che nessun pezzo venga tralasciato, che tutto venga confezionato con cura, ordinando tutti i pezzi come fosse un puzzle con estrema pazienza, con la consapevolezza che ci vorrà una settimana, un mese, un anno o talvolta molto di più. Ma una volta finito avremo un prodotto su cui porremo l'etichetta di sogno, e che sarà nostro, portato a spasso come fosse un cane, indossato come fosse il nostro più prezioso gioiello, un libro custodito in una borsa le cui pagine saranno infinite ma che mai ci stancheremo di leggere. Una fiamma che sarà nata e cresciuta in noi sino ad occupare ogni nostro spazio corporeo e mentale, sino poi a scoppiare in una forza dirompente che non avremmo potuto ostacolare. Un prodotto a cui avremmo dato tutta la nostra attenzione e avremmo definito sogno. Non si può vendere qualcosa che nasce in noi sino a pervadere l'intera anima, sino a compenetrarsi con essa. Non si può vendere un cuore, uno stomaco, un polmone. Non si vendono sogni nè si accettano. 
Tutti hanno la propria strada e chi ancora non l'avrà trovata non dovrà riempire una personalità che gli sembrerà vuota con sogni impacchettati come fossero souvenirs. Non sarà questo a farvi sentire meno vuoti, ma soltanto pieni di qualcosa che in fondo non vi apparterrà mai. Perchè un sogno è come un figlio che cresce dentro di te per poi venir fuori allo scadere del tempo necessario.

lunedì 10 dicembre 2012

Esigenza di spegnersi.

Ci sono momenti in cui ho necessità di spegnermi.
Ma il mio spegnermi non è un'imposizione, il mio è un bisogno, un desiderio forse.
Il mio spegnermi non è come starsene al buio, a rimurginare una potenziale vita che avresti voluto avere e che non hai avuto il coraggio di scrivere nel libro della tua vita. Perchè quando mi spengo in realtà mi accendo. Mi accendo di ricordi, come il proiettore su di uno schermo che mi fa ripercorrere il film della mia vita. Quella vita vera, in cui ci sono state battaglie perse e molte altre vinte, quella vita fatta di piccole soddisfazioni o grandi traguardi, quella vita in cui nel momento in cui pensavi di non farcela ti sei rimboccata le maniche per vincere le tue paure, quella vita in cui ti sei sentita pesante, demotivata, come una mina vagante alla ricerca della sua meta perduta, quella vita in cui un giorno ti svegli e ti accorgi di esser diventata donna in un batter d'occhio. Quella vita in parte scritta, ma mai programmata, quella vita che non hai ancora finito di scrivere, che sai che non smetterà di sorprenderti, quella vita in cui hai ogni tanto l' esigenza di spegnerti per poterla guardare da spettatrice. 
E stasera allora mi spengo. Mi spengo perchè voglio accendere i ricordi. Voglio accendere quella che ero con le ginocchia sbucciate che da bambina si è procurata quella cicatrice sul ginocchio destro perchè durante una corsa tra amici voleva arrivare prima, quella che dopo sono diventata con un cuore spesso fatto a pezzi e poi ricomposto, quella che oggi sono. Una che non ha niente se non un libretto universitario le cui righe non dovranno essere più riempite. Una che al traguardo finale in fondo non ci è ancora arrivata. Una che voleva mollare ma le sue priorità gliel'hanno impedito. Una a cui quando le chiedono che progetti ha per il futuro le viene la pelle d'oca, perchè nel suo mondo rigidamente programmato, dove tutti sanno già dove andare, con chi andare e cosa vogliono dalla vita, lei non lo sa, o forse sì, ma vuole tenerlo segreto, al sicuro, al caldo, per timore che il sogno si disperda come una bolla di sapone. Una che non fa a tempo a gioire che viene inondata da mille domande a cui crede sia prematuro rispondere, una che le risposte le darà solo a se stessa e alle persone giuste, non di certo a chi accecato dalla curiosità vorrà saperlo solo per trarre bilanci. Una che ha paura del futuro come di deludere le aspettative di chi la vorrebbe già in toga. Una che per non deludere le aspettative di questi ultimi in questi ultimi tempi si alzava dal letto col magone di chi sentiva di indossare scarpe troppo strette, di chi correva senza avere abbastanza fiato nei polmoni, di chi sui libri sognava ciò che avrebbe voluto invece fare perchè questo era l'unico modo che aveva per riempire il cuore, un cuore spento, all'ombra, che non aveva il coraggio di mostrare. Una che ha pensato sempre agli altri e poi a se stessa. Una che oggi non ha paura di dire che il futuro le fa paura ma non così tanto da non poterci provare. Un futuro che se programmato perde in fondo di consistenza, di realismo, della sua profonda essenza. Una che ha un sogno ma non si precluderà la possibilità di poterne trovare altri per strada lungo il tragitto. Una che, sebbene non abbia avuto il tempo di gioire, questa volta invece di lasciare che ancora una volta gli altri si intromettano decide di spegnersi. Sì allora mi spengo, per avere la possibilità di accendermi, e se la luce per alcuni sarà troppo forte consiglio di abbassare le persiane perchè io, questa volta, nel brusio di chi giudicherà per sport mi ci metterò fino al collo, perchè io questa volta, dopo aver accontentato tutti, dopo esser giunta ad un piccolo traguardo che vale per me quanto una tappa importante, una soddisfazione immensa, nell'ombra non mi ci metto più. Mi spengo come solo io so fare, accendendomi.

giovedì 6 dicembre 2012

Dalla prima lettera di una discepola al Papa.

Sua Santità,
sono una dei tanti discepoli che ha appreso la notizia della sua presenza su Twitter.
Un social network divertente, semplice, fresco, creato apposta per i giovani. E' forse per quel suo tentativo di avvicinarsi a questo mondo, troppo confuso, privo di esempi di onestà ed integrità troppo spesso mortificati, forse marcio e come direbbe lei di "peccatori", che ha creduto fosse congeniale cominciare ad utilizzare un mezzo di comunicazione "giovanile".
Troppo buffo ma originale il suo account, "Pontifex". Pontifex che fa rima con "Durex". Sì è una marca di preservativi, non lo sapeva? Cioè, mi scusi, ma lei sta usando un mezzo di comunicazione creato apposta per noi giovani, per uno scambio di idee nuove, fresche, divertenti, e non sa che il suo account fa rima con una marca di preservativi? Ecco. Allora forse prima di usufruirne occorra che le descriva il mondo in cui viviamo, a cui lei vorrebbe avvicinarsi, ma che non conosce o forse non vuole nemmeno conoscere. Un po' come quell'ospite che invitato al tavolo tra gli altri commensali decide di restare in poltrona e che siano gli altri a portargli le portate del pasto.
Sa prima che lei gridi allo scandalo, vorrei comunicarle che la maggior parte dei giovani d'oggi decide di fare sesso prima del matrimonio, di condividere in un letto, su un tavolo, in un'automobile momenti di piacere. E se c'è amore tra di loro, sa, lì diventa ancora più bello. Perchè è una compenetrazione di anima e corpo, di piacere ed energia. Ed usano i preservativi. Sì, chiamasi "rapporto protetto", non ne ha mai sentito parlare? I preservativi proteggono da malattie sessualmente trasmissibili, come l'AIDS, malattia che pullula specie tra gli omosessuali. Sì su twitter, su facebook, al supermercato, nella fila alle poste, ci sono anche loro. Gli omosessuali, quelli che in questa nostra società logora e vecchia sono costretti al silenzio e all'ombra per timore di essere derisi, per timore di essere definiti, da quell'istituzione che segue le orme di Cristo che incitava all'amore e a dover essere tutti come fratelli, "peccatori", gente "contro natura", persone con "chiari disturbi psichici". Su twitter non ci troverà chi è costretto in un letto d'ospedale, nutrito quotidianamente nonostante non riesca a rendersene conto, versando in uno stato vegetativo, da settimane, mesi, anni, anni lunghissimi.
E nonostante quell'uomo abbia deciso di non voler vivere in quel modo solo grazie ad un tubo che in realtà gli toglie un pezzo di vita ogni giorno, nonostante quell'uomo in fondo sia già morto, per lei la vita è un dono di Dio, sacra, inviolabile. Ma non posso dargli colpe su questo. Chiamasi ingerenza nelle faccende dello Stato, o forse, sudditanza psicologica a dettami su cui la Chiesa si erge da parte della maggioranza parlamentare che sino a che vedrà la Chiesa contraria non riuscirà a presentare alcuna proposta di legge sul caso, alcuna possibilità per vite che così vissute mancano di dignità, a vite il cui donatario dovrebbe disporne ampiamente, come generalmente si fa con qualsiasi "dono", senza prendere direttive.
 Le dirò, su twitter pagano tutti l'IMU. Ma dubito che lei sappia cosa sia. Eppure certe persone ci piangono quando hanno anche troppe bocche da sfamare.
Alla fine Santità, non vorrei sembrarle presuntuosa, ma mi sembrava giusto metterla al corrente della vita reale a cui lei cerca di avvicinarsi. Ma non sarà un mezzo di comunicazione giovanile come quello di twitter ad accattivare i giovani. Prima di mezzi "giovanili" occorrono idee "giovanili", posizioni fresche, nuove, realistiche, umane. E non pretendo che accetti il sesso prematrimoniale, ma che forse ne cominci ad avvalorare per lo meno l'ipotesi e se ne cominci a parlare senza che nel 2012 sia ancora un taboo, un qualcosa per cui gridare allo scandalo. Pretendo che invece i divorziati e gli omosessuali non siano considerati peccatori, gente contro natura, con chiari disturbi psichici, anche se credo che è grazie proprio a questi beceri appellativi che se il Regno dei Cieli esiste, passeranno prima loro, per tutte le umiliazioni che hanno dovuto subire. Pretendo che nel mio Stato non ci sia più un confessionismo strisciante e si attui quel principio di laicità ad oggi solo formale, e si cominci a legiferare nelle giuste misure su questioni che riguardano la sola istituzione Stato, che è ora che faccia cessare questa sua inopportuna sudditanza verso l'istituzione Chiesa. L'IMU? L'IMU la paga la gente comune. Sa la gente comune non vede mai di buon occhio chi si arroga privilegi eccessivi, un po' come il rapporto fra dipendente e datore di lavoro, suocera e nuora. Non pretendo che lei mi risponda, in fondo i Corinzi hanno scritto lettere per un'intera vita senza mai essere risposti, ed io non sono certo una di loro. Però forse le suggerisco di cominciare a studiare questo mondo in cui vuole addentrarsi. Mi riferisco a Lei, perchè è la sua persona a rappresentare quell'istituzione cui desidero rivolgermi. Noi giovani soprattutto non abbiamo bisogno di esempi che si pongano in poltrona o su un alto piedistallo, abbiamo bisogno di esempi che siano realistici, che non siano coperti di polvere, che non sappiano di marcio, vecchio e stantio. Non abbiamo bisogno di un Papa su twitter, abbiamo bisogno di un Papa che prima di mettersi su twitter si cali nella realtà quotidiana, dove la gente comune paga l'IMU e non solo. Abbiamo bisogno di realismo e di umanità.

Cordialmente,

Una discepola.

Dignità.

Ha dignità un ramoscello d'ulivo, un fiore di pesco, una foglia ingiallita che segna l'autunno.
Ha dignità una grassa risata, un accenno di sorriso, il rossore in viso per il forte imbarazzo.
Ha dignità una lacrima che scorre perchè siamo stanchi, spenti, poco stimolati.
Ha dignità lo strapparci i capelli perchè sembra quasi che gridare a squarciagola non basti.
Ha dignità il silenzio, il farci da parte quando capiremo di non aver spazio nella vita dell'altro.
Ha dignità il rumore delle porte sbattute, il pianto di chi grida il suo amore conservando fra le mani congiunte il suo cuore che gli è stato gettato contro dall'altro, senza alcuna protezione, così, sanguinante.
C'è dignità in un cuore spezzato che non avremo paura di mostrare.
C'è dignità in tutto ciò che esprimiamo o che facciamo se prima riusciremo ad ascoltarci palesando solo ciò che avremo sentito sussurrare.
C'è profonda dignità nel chiedere aiuto nel momento del bisogno senza vergogna, senza costringerci ad essere forti e a superare tutto da soli, perchè quando le nostre preoccupazioni peseranno troppo sulle nostre spalle qualcuno potrebbe aiutarci in un tragitto che sarà sempre e solo nostro, che dipenderà dalla nostra forza e dalla nostra pazienza, ma che condiviso ci renderà quel peso a tratti più leggero.
Ha dignità l'attesa, la pazienza, subire le decisioni altrui.
Ma ha anche dignità il voler rompere silenzi e decidere di propria iniziativa.
C'è profonda dignità nell'ammettere di amare qualcuno, che quel qualcuno ci manca, ammettere che senza di lui è uno strazio che non augureremo mai a nessuno. C'è profonda dignità nel manifestarlo, nel far seguire ad un "mi manchi" un "ti vengo a prendere", nel tentare di far cessare quell'incredibile strazio in cui versiamo.
C'è una dignità immensa nel seguire il nostro cuore senza pretendere che esso ci dia indicazioni, assumendoci le nostre responsabilità senza dover necessariamente prevederne le conseguenze.
La dignità. Troppo spesso confusa con l'orgoglio che è invece prodotto del cervello, seminato su inutili cliché da quattro soldi, pregiudizi e luoghi comuni, che vincola e nega una parte della nostra anima. Una dignità troppo spesso acclamata ma al contempo mortificata. Una dignità sulle bocche di tutti, ma nel cuore di pochi. Una dignità pesata, misurata, con quell'inutile metro che portiamo nelle tasche, con la presunzione di poter misurare ogni sentimento, quell'astrattezza che nasce proprio per non esser misurata, per comprimersi sino a scomparire ma espandersi senza limiti, a tal punto che contenerla in un corpo sarebbe una mortificazione, allora serviranno due corpi o anche di più. Una dignità che è in fondo parte di noi, una compenetrazione fra anima e corpo, una dignità che rispecchia noi, che siamo noi. Allora sarà proprio quando bandiremo quei pregiudizi e quei luoghi comuni insidiatisi nella nostra mente, quando ci faremo guidare dal cuore, quando entreremo a contatto con il nostro io interiore accorgendocene per quella incredibile sensazione di pienezza che avvertiremo, sarà allora che la nostra dignità sarà valorizzata. E' quando prevarranno le barriere e gli schemi che avremo costruito come forme di protezione o per conformarci ad uno stereotipo che ci allontana da ciò che siamo e dal calore che potremmo trasmettere, sarà allora che quella dignità andrà persa, e con essa un po' di noi. Andrà persa quando ci imporremo di comportarci in un certo modo solo perchè lo crediamo giusto, solo perchè così si fa, così fanno tutti, così fanno i forti, non pensando che in realtà anche i più forti hanno paura, anche i più forti sono fragili. Non quando correremo da qualcuno per manifestargli il nostro perdono, il nostro amore nonostante sembra che l'altro non voglia darcene. Andrà persa quando riempiremo il nostro viso di sorrisi finti, nascondendo le lacrime che scorreranno solo quando saremo soli nella nostra stanza, a luci spente. Andrà persa quando vorremmo mostrare a tutti una finta felicità solo per non apparire i soliti tristi, stanchi e demotivati. Andrà persa quando non daremo ad una nostra passione la possibilità di venir fuori, quando non ci paleseremo per ciò che siamo, con le nostre paure, le nostre fragilità, le nostre insicurezze.
Perchè avere e preservare la tanto acclamata dignità, significa essere autentici.
La dignità è soprattutto verità. Credo.

mercoledì 5 dicembre 2012

Ombre.

Degli uomini sono come il cancro.
Si insinuano in una piccola cellula del tuo corpo per poi estendersi progressivamente con una forza dirompente quanto ingestibile, man mano, sempre di più. E ne vorresti arrestare il flusso perchè il suo progressivo avanzare ti provoca un male atroce, una sofferenza che penetra sin dentro alle ossa, partendo dal cuore e giungendo al cervello, un qualcosa che ti impedisce di restare in equilibrio, che provoca vertigini, che a tratti ti immobilizza. Ci sono degli uomini che sono il peggior male in cui certe donne possano incappare eppure si troveranno a combattere tra il desiderio inconscio di liberarsene e l'ostinato tentativo di lasciarlo scorrere nelle nostre vene, come se realizzare che quest'uomo sia per noi un cancro non sia abbastanza per combatterlo, per annientarlo, per rimuoverlo. Ma cos'è questa tendenza all'autolesionismo?
E' paura forse di dimenticare, di finire, timore di archiviare un altro pezzo di vita. Perchè le cose finiscono solo quando le avremo rimosse, dimenticate, archiviate nel cesto di quei ricordi sin troppo lontani per averne un'immagine nitida. Temiamo la fine perchè conosciamo quanto sia faticoso ricominciare, quanto sia straordinario rinascere ma quanta pazienza occorra. Allora vigliaccamente preferiremo mancanze presenti solo con le loro ombre che si estenderanno in ogni singola cellula sino ad impadronirsi della nostra anima, condizionando il nostro umore, i nostri gesti, proprio come un cancro. Ma la verità è che non potrai permettere a quest'uomo di essere così forte, anzi, di renderti così debole ed impotente. Dimentica, rimuovi, archivia, non aspettare di morire. O se vuoi fallo, ma dopo, permettiti di rinascere! Liberati come un soffione trascinato dalla forza del vento, ma mai dalla forza di qualcun'altro.

martedì 4 dicembre 2012

L'arte dello spettegolare.

Chiamatela pure arte quella dello spettegolare, perchè in effetti ce ne vuole tanta per essere zucche vuote ma con bocche eccessivamente piene.
Mi sa tanto di futili congreghe di vecchiette settantenni che in quei paesini di dieci abitanti, trenta pecore e cinquanta galline si riuniscono in cortili per allestire il focolare del pettegolezzo più rozzo e meschino. Mi sa tanto di quelle donne che si incontrano dal parrucchiere per tenersi informate degli ultimi sviluppi di persone che a mala pena saluteranno per strada ma di cui conosceranno vita, morte e miracoli. Chi ha lasciato chi, chi ha tradito chi e perchè, se la moglie del salumiere se la intenda veramente con il barbiere dei suoi figli.
Non so quanto possa effettivamente valere spettegolare su amici, parenti, conoscenti o addirittura ignoti, ma effettivamente è un'arte che non mi ha mai particolarmente attirato, e non perchè io sia la fatina buona, ma perchè ad essa ho sempre preferito il silenzio. Il silenzio l'ho sempre trovato molto più dignitoso, molto più umano, meno convenzionale. Anche perchè credo che quest'arte appartenga a chi sia vuoto, a chi abbia poco o addirittura niente da dire su di sé, a chi ometta il silenzio nella scala delle possibilità. E' forse questo che spinge persone dalla personalità confusa a tratti camaleontica, cervelli vuoti e vite spente a tentare di riempirsi di altri. Ma la verità è che saranno solo le loro bocche a riempirsi poichè i loro cervelli rimarranno sempre vuoti e le loro vite sempre spente. L'unico dato positivo sarà che metteranno sotto i riflettori ancora una volta quelle vite che non avranno bisogno di ulteriori illuminazioni, perchè saranno già da sole in grado di splendere di luce propria, ed andranno avanti con le loro vite invidiate da chi non potrà fare altro che riempirsi solo la bocca, da chi forse venderebbe l'anima al diavolo per averne una così, ma non ci riusciranno mai, perchè non è possibile per zucche vuote e vite spente.
Quanto amo chi riuscirebbe a parlar di sé per ore. Quanto amo chi predica l'arte del silenzio.

lunedì 3 dicembre 2012

L'amore basta?

Non so se l'amore basti. Io onestamente me lo sono sempre fatto bastare.
Perchè c'è chi dice che l'amore non basti per stare insieme, ma la verità è che forse dipende da che accezione diamo a questa entità misteriosa che ci porta sù con la stessa rapidità in cui è in grado di farci sprofondare, che comunemente prende il nome di "amore".
Perchè se per amore intendiamo assenza di egoismo, la negazione dell'orgoglio, la voglia di scoprirsi, slanci di entusiasmo avvertiti anche per semplici gesti quotidiani, un sorriso appena svegli e prima di andare a dormire, sacrificarsi reciprocamente scendendo talvolta da quel piedistallo che spesso ci tiene troppo in alto, al freddo, senza permetterci di accalorarci, allora posso dire che l'amore basta.
In effetti io me lo sono fatto bastare, e forse è per questo che se fossi uomo una donna come me forse non riuscirei ad amarla, nè vorrei averla accanto, perchè chi non sopporta il freddo pur di riscaldare spesso può scottare. Perchè per me l'amore, così inteso, è sempre bastato. E' bastato quando mi strappavo il cuore riponendolo così com'era, senza alcuna forma di protezione, nelle mani dell'altro, tra un sorriso o anche in un fiume di lacrime. E' bastato quando ho preso un aereo per volare da chi pensavo c'entrasse poco con me eppure volevo essere lì semplicemente per congiungermi con un pezzo della mia anima che in quel momento era l'altro a possedere, senza la quale forse non avrei avuto la forza di continuare. E' bastato perchè in quell'amore non c'era orgoglio nè egoismo nè piedistalli che potessero reggere il confronto. E mi è bastato anche quando ho viaggiato in treno per sentirmi dire che tutto quello in cui avevo creduto in realtà non c'era o forse non era mai esistito. Non c'era entusiasmo, nè sorrisi, lì c'era la voglia di amare e basta nonostante tutto, ne era rimasto solo un nocciolo, la piena essenza, dove non c'era egoismo nè orgoglio, ma solo un cuore strappato dal petto e pestato ripetutamente. Sono una che ha avuto sempre bisogno di conoscere la verità prima di prendere decisioni che mi sono trovata invece il più delle volte a subire. Sono una che l'amore lo vive con estrema passione e struggente dolore. Sono una che l'amore lo vive con telefoni muti e porte sbattute. Sono una che spesso ha avuto bisogno di morire per poter rinascere, una morte sofferta ma una rinascita in fondo meravigliosa che mi ha fatto credere che a volte valga la pena morire per poter rinascere in questo modo.
Ma se oggi mi chiedessero se ne è valsa la pena, se è valsa la pena far salire il cuore così in alto per poi farlo sprofondare in uno strazio a tratti ingestibile, io risponderei che ne è valsa la pena, comunque. Perchè vale sempre la pena amare. Non so se l'amore basti, ma io me lo sono fatto bastare, e credo che in un'accezione ampia e totalitaria alla fine possa bastare. Perchè non dovrebbe date le tante coppie in giro che stanno insieme nonostante la totale assenza di amore, ma per abitudine, perchè va bene così, perchè alla fine in due si è meno soli. Allora a chi dice che l'amore non basta rispondo che forse si sta sbagliando o forse sbaglia nel concepirne il suo reale significato. Forse non può dire che l'amore non basti, ma che forse non ama abbastanza. Forse in quell'amore di cui parla non ci mette l'assenza di egoismo ed orgoglio, l'entusiasmo di scoprirsi, la voglia nonchè il bisogno di sacrificarsi perchè l'amore non è solo un sorriso ma anche lacrime amare, gesti inconsulti, urla di dolore, ci mette la freddezza di un piedistallo troppo alto. Forse crede che l'amore non basti perchè crede che l'amore sia solo gioia e spensieratezza, crede che l'amore si riduca ad un "ti amo" troppo facile da dire, che in effetti anche dei bambini sanno pronunciare. Invece l'amore, se esiste ed è pieno, basta, anzi, trabocca, è tutto, e alla fine, vince sempre.

domenica 2 dicembre 2012

Detesto quindi temo.

Detesto il verbo dimenticare. Anzi ne ho timore, il che per me equivale a dire lo stesso. Comincio a detestare tutto ciò che mi fa paura perchè è come se non volessi dare a me stessa la possibilità di averne, ma quando la paura si impossessa di una parte della mia mente facendomi sentire fragile ed impotente, acquisto un po' di umanità. Ma anche quello detesto. Detesto la mia paura e la mia umanità. Perchè data la mia spiccata vena passionale non conosco mezze misure. Allora le mie paure saranno paure profonde come pozzi in cui non riesci a vedere la superficie, buie ed impervie come le sue pareti, paure come pozzi in cui cadi avvertendo la sensazione che forse non riuscirai più ad uscirne. Quelle paure che destabilizzano ma al contempo ti tengono ferma immobilizzando dapprima i piedi per poi salire alle ginocchia sino ad indurire persino il busto. La mia umanità invece non riesco a definirla, per la stessa ragione per cui io non ami particolarmente i complimenti nè tanto meno farli a qualcuno, per la stessa ragione per cui se dovessi parlare di me a qualcuno comincerei ad elencare i miei difetti e solo se mi venisse chiesto due o tre pregi, di quelli comuni, sentiti tante volte, di quelli che sembrano appartenere un po' a tutti, perchè la verità è che la mia insicurezza non mi ha mai permesso di analizzare i miei lati positivi. Qualche volta sarà capitato che mi sia riconosciuto qualche pregio, ma mai abbastanza, sempre a metà, per paura. Ho paura anche di questo. E sì allora lo detesto. Ho paura di riconoscermi pregi per non apparire presuntuosa ma al contempo detesto trovarmi con una lunga lista di difetti senza riuscire a fare una lista altrettanto lunga di pregi. Non so nemmeno se ne abbia per la verità, ma detesto soprattutto citare quei difetti che in fondo non mi riconosco ma li pronuncio comunque per sentito dire, perchè oramai li ho inculcati.
Detesto ergo ho paura. Detesto dimenticare quindi ne ho paura. Ho paura di dimenticare quindi anche di essere dimenticata. Ho così paura che ogni giorno un po' del mio tempo lo dedico alla prevenzione della mia paura ricordando. Ma ricordare circostanze, luoghi che hai visto, incredibili esperienze, persone entrate straordinariamente nella tua vita, ricordare emozioni, gioie, delicate quanto intense sensazioni, ti impedisce di dimenticare ma non di essere dimenticata. Però è come se il mio ricordo ed il mio desiderio sempre acceso di non dimenticare smorzasse i toni di questo inguaribile timore, quasi come se questa mia paura si riducesse della metà e con l'altra metà riuscissi a convivere. In realtà non ci convivo serenamente perchè la mia insicurezza, da me fortemente detestata quindi temibile, talvolta mi rende succube di questa paura. E' come se credessi che esista una regola per cui necessariamente se uno ricorda l'altro dimentica, se uno ha paura l'altra non ne ha. Anche questa è un'altra cosa che temo e che quindi detesto. Però la verità è che la paura, l'ansia, la paranoia di essere dimenticata oramai fa parte di me, rintanata in un piccolo spazio del mio cervello, che talvolta lo annebbia ma forse senza questa sensazione che mi accompagna non mi riconoscerei più. Senza tutte queste paure non sarei più me stessa, nè forse avrei quell'umanità che temo, che detesto, ma in fondo lo devo dire, me ne riconosco tanta. Sì sono molto umana. Sarò presuntuosa, ma sono umana. Punto. Stop. Lo sono e oggi me lo riconosco, domani non so, ma oggi sì. Ma il punto è che forse solo se riuscissi ad aver paura senza detestare questo sentimento, solo se riuscissi ad accettare le mie paure e farne un punto di forza, se riuscissi a conviverci senza sprofondare in pozzi bui dalle pareti impervie di cui sarà impossibile scrutarne la superficie, potrei cominciare forse ad allungare la lista dei pregi e renderla non della stessa lunghezza (non esageriamo!) ma quanto meno simile alla lista dei miei difetti, che stranamente non temo, nè detesto.

sabato 1 dicembre 2012

Quando la vita ti chiama, rispondile!

Quando la vita ti chiama, rispondile! 
 Talvolta il tuo telefono squillerà senza tregua, come un disco rotto che per pigrizia o semplicemente per la tua tendenza autolesionista fingerai di non sentire. Scoprirai sul tuo telefono tante chiamate senza risposta. Proverai a richiamare ma non è detto che lei ti risponda, giustificandoti con gli altri e con te stesso dicendo "Ma io ho richiamato, lei non mi ha risposto. La vita è così, adesso non posso fare nulla".  Può darsi che ti faccia attendere per ore prima di ricevere una risposta dal centralino, ti dirà di aspettare senza ricevere una risposta o talvolta sarà lei a negarsi. Perchè la vita è superba, pretende che alle sue telefonate tu risponda. Allora quando la vita ti chiama, rispondile! Devi rispondere.
Quando si tratta di eventi spiacevoli a causa delle tue mancate risposte potrà decidere di lasciare dei messaggi in segreteria che ascolterai per poi cestinare, come se quel messaggio non l'avesse mai inviato. Ma l'ha fatto e quando un dolore, un fallimento, un'amara sconfitta ti travolgerà non potrai di certo giustificarti. La vita ti aveva informato, sei stato tu a far finta di niente. Perchè per queste cose la vita insiste come se fossero circostanze che in fondo ti sono dovute. E' per le cose belle che spesso non lo fa. Ve l'ho detto, la vita è superba. Telefonerà una volta, al massimo due, dopo di che non si affaticherà a lasciare messaggi in segreteria perchè in fondo se avessi voluto esser felice avresti risposto. Non l'hai fatto allora continua a pestare merde e a fermarti per giorni, mesi, addirittura anni, con la presunzione di poterti sfilare la merda dalle suole e ricominciare a passeggiare con le scarpe pulite, come se la vita intanto ti stesse aspettando. Ma la vita non ti aspetta. Un uomo o una donna che sia dovrebbe chinarsi soltanto per raccogliere tutti i fiori più belli e profumati incontrati durante il tragitto ma intanto continuare la sua passeggiata che a volte diverrà una corsa. E quando le merde si infileranno sotto le suole dovrà continuare. Non potrà perdere giorni, mesi o addirittura anni per potersele sfilare e far apparire le sue scarpe come nuove. Ci dovrà camminare comunque, perchè a furia di camminare, a tratti di correre, dimenticheremo di avere le scarpe sporche, man mano sarà il tragitto stesso a pulircele. Perchè se ci affaccendiamo in quest'opera certosina intanto quei fiori potenzialmente belli e profumati da raccogliere lungo il tragitto potrebbero seccarsi o essere raccolti da qualcun'altro. Allora quando la vita ti chiama, devi risponderle, soprattutto se hai appena pestato merde, la vita non si focalizza su inutili convenevoli, ti accoglierà soprattutto se le tue scarpe saranno infangate. Non lasciare che il tuo telefono squilli a vuoto, ritrovandoti sommersa da chiamate che non riceveranno mai più una risposta e non confidare nei messaggi di segreteria perchè è raro che per le cose belle lo faccia. 
Quando la vita ti chiama, rispondile. Perchè può darsi voglia regalarti un fiore o più di uno il cui profumo servirà a rimuovere la puzza delle suole sporche di merda.

giovedì 29 novembre 2012

Voce del verbo amare.

C'è stato un tempo in cui davo valenza ai pronomi personali soggetto partendo dal basso. Essi, voi, noi, egli, tu, io. Anche i verbi coniugavo in questo modo. C'è stato un tempo in cui guardavo loro a cui mi rivolgevo con il voi pensando a ciò che noi potevamo diventare. C'è stato un tempo in cui mi guardavo allo specchio e non mi riconoscevo se non con te al mio fianco. A loro parlavo di te, di "lui", senza mai accennare a me. Parlavo di me solo quando dovevo coniugare qualche verbo, come amare. Siamo poi diventati noi. Un noi che mi bastava. Ho sempre pensato che fosse il noi a rendere felici. Ma in quel noi c'eri solo tu, io non c'ero quasi mai. Ecco perchè quando sei andato via mi hai lasciato con le ginocchia sbucciate e le scarpe infangate come chi monta per la prima volta in sella ad una bicicletta e casca. Perchè tu sei andato via e hai portato noi via con te, dove io non sono mai esistita sebbene avessi la pretesa di parlare di un noi dove io c'ero solo nel momento in cui mi si chiedeva di coniugare il verbo amare. Ma in questo noi c'eri solo tu. Le tue passioni sono diventate le nostre passioni, i tuoi desideri sono diventati i nostri, il tuo amore è diventato solo il mio e basta. Un noi pieno di te ma che di me non aveva niente. Ma un noi sono due persone, e se c'eri solo tu era dunque un "tu" e non aveva a che fare anche con me. Per questo quando mi hai voltato le spalle hai portato via con te anche i bei ricordi, lasciandomi solo amarezze confuse come una melma aggrovigliata che non ho saputo o voluto ordinare, sentendomi come in uno spazio dalle pareti bianche senza finestre e porte chiuse a chiave, in uno spazio che apparteneva a nessuno. In uno spazio in cui mi sono ritrovata ad essere nessuno.
E' stato solo poco dopo che ho compreso che in quel noi c'era una mia reale mancanza ed una tua finta presenza. Allora ad una finta presenza ho preferito una reale mancanza. Ho preferito l'autenticità sebbene fosse amara e disgraziata, ad una finzione in cui finti erano diventati addirittura i sorrisi. Ho preferito me stessa. Allora mentre prima partivo da essi, da voi per arrivare al noi che ritornava inesorabilmente sempre ad egli e al tu senza mai menzionare "io", ho cominciato dall'alto, dal primo pronome personale soggetto e spesso ci sono rimasta. Ho cominciato da me, per poi scendere al tu, ad egli, al voi e ad essi senza mai più parlare di un noi. Ho cercato altre volte di costruire un noi senza mai riuscirci abbastanza. Mentre prima parlavo di me solo per coniugare il verbo amare, da allora non l'ho più fatto se non per riferirmi a cose o stati d'animo che mi appartenessero. Perchè noi è fatto da un "io" ed un "tu", ma adesso questo io mi sembra già abbastanza. C'è stato un tempo in cui pensavo che solo un noi rendesse felici, adesso credo che sia l'io a doverlo essere anzitutto per pensare di poter costruire un noi, e se non ci riuscirò mai pazienza. Sono partita da me, ho cominciato a coniugare i verbi dalla prima persona e se dovessi mai pensare di dover costruire un noi adesso so che dovrò esserci anch'io. Ma se non dovessi riuscirci io con le mie paure, le mie ansie, le mie paranoie, le mie passioni, le mie idee, le mie parole, i miei sogni nel cassetto, le mie vittorie e le mie sconfitte, siamo già abbastanza, non sono sola, anzi potrei quasi parlare di un noi. Ma se mai lo dovessi costruire farò più attenzione nel coniugare il verbo amare in prima persona ma sono certa di farlo con la stessa estrema intensità di sempre, pretendendo che sia io ad amare ma che a farlo sia anche tu, perchè sono un "io" ed un "tu" a costruire un "noi", un noi che trabocca di amore, un amore nostro in senso pieno, da cui è possibile che se ne esca con le ginocchia sbucciate e le scarpe infangate, ma allora non sarà esatto dire che non ci sarà nessuno, ci sarò io, e ricomincerò, senza te, senza noi, ma con me. Comincerò da lì, dove ha inizio la coniugazione, quella coniugazione che senza la prima persona è incompleta, non ha senso.

Principi azzurri e cavalli bianchi o uomini alla guida di utilitarie?

E' molto più probabile scartare un Kinder Bueno e leggere la scritta "Hai vinto!" che trovare quello che per l'opinione comune è oramai definito "Principe Azzurro".
Perchè poi azzurro se il colore dell'amore è il rosso?
Il principe azzurro è quell'entità misteriosa che abbiamo cominciato ad apprezzare guardando i cartoni animati della Disney, quando da bambini ci leggevano le fiabe che finivano sempre con "...e vissero felici e contenti". Ma lo scrittore non ha continuato a raccontare la routine quotidiana, cosa la principessa avrà poi effettivamente vissuto con il suo principe arrivato sul suo immancabile cavallo bianco (perchè poi bianco? esistono anche cavalli neri e marroni). Non lo racconta perchè sta scrivendo una fiaba. Generalmente il destinatario di una fiaba è un bambino ed i bambini vanno protetti. Dunque lo scrittore pensa che sia giusto lasciare immaginare ad un bambino che i due sposi vivranno per sempre felici e contenti. Un bambino ha bisogno di credere che esista l'amore eterno, che nella vita sia possibile incontrare quel principe azzurro che rapirà la principessa portandola via sul suo cavallo bianco, che sia possibile vivere per sempre felici e contenti.
Ma noi no, il tempo oramai non ci protegge più. Lasciate tra la polvere le fiabe e le nostre vecchie videocassette, ci affanneremo con molta più ostinazione nella ricerca della scritta "Hai vinto" scartando una confezione di Kinder Bueno che nella ricerca del fantomatico principe azzurro, che qualcuno dotato di spirito ironico o di inguaribile cinismo ha fatto diventare omosessuale.
Lo scrittore termina il suo racconto fiabesco con la formulazione alquanto vaga e generica del "...e vissero felici e contenti", un po' come quando rispondiamo alla domanda "Come stai?" con un altrettanto generico "Tutto bene, grazie", senza soffermarci troppo sui dettagli, perchè non ci va di spiegare che siamo stressati per il nostro lavoro, che gli impegni ci sovraccaricano, che non abbiamo abbastanza tempo da dedicare a parenti ed amici, che il nostro uomo sembra distante, che avremmo bisogno di una vacanza.
Ma se lo scrittore avesse minimamente immaginato che con la creazione del principe azzurro in sella ad un cavallo bianco avrebbe contribuito ad inculcare l'idea della ricerca dell'uomo e della donna perfetta, creando per molti quasi un alibi per la loro insoddisfazione sentimentale, avrebbe di certo optato per una formula meno vaga. Perchè molti vivono ancora in un mondo parallelo quanto irrealistico, fatto di principi coraggiosi e donzelle da salvare, di fatine che con la loro bacchetta magica sono pronte a realizzare i nostri sogni e di streghe cattive che per buon senso dovrebbero essere sconfitte, proprio come nelle fiabe. Noi donne specialmente siamo nell'ostinata ricerca di un uomo che sia bello, simpatico, intelligente, brillante, coraggioso e pronto a qualsiasi cosa pur di renderci felici. Un uomo che sia comprensibile, il nostro medico, avvocato, psicologo, la nostra musa ispiratrice, la nostra spalla su cui piangere e la mano da stringere per l'eccessiva contentezza. Vogliamo forse un cane o un'entità robotica rigidamente programmata. Perchè un uomo può essere tendenzialmente fedele, comprensivo, brillante, intelligente, simpatico, ma non è detto che lo sia sempre. Si soffermerà a guardare una bella donna che passeggia ma questo non significherà che vorrà tradirti o che non ti ami abbastanza. Talvolta fingerà di ascoltarti ma non è detto che non ti comprenda, avrà soltanto avuto una cattiva giornata o sarà sovraccaricato da mille pensieri che non vorrà esprimere perchè forse vorrà dare spazio ai tuoi. Non è un cane, un robot, bensì un uomo, che non è perfetto, commette errori di tanto in tanto, ma è questo a renderlo umano. Quindi forse lo scrittore avrebbe dovuto aggiungere al finale rituale del "E vissero per sempre felici e contenti..." che in realtà quella felicità durò poco, sino a che i due sposi non vennero catapultati nella vita reale. 
Ma noi che crediamo ancora in quell'uomo misterioso vestito di azzurro, che in sella ad un cavallo bianco possa rapirci, possiamo decidere di vivere nell'illusione, come solo a cinque anni si può fare e continuare a sognare ad occhi aperti in un mondo parallelo quanto irrealistico, fatto di principi e principesse, di cavalli bianchi, di streghe cattive che alla fine vengono sconfitte, di fatine che con la loro bacchetta magica trasformano in realtà i nostri sogni. Oppure possiamo ridimensionare il tutto interpretando in modo non necessariamente cinico, ma quanto meno realistico, ciò che una fiaba vorrà raccontarci. Possiamo cominciare a capire che il nostro principe azzurro non riusciremo a riconoscerlo tra la folla perchè vestito d'azzurro, solo perchè monta un cavallo bianco con cui sarà pronto a portarci lontano. Non sarà necessariamente un bell'imbusto dai capelli biondi, occhi azzurri, ed un portamento regale. Potrà indossare un paio di jeans e scarpe da tennis, potrà non essere altissimo nè avere un portamento regale, ma sarà il suo sguardo, le sue parole, il suo sorriso ad incanalarsi nel suo e nel nostro silenzio sulle strade del nostro cuore sino ad accendersi, provando quasi la sensazione che il nostro cuore stia per scoppiare. Non monterà di certo su un cavallo bianco, ma magari avrà un'utilitaria che dovrà ancora finire di pagare. Saremo felici e contenti perchè quello sarà il nostro principe azzurro, ma dovremmo esser consapevoli che quella felicità potrebbe non accompagnarci per un'intera vita. Dovremmo esser consci del fatto che potremmo vivere insieme felici e contenti, ma anche tristi e tormentati. Dovremmo esser consapevoli, senza attribuire tale considerazione ad un becero cinismo, che l'amore può finire, che potrà indurci a sputare sangue intriso da delusione, tradimento e tante lacrime, ma non per questo dovremmo rinnegare un amore che sebbene sia finito è stato comunque vissuto. E' stato vissuto con un'utilitaria, un mutuo da pagare, impegni, mattine in cui ti alzavi col magone perchè quell'uomo accanto a te non riuscivi più capirlo, perchè intanto la fiaba si stava a poco a poco dissolvendo e tu con lei. Ma questa è la vita e anche le vite più straordinarie finiscono. Anche l'amore è un pezzo di vita che se siamo fortunati, caparbi, se accettiamo talvolta di chinarci a compromessi scendendo dal nostro piedistallo, se riusciamo a praticare il perdono come l'arte di soli pochi eletti, potrà durare a lungo o forse per sempre. Altrimenti anche l'amore finisce. Ma quell'uomo che avrà acceso il nostro cuore sino a farlo scoppiare sarà per sempre il nostro principe azzurro, come lo sarà chi verrà dopo di lui riaccendo una luce che sembrava oramai spenta ed impossibile da riaccendere. E vissero per sempre felici e contenti, ma anche straziati, tormentati, tristi, inappagati, con il desiderio di capovolgere tutto e ricominciare da capo, vissero svegliandosi la mattina con il sorriso sulle labbra, ma il giorno seguente con l'angoscia di doversi dire addio, ed il giorno seguente con il desiderio invece di ricominciare a rimettere al loro posto i cocci rotti o semplicemente di gettarli via. Vissero felici e contenti con l'idea di costruire una famiglia da Mulino Bianco ma che di bianco aveva solo le tende del soggiorno della loro dimora che pian piano da nido sicuro diventava a poco a poco la prigione delle loro anime. Non si può vivere per sempre felici e contenti. Si vive con tutto ciò che la vita ci riserverà, saranno gioie, soddisfazioni, vittorie, ma d'altronde sono sensazioni che potremmo assaporare con maggiore intensità soltanto provando anche dolori, delusioni, sconfitte, amare, logoranti.
Ma ad un bambino questo lo si omette. Sarà la vita, brusca ma reale, triste ma anche incredibilmente gioiosa ed affascinante, ad insegnarglielo. Allora forse capirà che quanti più Kinder Bueno scarterà, quanta più probabilità ci sarà di trovare la scritta "Hai vinto". 

martedì 27 novembre 2012

Un cuore, dove tutto inizia e tutto muore.

Con il cuore faccio qualsiasi cosa. Rido, mi emoziono, parlo con il cuore. Riesco a piangere con il cuore, è come se avessi dei tubicini immaginari che dal cuore conducono agli occhi da cui escono lacrime che nascono dal cuore ed in cui spesso ci rimangono senza mai solcare il viso. Mi innervosisco, urlo con il cuore. Delle urla che dallo stomaco passano al cuore per fuoriuscire dalla bocca, urla che spesso resteranno mute, fermandosi al cuore. Riesco persino a respirare con il cuore. Vado sempre dove il cuore avrà deciso di condurmi. Faccio domande a cui do risposte che nascono dal cuore. Vivo con il cuore, o meglio, vivo di cuore. E' come se riuscissi ad annullare tutti gli altri organi o parti del mio corpo, è come se tutto venisse conglomerato in quel muscolo dalle dimensioni di un pugno, che da' avvio ad una danza di pensieri, ricordi, esperienze, delusioni, sconfitte, fallimenti, amori andati o semplicemente passeggeri, persone che restano, persone che decidono di andare, speranze lucenti o dalle tinte opache, passioni che hanno voglia di esplodere ma che restano mute, sorde, dentro quel muscolo in cui sembra che tutto inizi e tutto finisce, una melma aggrovigliata che spesso confonde amicizie con amori, grandi passioni con beceri obiettivi, piccoli fallimenti in battaglia con una sconfitta dell'intera guerra. Lascio che tutto nasca da lì ed in quel groviglio di danze confuse lascio che lì tutto muoia. Ma vivo di un cuore che scoppia, che è gonfio, che è stanco, un cuore che spesso farebbe a pugni con se stesso. Un cuore che vuol prendersi la sua parte e lasciare che anche le altre parti del corpo fungano a qualcosa. Un cuore troppo pieno ma appesantito. E' come se tutte le sensazioni, dalle più dolci a quelle più amare, venissero incanalate in quel muscolo dalle dimensioni di un pugno che tutto in fondo non riesce a sopportare. Allora a volte batte a fatica. Ecco perchè quando rido o quando piango, quando vinco o quando perdo, quando urlo o resto in silenzio, quando ricordo o smetto di sperare, congiungo le mie mani al petto. E' come se volessi far combaciare il battito del cuore con la veemente cascata dei miei pensieri ed il respiro come un dolce fruscio di vento che porta via con se le foglie ingiallite, come se volessi che tutto compenetrasse lì, in quel muscolo, dove tutto inizia e tutto muore.
Dovrei forse far funzionare anche il cervello e dare la giusta collocazione ad ogni cosa. 

I ricordi dovrebbero andare nel polmone destro, le speranze in quello sinistro. I polmoni permettono la respirazione, senza il respiro si muore. E si muore anche senza ricordi e speranze. Perchè il ricordo è la base da cui partire per proiettarci verso un futuro che sarà sempre troppo incerto, le speranze fungeranno da molla, da trampolino, senza le quali sarebbe impossibile tuffarci nel mare dell'incertezza. Ricordi che in certi momenti ci annebbieranno, in altri ci faranno sorridere, in altri ancora star male. Speranze che talvolta cesseranno di brillare per assumere tinte opache, sino quasi ad annullarsi. Ma i ricordi sono l'unica cosa che il tempo non può cambiare, se ne stanno lì e puoi disporne quando vuoi e per quanto tempo tu lo desideri. Nessuno te li toccherà, e nel rispolverarli alimenteranno le tue speranze. I ricordi saranno parte del tuo respiro quando vorrai mollare, quando sarai stanco, ma ti ricorderai di tutte quelle volte che avresti voluto farlo e non l'hai fatto, non hai mollato, ce l'hai fatta, sarai andato avanti comunque. Non avrai smesso di sperare grazie ad un ricordo vitale quando un respiro.
I rimpianti andranno nell'intestino, espulsi come scorie dal nostro organismo, perchè non dovremmo averne. La vita è fatta di scelte e talvolta dinanzi ad un bivio una sola sarà la strada che potremo intraprendere, e l'unico modo per non avere rimpianti, per non pensare mai a cosa sarebbe successo se fossimo andati dritto invece di svoltare a destra, è scegliere nel silenzio della stanza dei nostri pensieri, avendo come sottofondo solo il nostro respiro ed il battito del nostro cuore, senza lasciare che niente e nessuno condizioni il nostro tragitto. Così i rimpianti saranno scorie da riporre nell'intestino per essere dopo poco espulse.
Le esperienze che abbiamo vissuto, i posti che abbiamo visitato, le persone che avremo conosciuto e saranno giunte nella nostra vita per insegnarci qualcosa o per scaraventarci bruscamente sull'asfalto, quelle grazie alle quali saremo diventati donne o uomini, dal cuore risaliranno attraverso la gola e attraversando il naso finiranno agli occhi. Dovranno essere i nostri occhi, che ci permetteranno di osservare tutto ciò che ci circonda in modo più responsabile e sempre più consapevole. 
Le delusioni, le sconfitte, i fallimenti di un lavoro, di un amore, di un amicizia saranno invece i nostri piedi su cui dovremmo reggerci. Senza di loro saremo piccoli uomini o piccole donne che avranno imparato poco dalla vita. Tanto più le delusioni saranno dolorose, più le sconfitte forti, più i fallimenti logoranti, quanto più la pianta dei nostri piedi sarà larga ed in grado di reggerci, reggere noi che diverremo intanto sempre più robusti, perchè impareremo a perdere con la stessa umiltà e scaltrezza che utilizzeremo per vincere. Vittorie che saranno nate dai piedi per raggiungere addirittura il cervello.
Al cuore dovremmo lasciare l'amore e le passioni. E' il loro posto d'altronde. Ma non c'è spazio per la vergogna di amare, nè di coltivare passioni evitando che restino mute e pure sorde. Non ci sarà spazio per la vergogna nelle orecchie correndo il rischio di diventare sordi, nemmeno sulla lingua perchè potremmo divenire muti, negli occhi ci sono le esperienze ed è impossibile pensare di diventar ciechi. Allora la vergogna dove va? La vergogna non esiste. E' una creazione del cervello perchè stanco di non far nulla per il sovraccarico di lavoro del cuore, ha avuto bisogno di inventarsi qualcosa. Ma ora che ogni parte del corpo svolge le sue funzioni, non ce sarà più bisogno. 
Ma dubito che questa congeniale sistemazione possa durare. Dubito di non riuscire più a portare la mani al petto come se volessi far combaciare il battito del cuore con la veemente cascata dei miei pensieri ed il respiro come un dolce fruscio di vento che porta via con se le foglie ingiallite, come se volessi che tutto compenetrasse lì, in quel muscolo, dove tutto inizia e tutto muore, quel muscolo per cui in fondo vivo.

domenica 25 novembre 2012

L'arte di aspettare.

Il punto non è quanto tempo si aspetta, ma chi o cosa si sta aspettando. 
Per un caffè servito al tavolo saremmo capaci di attendere massimo una decina di minuti, forse anche quindici se siamo in dolce compagnia. 
Alla solita amica ritardataria saremo in grado di aspettarla anche per trenta minuti, o addittura un'ora, perchè con quel suo tono pacato e gentile ti rifilerà una montagna di scuse a cui non riuscirai a non sorridere, del tipo "Ho fatto tardi perchè il gatto andava in giro con le mie mutande..." " Ho fatto tardi perchè non usciva l'acqua calda e sai che non riesco a fare docce fredde..." " Ho fatto tardi perchè mi si è rotta l'unghia, sai quanto ci ero affezionata, ho dovuto seppellirla nella pianta sul davanzale e mi sono chiusa nel mio logorante dolore. "
Ai professori all'università saremo capaci di aspettarli ore, a volte intere giornate nonostante le nostre attese si rivelino talvolta vane.
Ma la sua telefonata, il suo messaggio, il suo sguardo, il suo respiro che si confonde col fruscio delle foglie d'autunno, la sua risata, il suo modo di prenderci per mano o accarezzarci quando siamo stanchi, confusi, nervosi, assetati dal desiderio di esprimere a qualcuno ciò che proviamo, tutto questo saremo capaci di aspettarlo per troppe ore, troppi giorni, troppe settimane, troppi mesi. Talvolta lo aspetteremo in eterno senza nemmeno accorgercene, nonostante il nostro passare per altri sorrisi ed altri sguardi, ma che non saranno il suo modo di sorridere, il suo modo esclusivo di guardarti. Un modo che non si può spiegare ma che evidentemente è in grado di utilizzare solo lui. Quel modo di guardarti che ti penetra come se steste facendo l'amore, quel modo di sorriderti che comporta la stessa sua smorfia sul tuo viso senza che tu possa provare a gestirla, quel modo di accarezzarti come se stesse toccando un tesoro raro, nel dettaglio, con premura ed attenzione. Quel modo di amare lui nel silenzio quotidiano pur incrociando altri sguardi, pur toccando altre labbra. Quel modo di avere impresso il suo viso nella mente, cercandolo talvolta tra la gente incrociata per strada. Quel sorriso che ci illumina, ci colora, in fondo ci devasta.
Per tutto questo esclusivismo non vale quanto si aspetta. Potremmo aspettare giorni, settimane, mesi, addirittura anni. Quando si aspetta qualcosa è come se decidessimo a priori quanto tempo siamo disposti ad aspettare, superato il quale andremo via, perchè il nostro tempo sarà più prezioso di quel caffè, di quell'amica forse, e sicuramente anche del professore la cui attesa sarà vana. Ma quanto diventa prezioso il nostro tempo quando si tratta di aspettare l'unico sguardo che ci penetra senza necessariamente toglierci i vestiti, l'unico sorriso che ci fa assumere quella stessa smorfia sul viso che non riusciremo a controllare, che ci dona luce, colore, un innato senso di libertà, quelle parole che risuonano come un'incantevole poesia nella nostra mente al suono della sveglia e prima di addormentarci? Quanto vale il nostro tempo di fronte quel suo essere incredibilmente lui o lei, che ci fa palpitare il cuore quasi come se stesse scoppiando per il troppo amore, che ci devasta e ci tormenta come l'incessante suono di tamburi? Quanto vale il nostro tempo se stiamo aspettando di sentirci pienamente a contatto con ciò che vogliamo essere, con ciò che siamo, paure comprese, se stiamo aspettando di colorarci di tinte che non avremo mai visto, se stiamo aspettando di sentirci in quel modo, felici e leggeri? Non c'è un tempo di attesa. In questo caso varrà ciò che stai aspettando non quanto lo farai, nè da quanto tu lo stia già facendo nè quanto ancora dovrai aspettare.



sabato 24 novembre 2012

Siamo tutti sostituibili?

Esistono quelli che sostituiscono e i sostituiti. Gli stronzi e gli illusi. Quelli che siederanno sul loro piedistallo guardando tutti come fossero passanti e chi sarà troppo basso per salirci. Quelli che avranno la presunzione di pensare di cavarsela con un fugace come stai senza ascoltare la risposta, di pensare che due battute, una risata e una notte di sesso significhi vivere qualcuno e chi invece vivrà qualcuno nel silenzio quotidiano, comprendendo cosa ci sia dietro un sorriso, una lacrima e che dietro quella convenzionale risposta del tutto bene alla domanda come stai ci sarà altro, che non avrà l'invadenza di chiedere, ma che scoprirà pian piano, quando sarà il momento. Le due categorie non si invertiranno mai. O sei quello che sostituisce, o sei il sostituito. Sarà come un' etichetta alle confezioni di cibo che riporremo in frigo. Perchè chi sostituisce è raro che venga sostituito, sarà scaltro, orgoglioso, furbo, stronzo abbastanza dal non trovarsi mai nella circostanza per farlo. O forse si è trovato, sì una volta, quando avrà deciso di sostituire da quel momento chiunque gli fosse capitato sotto banco, dalla sgualdrina di quartiere, alla vergine immacolata, dal diavolo tentatore, all'angelo più bello mai sceso su questa Terra, perdendo sia il dolce che l'amaro. Per alcuni è diventato addirittura un fattore genetico oramai.
Per chi sostituisce siamo tutti uguali. In fondo abbiamo tutti un naso, due occhi e una bocca. Siamo semplicemente dei corpi. Sarà dunque facile sostituire un corpo con un altro, è una questione di pesi e misure. Sarà semplice sostituire un culo sodo con un altro culo ancora più sodo, il mondo ne è pieno.
Chi verrà invece sostituito è raro che deciderà di sostituire e quando lo farà di sua spontanea volontà soffrirà molto più della presunta vittima di turno, tanto dal riuscire a farlo solo poche volte nella sua vita. Oppure potrà farlo perchè costretto, quasi per scrollarsi di dosso l'etichetta da vittima ferita ed abbandonata, per l'esigenza di adattarsi, di andare avanti. Ma non gli attribuirà l'appellativo di sostituzione, bensì di incontro. Un incontro di anime dove non servirà un culo sodo, un incontro dove non sarà certo la carnosità delle labbra, la lunghezza del naso, il colore degli occhi a fare la differenza. Si tratta di incontri di anime dove a fare la differenza sarà un dettaglio, il modo di sistemarti i capelli, quel tuo modo di sorridere arricciando il naso, la smorfia del volto quando sei particolarmente imbarazzata, lo sguardo verso l'alto quando sarai perplessa, il modo di morderti il labbro quando sarai nervosa. A fare la differenza saranno i pensieri che riuscirai ad esprimere in modo così avvolgente da non lasciare nessuna voglia all'altro di mandarti via, perchè nelle lenzuola calde ed avvolgenti della scia dei tuoi pensieri si è al sicuro, si sta bene. Ma chi sostituisce cosa ne può sapere. Cosa ne possono sapere loro di anime ed incontri se sono capaci di vedere solo corpi da sostituire. E se la sgallettata del turno successivo al vostro vi farà notare che invece lei non sarà sostituita lasciatela parlare. E' possibile che rimanga, sarà una questione di tempo e soprattutto di circostanze. Ma i rapporti, quelli imperniati sull'autenticità, non si ossidano con il tempo, nè esistono distanze che possano comprometterli. Non si misurano in base alle circostanze che fortuitamente saranno capitate. Ecco perchè non saremo sorprese di rivedere la sgallettata scendere a farci compagnia nel girone dantesco dei sostituibili, offrendole una spalla su cui piangere perchè in fondo oramai in quel girone ci saremo fatte le ossa.
Ti sarai sentita tante volte solo un corpo, una pedina nelle mani dell'altro che il timore di essere sostituita sarà come un fardello che ti tormenterà ogni volta che si instaurerà un nuovo rapporto dove spesso vi appenderete al collo la stessa ed immancabile targhetta dei sostituibili proprio a causa delle vostre paranoie, delle vostre paure, dell'ansia che da un momento all'altro potreste essere sostituiti, al punto da indurre inconsapevolmente a tutto questo che temiamo ma a cui ad ogni modo tendiamo masochisticamente.
Ma alla fine chi avrà ragione? E' proprio vero che in fondo siamo tutti così tristemente sostituibili?Forse sì, in fondo tutti lo fanno e chi non sarà in grado di farlo sarà un'eccezione. Ma forse quelle eccezioni avranno veramente capito cosa significhi vivere qualcuno, perchè loro non sostituiscono corpi ma incontrano anime, e le anime, anche per un sol semplice dettaglio, sono tutte così diverse che sarà impossibile soppiantarle ad altre. Queste eccezioni saranno tormentate dall'idea di non poter mai uscire dal girone dei sostituibili, di non potersi mai scrollare di dosso quell'etichetta che li rende timorosi ed infelici al pensiero di non poter mai essere l'anima frutto di un incontro di qualcheduno che sceglierà di restarci accanto per il nostro modo di sorridere ad una battuta arricciando il naso, per le idee che esprimeremo avvolgendo l'altro in un lenzuolo caldo ed accogliente, ma in fondo saranno fortunate, perchè riusciranno a vivere tutto, sperimenteranno tutte le gradazioni di colori, dalle tinte più scure a quelle opache a quelle incredibilmente lucenti. Perchè soffriranno di più, ma riusciranno ad amare in un modo ad altri sconosciuto, si porranno in fondo a qualcosa al punto da non poterci più uscire o riuscirci a fatica, come se il cuore volesse scoppiarti mentre ripeti che da quel momento comincerai a sostituire tutti come pedine anche tu, come fanno sempre con te. No, non lo dire, perchè non ci riuscirai. Tu sei un'anima abituata ad incontri, le sostituzioni non fanno per te, sebbene qualcuno dall'alto del suo piedistallo ti abbia trattato come fossi un corpo, tu che soffri sei un'anima, un'anima piena, bella, un'anima che trabocca e dovrai riconoscertelo, dovrai farlo per te, per dare dignità alle paure che porti come segni sul tuo corpo, per dare valore a ciò che sei senza trasformarti in un prodotto corporeo, vuoto, che fingerai di essere ma che per tua fortuna non sarai mai. Un'anima entra dentro al punto che scacciarla significherebbe togliere un pezzo di te, piccolo o grande che sia. E anche quei pezzi amari, poco lucenti, saturi, quelli che in fondo ti tormenteranno, anche quelli dovranno fare parte di te.
L'idea della sostituibilità appartiene a chi non ha mai vissuto in pieno le persone che avrà incontrato, perchè un incontro non ci sarà in fondo mai stato sebbene le loro spalle si siano qualche volta toccate, non gli è mai entrata dentro, non gli è mai interessato andare oltre un sorriso, uno sguardo, una parola, un silenzio, anche quando ti abbia dato la sensazione di farlo. Appartiene a chi sul suo piedistallo guarda tutti come fossero passanti da cui sarà così abituato a non scendere che quando di rado gli capiterà a qualche passante pesterà addirittura i piedi senza nemmeno chiedergli scusa. Queste persone saranno in grado di sostituire chiunque, ma non ditemi che è normale, è da folli. Un culo sodo con un altro culo sodo si può sostituire, una terza di reggiseno si può sostituire o con addirittura una quarta, un naso a becco con un naso aquilino, quello sì si può sostituire. Una sagoma può essere sostituita, ma le anime no, quelle non si sostituiscono. Allora perchè le persone lo fanno? Lo fa chi teme la solitudine, perchè in fondo è un corpo vuoto che avrà bisogno di essere riscaldato, perchè un'anima calda ed avvolgente nè la possiede nè sarà in grado di offrirla.


venerdì 23 novembre 2012

Come se avessimo tutta la vita davanti.

Apriamo gli occhi al mattino come se avessimo tutta la vita davanti.
Facciamo colazione, beviamo il nostro caffè con poco zucchero, ci prepariamo per una nuova giornata come se avessimo tutta la vita davanti. Ci incantiamo nell'immaginare una nostra possibile vita, fatta di progetti, sogni, passioni, come se avessimo tutta la vita davanti. 
Addirittura saremo anche capaci di amare come se avessimo tutta la vita davanti, allora che importa se un giorno amiamo di meno, un altro giorno di più, abbiamo tutta la vita per farlo. Trattiamo le persone come se avessimo tutta la vita davanti, allora che importa se per giorni, settimane, non faremo avvertire all'altro la nostra presenza, c'è una vita davanti per farlo. Ci esprimiamo a singhiozzo, perchè in un'intera vita dinanzi a noi potremmo sempre farlo, allora pronunciamo una parola alla volta, che senso ha dire tutto ciò che coltiviamo dentro tutto insieme, può darsi che dopo non sapremmo più cos'altro dire, allora è meglio che qualche parola ce la conserviamo.
E lavoriamo nello stesso modo, come se quel posto di lavoro ci sarà per un'intera vita. 
Ogni gesto più semplice verrà compiuto come se avessimo sempre una vita davanti, dal sorseggiare un caffè che potremmo sempre bere tante volte, dal visitare un posto nuovo in cui potremmo sempre riandare. 
Un modus operandi che spinge tendenzialmente a rimandare, un modus operandi che procrastina un'intera vita ad un momento futuro, dalla data indefinita, ma non importa, perchè saremo sempre convinti che in fondo abbiamo una vita davanti. 
Ma la verità è che non si prospetterà alcuna possibile vita dinanzi a noi se non gettiamo le basi per costruirla. Non si passa improvvisamente dal niente al tutto, o meglio, è anche possibile, ma sono le eccezioni che la vita ogni tanto regala. Generalmente nella vita si avanza gradatamente. Abbiamo dunque spesso la presunzione di pensare di avere una vita davanti per coltivare un'amicizia, una passione, realizzare progetti, anche per amare. Una vita che quasi pretendiamo come ci fosse dovuta. 
Ma la verità è che questo tempo ci inganna e ci trasforma. Oggi non è mai uguale a domani nè a ieri.
Ma l'unico modo per prenderci gioco di questo tempo ingannevole che tutto cambia è pensare di non avere una vita davanti, di non esserne mai certi abbastanza, così da cominciare ad operare nella convinzione di non poter più rimandare, perchè non c'è più tempo.  Allora prendi il tuo sogno e fa' qualsiasi cosa per realizzarlo, anche ciò che ti sembrerà impossibile, niente è troppo folle nè impossibile per un sognatore che ha deciso di mettere le ali al proprio sogno, perchè nel momento in cui tu abbia deciso di fargli spiccare il volo sei già a metà strada della corsa. I progetti, i programmi, le passioni di domani fa' che divengano le passioni, i progetti, i programmi di oggi, di questa vita che non si pone nè dietro nè davanti a te, ma esattamente al tuo fianco. Fa' che le persone a te care avvertano la tua presenza, con un invito, una telefonata, un dolce pensiero, un sorriso, una parola o un abbraccio di conforto, perchè domani potrebbe essere tardi. Dobbiamo essere presenti nella vita degli altri perchè rischiamo di spendere il nostro tempo a progettare un abbraccio, una parola, un gesto da concretizzare in un momento futuro in cui non ce ne sarà più bisogno, avendolo inconsapevolmente negato proprio quando ce ne era bisogno, quando eravamo intenti a dire "C'è una vita davanti per farlo!" Sì, ma non serviva in quella vita davanti, serviva esattamente mentre lo dicevi. Domani anche quel caffè potrebbe non avere più lo stesso sapore.
Domani quelle parole potrebbero non avere più senso, domani potremmo partorirne altre, allora è bene pronunciarle tutte insieme, perchè per le parole dette a singhiozzo potrebbe non esserci più tempo, per pronunciarle, per ascoltarle.
Non abbiamo una vita davanti neanche per amare. Sì perchè il tempo anche l'amore trasforma. Allora forse il segreto è amare come se avessimo la certezza che il giorno seguente il nostro amore scomparisse. Dobbiamo dare ogni giorno tutta la nostra cura, la nostra devozione, il nostro amore a quel qualcuno che ci è di fianco. Domani potremmo non amare più o potremmo non esser più amati perchè quando abbiamo dedicato il nostro tempo a rimandare quell'amore pensando che avessimo una vita davanti per scoppiare come fuochi d'artificio, era proprio in quel momento che quella persona aveva bisogno del nostro amore, quell'amore che avremo negato a noi e all'altro per paura, per pigrizia, perchè in fondo "c'è sempre tempo". L'amore non ha tempo, paura nè è pigro. L'amore non si rimanda, non è stagionale. Allora se il cuore ti scoppia lascialo fare, lascia che quell'amore si trasformi nel tempo ma non per qualcosa che avresti potuto fare e che non hai fatto, inghiottito nel tunnel del rimpianto. Ama. Non hai una vita davanti, hai questa vita, questa giornata, questo singolo minuto per farlo. Ama. E ama anche qualcuno che non si aspetta che tu possa amare. Ama anche se ti sentirai dire che sei pazzo, perchè significa che sei sulla strada giusta. I pazzi sono capaci di grandi cose, e anche di grandi amori, che anche se non ricambiati, serviranno a riempire te stesso, perchè l'amore serve soprattutto a questo. L'amore ci riempie. L'essere contraccambiati ci rasserena ma non lo saremo mai abbastanza. L'amore deve essere soprattutto nostro, perchè quando siamo pieni d'amore avremo una strepitosa follia creativa, metteremo ali ai nostri sogni, smetteremo di progettare e cominceremo ad agire, saremo così accecati che una vita davanti a noi non riusciremo nemmeno a vederla. 
Vivremo oggi con la stessa intensità di ieri come se domani non dovesse arrivare mai.
Svegliati!Perchè quando vivi pensando che ci sia una vita davanti, pensi di vivere, ma in realtà non lo stai facendo!

giovedì 22 novembre 2012

Bellezza.

Bellezza non sono i capelli lunghi, le gambe magre, la pelle abbronzata e i denti perfetti. 
Bellezza è il viso di chi ha pianto e ora sorride, bellezza è la cicatrice sul ginocchio fin da quando sei caduta da bambina, bellezza sono le occhiaie quando l’amore non ti fa dormire, bellezza è l’espressione sulla faccia quando suona la sveglia la mattina, è il trucco colato quando esci dalla doccia. 
E' l
a risata quando fai una battuta che capisci solo tu. 


Bellezza è incrociare il suo sguardo e smettere di capire, è il tuo sguardo quando vedi lui, quando cominci a balbettare nel parlare di lui, è quando al suo pensiero nonostante le lancette comincino a scorrere veloci è come se il tempo si fosse fermato. Bellezza è quando abbracci il cuscino pensando a lui durante la notte, è la faccia rassegnata al tuo risveglio quando comprendi che lui accanto a te non c'è. E' quando fai seguire ad un "mi manchi" un "vengo da te", è quando rimani in silenzio lasciando che sia il tuo cuore a parlare.


Bellezza è quando piangi per le tue paranoie, sono le rughe segnate dal tempo. 


Bellezza è quando sproni un amico a realizzare i suoi obiettivi, è quando gli inculchi l'entusiasmo giusto per coltivare le passioni che da sempre tiene nascoste. Bellezza è quando ridi insieme ad un amico per qualche follia vissuta insieme, per le assurde battute che capirete solo voi. Bellezza è una carezza, un abbraccio, quella parola che arriva nel momento in cui ci sentiamo perduti. 


Bellezza è un'imperfezione, un difetto che dona un'aurea di ineguagliabile unicità. E' un modo di mangiare, di sorridere ad una battuta, è un particolare sguardo in cui è possibile cogliere una luce differente dalle altre. Bellezza è quel modo di camminare, come se stessimo saltellando, ondeggiando, sculettando, quel diverso modo di muovere il bacino. Bellezza è un modo di pronunciare vocali e consonanti. Bellezza sono quelle manie che abbiamo solo noi, quel modo di sistemarci i capelli, di sollevarci gli occhiali con l'indice, di morderci il labbro quando siamo nervosi, di alzare lo sguardo quando siamo perplessi. 


Bellezza è un dettaglio. Un dettaglio che sembra niente eppure è tutto, perchè è quel dettaglio che ci rende speciali, unici, diversi agli occhi degli altri. Senza quel dettaglio non saremo capaci di distinguerci.


Non un difetto o un pregio, ma un semplice dettaglio, come un neo sulla guancia, una voglia, un tatuaggio, un brufolo sulla fronte, un capello bianco spuntato all'improvviso, latente ma a tratti visibile.

Bellezza sono i ricordi che rendono lucidi i tuoi occhi, sono le emozioni che riempiono il cuore, le esperienze che ti renderanno un uomo o una donna.
Bellezza sono le nostre idee che prenderanno forma, è la voce di chi non si arrende, sensazioni che riusciremo ad esprimere come se stessimo recitando la più melodiosa delle poesie mai recitate. Bellezza è tutto quello che proviamo dentro e si manifesta al di fuori. Bellezza sono i segni che la vita ci lascia addosso, i pugni e le carezze che i ricordi ci lasciano. Bellezza è lasciarsi vivere. 

mercoledì 21 novembre 2012

Generazione 1000 euro ... Magari!

Siamo una generazione caotica, una generazione con poche idee ma confuse o con tante idee ma consapevoli di non poterle realizzare tutte, perchè siamo figli di un panettiere, di un insegnante, di persone che la mattina si alzano, prendono il loro caffè e vanno a lavorare. I nostri genitori svolgono un lavoro come un altro. Non siamo figli di politici, di chi ricopre alte cariche ammanigliato ad uomini della malavita organizzata, nè possediamo la cittadinanza Vaticana. Siamo persone normali. Siamo figli di una società che ci rende assuefatti, che ci vuole sordi, ciechi e pure muti. Siamo la generazione di mille euro al mese se ci va di lusso. Siamo quella generazione che conseguirà una laurea che verrà incorniciata in attesa di colloqui di lavoro, di master e stage sottopagati, di estenuanti concorsi, alcuni dei quali necessiteranno di quella che comunemente si definisce "raccomandazione", specchio di quella società in cui si avanza per "grazia ricevuta", da chi non ci è dato saperlo, ma possiamo vagamente immaginarlo.
Siamo quella generazione a cui sono rimaste solo parole e ricordi, perchè in fondo forse già tutto è stato vissuto: gli anni venti e gli anni trenta sono passati da un pezzo, così come le guerre mondiali, il boom di scoperte scientifiche e tecnologiche, lo spirito rivoluzionario del sessantotto, gli anni novanta. Forse è stato già fatto tutto e a noi tocca reinventarci, tra parole e ricordi. Allora ci improvvisiamo dj, fotografi e scrittori, perchè sembra che oggi vada di moda. Ma la verità è che siamo una generazione disillusa al punto tale da pensare che tutto in fondo sia "normale". E' questa la più grande tristezza, quella rassegnazione che inonda i nostri occhi al pensiero del "futuro". Una sconfitta per noi, una vittoria per chi in fondo ha lavorato una vita per questo risultato, per ottenere giovani disillusi, stanchi, sordi, muti e pure ciechi. Ma cosa c'è di tanto normale nel pensare che il nostro Bel Paese non possa offrirci un lavoro ed una stabilità al punto da emigrare? Cosa c'è di tanto normale nello studiare tanti anni, attaccare la laurea al frigo come una lista della spesa e aspettare, aspettare che ci venga una crisi di nervi, aspettare "la grazie ricevuta" sempre se arriva, aspettare di finire a fare qualche lavoretto che non si addice agli studi conseguiti per 500 euro al mese, mentre intanto figli di politici avranno la poltrona già bella riscaldata dai loro padri pur avendo faticato nel prendersi un diploma, mentre intanto donne che avranno riscaldato anima e corpo di qualche attempato ai vertici del potere siederanno a riscaldare la poltrona tra chi ci deve governare ed assicurare un futuro, loro che alla nostra età invece già prendono la pensione? Cosa c'è di normale nel sentirsi dire, come persone normali, che non è mai abbastanza, mai abbastanza gli studi nè le lingue che conosciamo?
E' questa una società che ci demotiva, che ci fa pensare follemente di non poter coltivare le nostre passioni, che ci fa crescere come prodotti già stanchi al punto da non poter pretendere, da non poter essere "choosy".
Ma cosa c'è di male nell'esserlo? Anzi, dopo aver studiato tanti anni, pagato tasse dall'importo sempre più elevato nonostante si tratti di università pubbliche, lo Stato ce lo deve. Non siamo noi, gente normale, gente che fa sacrifici, persone che ogni mattina si alzano costretti ad accantonare sogni e aspirazioni nel cassetto solo perchè dicono ci sia la crisi, a non dover essere choosy. Noi choosy pretendiamo di esserlo. Sono quelle persone che passano in Parlamento come fosse un circolo per anziani, una salumeria, un posto qualunque, a non dover essere choosy, a non dover pretendere di starci per "grazia ricevuta" da un genitore, un nonno, un amante. Sono quei giovani che non danno alcun esempio, eppure ricoprono gradi alti nella nostra società perchè figlio di uno che sogna la Padania come la fantasiosa isola di Atlantide, o perchè subrette o con grandi doti di "intrattenimento", a non dover essere choosy. Ma non noi, noi che c'entriamo? Questa società ci ha reso così stanchi, disillusi, rassegnati, costretti alla sordità, al mutismo e alla cecità che tutto oramai per noi è normale e non c'è modo per invertire il punto di vista. Ci inghiottono di parole, le uniche a cui possiamo appigliarci. C'è crisi, sì. La crisi. La crisi che c'era tanti anni fa, che c'è oggi, e ci sarà sempre, perchè come recita un detto "Chi è causa del suo male pianga se stesso", ma ai presunti fautori di questa crisi, genta messa sulle poltrone non a riscaldarle giocando con l'i-pad, piangere ancora non li vedo.
E' questa una denuncia che non vuole portare a nessun risultato. Sono riflessioni, la rivoluzione non si fa davanti ad uno schermo seduti sulla propria sedia. Ma il punto è che forse se proprio si deve sferrare un colpo a questa società rigonfia di marcio, dobbiamo cominciare a capire che questa società marcia non ci può togliere sogni, passioni, aspirazioni, aspettative, facendole cadere nel tunnel dell'irrealizzabile e del pretestuoso, trasformandoci in burattini i cui fili per noi saranno ingestibili, manichini costretti a chinarsi a questa società sporca, vecchia, malandata, in cui sono rimaste solo tanti ricordi e parole, costretti a dire sempre sì, ad adeguarci al mercato, a quei settori del "mercato" ai margini del confine come fossimo prodotti usciti difettati, nonostante curricula troppo pieni per gente seduta in poltrona che fa del niente una professione degna di nota. No. Questo dobbiamo imparare a dire senza paura, no!
 Allora un uomo, di grande spessore culturale ed umano, un giorno ha detto : "Siate affamati, siate folli ", io aggiungo "Siate choosy!"

martedì 20 novembre 2012

L'amore ai tempi di facebook.

Vi svelo un segreto.
Lo sapete perchè i nostri nonni si sono amati sin dal primo giorno sino alla fine dei loro giorni? Lo sapete perchè hanno giurato una reciproca devozione? Lo sapete perchè non hanno mai litigato o semplicemente solo per l'essenziale senza mai prendersi le fatidiche "pause di riflessione"? Perchè il nonno e la nonna non avevano facebook. Sembra una banalità ma se ci pensate esistono molte coppie oramai sature che si appigliano a tutto pur di innescare discussioni che alla fine sono prive di ogni concreto fondamento.
Sarà capitato anche al nonno di uscire una sera con gli amici, di incontrare qualche bella signora, o magari una sua vecchia fiamma, senza che però succedesse niente. A fine serata tornava a casa e non aveva bisogno di dare tante spiegazioni o nel caso in cui la nonna gliele chiedesse se le faceva bastare, senza indagare ulteriormente. Oggi invece il nostro "lui" esce per una serata tra amici, si reca in un posto dove è possibile incontrare belle ragazze o magari qualche sua vecchia fiamma che saluta, ma niente di più. Torna a casa e subisce un interrogatorio di quarto grado da parte nostra, del tipo : " Dove sei stato amore?" "Sono andato in un pub, quello dove siamo stati anche l'altra volta. " "Ti sei divertito?" "Si, mi sono divertito." Ecco già al suono di questa risposta il tono della nostra indagine diviene più aspra. Perchè noi ci possiamo divertire, possiamo fare follie con le nostre amiche scapestrate, ma il nostro fidanzato no. Lui non si può divertire. Perchè se si diverte significa che qualcosa non quadra, significa che forse c'è lo zampino di un'altra donna nella sua serata all'insegna del divertimento più sfrenato. Allora la domanda che gli porremo sarà: "Chi c'era?"  E quel pover uomo sarà costretto ad elencare tutti i presenti come se fossero giocatori di una squadra di calcio. E per evitare malintesi quel pover uomo, spinto da un insolito slancio di sincerità dirà : "Amore c'era anche Eleonora, sai la mia ex. Ci siamo salutati. Niente di rilevante. " Ecco. Noi rimarremo zitte, faremo finta che quella frase non l'abbia mai pronunciata e andremo a letto. In fondo, si sono soltanto salutati, niente di rilevante. Ma ecco che il mattino seguente, apriremo facebook e saremo curiose di vedere le immancabili fotografie scattate la sera precedente.
"Amore come mai sei più rosso del solito in volto, mica hai bevuto troppo?"
"Ma no, amore, solo una birra. Te l'ho detto è stata una serata tranquilla."
"Amore e chi sono tutte queste persone? Non mi avevi detto che c'erano anche loro."
"Ma no, amore, ero stanco e mi sono limitato a dirti solo qualche nome. Tutto qui."
Ecco che all'improvviso giunge come la manna dal cielo il pretesto per innescare quella discussione dai toni feroci, inevitabile quanto inutile. Per cosa? Per un signore di nome "Tag". Che razza di nome è questo. "Ciao sono Antonia e tu?" "Ciao, piacere Tag". Sembra quasi un nomignolo di uno dei romanzi di Federico Moccia. Eppure questo signore dal nomignolo ridicolo è inopportuno, invadente e anche particolarmente malefico. Perchè svelerà tutto quello che quel pover uomo avrebbe voluto nascondere non perchè poco sincero, ma proprio per evitare incomprensioni che presto si sarebbero trasformate in feroci o addirittura sanguinarie discussioni. Un tag. Una foto. Il nostro uomo. I suoi amici. Lei. La sua ex.
"Amore, vieni un attimo."
"Cosa c'è?"
E noi con la faccia già di un rosso rabbioso: "Meno male che vi eravate soltanto salutati. Che ci fai nella foto con lei?"
Magari quella è una di quelle fotografie scattate per caso. Dove magari presi dall'ebbrezza dell'alcool non ci si ricorda nemmeno come e perchè sia stata scattata. Una di quelle foto dove ognuno che passa ci si può intrufolare, giusto per far numero. Magari quella povera donna della sua ex che per noi sarà classificata con gli epiteti più graziosi ed eleganti mai sentiti, sarà passata per caso e si sarà intrufolata in quello scatto per poi andare via. Ma il signor Tag non perdona. I fatti sono questi. Quindi ci lamenteremo per l'intera giornata o anche di più di quanto il nostro uomo sia bugiardo e bastardo e pronunceremo quella frase banale: "Se mi menti su questo, puoi mentirmi su qualsiasi cosa. Basta. Ho bisogno di tempo. Sono ferita."
E perchè non parlare anche della comitiva dei signori "Mi piace". Gente tranquilla, onesta, dei lavoratori senza pretese. Pure contro di loro ci scaglieremo: "Perchè hai messo mi piace alla foto di quella TR***, STR****, ZOC****, ..." ed altri epiteti molto carini che attribuiremo a quella povera donna all'oscuro di tutto.
Voglio dire. Il nonno e la nonna non erano più buoni, più onesti, più rispettosi. Forse sì. A quei tempi si amava diversamente, con maggiore devozione, con più semplicità, con maggior senso del sacrificio che oggigiorno manca. Ma la nonna e il nonno in certe circostanze si saranno trovati allo stesso modo. Solo che non c'era facebook a svelare in tempi record ogni minimo dettaglio. Il signor Tag e la comitiva dei signori "Mi piace" ancora non erano nati, e si stava più tranquilli. Ci si fidava senza dover necessariamente aprire le indagini e scrivere il nome del nostro partner in cima alla lista degli indagati.
Se ci pensate, il nonno e la nonna si sono amati, sacrificati, si sono promessi eterna devozione, anche perchè a quei tempi questo maledettissimo social network non esisteva. E forse si viveva meglio nell'essenzialità, nelle parole non dette per paura di ferire, nella fiducia incontestabile dell'altro.

lunedì 19 novembre 2012

Ricordi.

Ricordi. Ricordi di una spiaggia assolata, delle onde del mare, di acque salate. Ricordi di una notte di estate dove il freddo ed il rumore delle onde che con la loro veemenza si scaraventano sulle pareti impervie di alti scogli ci facevano compagnia. Ricordi di un saluto che poteva essere un addio o semplicemente un arrivederci. Ricordi di una vita che temevamo nascesse. Ricordi di una vita che è nata e temevamo finisse troppo presto. Ricordi di una città veloce, di un dolce risveglio, di giornate in cui dovevamo trovare il coraggio di ripartire da zero. Ricordi di una vita cominciata da zero e portata all'estremo. Ricordi di persone incontrate per caso, di risate che riempivano il cuore e la mente, di parole che hanno messo in discussione noi stessi. Ricordi di abbracci che nel silenzio raccontavano tutto. Ricordi di momenti che poi sono diventati niente. Ricordi di come eravamo e cosa siamo diventati. Ricordi di amori spazzati via come conchiglie sulla riva del mare. Ricordi di dolci attese ed estenuanti rimpianti. Ricordi di incredibili passioni ardenti come un focolare che speravi non si spegnesse mai. Ricordi di focolari che spenti con la rapidità di fiammiferi hanno lasciato il vuoto come ombre che nell'oscurità della notte si fa fatica ad individuare. Ricordi di un respiro affannato e di tregue che ti hanno permesso di ripartire. Ricordi di una vita triste, desolata ed amara. Ricordi di una vita intensa, passionale, felice. Ricordi di una fatica che non pesava mai abbastanza. Ricordi di fallimenti e di amare sconfitte. Ricordi di fallimenti che ci hanno spronato a partire da capo, con una valigia che pesava troppo per poi alleggerirsi strada facendo. Ricordi di persone belle, profonde, quanto rischiose. Ricordi di persone che ti hanno ricordato che la vita non è tutto qui.Ricordi di persone brutte, tremende quanto banalmente ridicole. Ricordi di persone destinate sin dal principio a diventare un tuo ricordo. Ricordi di persone per cui saresti stata tu un ricordo. Un ricordo amaro o incredibilmente dolce. Ricordi di serate spese a scrivere per timore di parlare troppo. Serate spese a scrivere nell'ostinato tentativo di scorgere un senso quando invece un senso non c'era perchè era già tutto racchiuso lì in quello che scrivevi. Ricordi come uno schizzo di pioggia che in mare aperto genera cerchi concentrici sempre più larghi. Ricordi.
I ricordi sono l'unica cosa che non cambiano mai, che ci offuscano la mente, che ci conducono in un'altra dimensione come un viaggio con un biglietto di sola andata. E' per questo che siamo così legati ai ricordi, perchè loro saranno sempre lì, in quella zona del cuore, in quel settore del nostro cervello, a ricordarci di quanto eravamo felici o tremendamente tristi. A ricordarci di persone che sono passate nella nostra vita a donarci un messaggio di speranza e di passioni da coltivare, o passate solo per darci uno schiaffo e scaraventarci sull'asfalto, a ricordarci di quanto la vita possa essere a tratti anche brusca e fredda come quell'asfalto su cui saremo stati gettati. Quei ricordi saranno lì, senza mutare mai, nonostante il tempo scorra inesorabilmente. I ricordi sono l'unica cosa che il tempo non potrà cambiare. Perchè sono un passato che è entrato dentro la scatola dei nostri pensieri e che abbiamo accuratamente sigillato per evitare che il nostro tempo ce li porti via. E ci fanno ridere a crepapelle, sorridere come un bambino, ci fanno sentire leggeri. Oppure ci faranno sentire stanchi, tristi, come chi ha dovuto archiviare un altro pezzo di vita che non avrebbe voluto accantonare, ma purtroppo ha dovuto farlo e cominciare da zero consapevole di quanto questo nuovo pezzo iniziato si tramuterà anch'esso in un altro ricordo. Oppure ci faranno sentire sbagliati, come sbagliate erano le persone che ricorderemo e che ogni volta ci ricorderanno il peso di un fallimento che trascineremo sino a che non ci sarà qualcuno o qualcosa che ci ricorderà di quanto valga la pena fallire per poi vincere. Una vittoria sudata ed inaspettata che ci renderà più belli perchè non smetteremo mai di credere che tutto sia ancora possibile. Ricordi a cui nel bene e nel male rimarremo ancorati perchè senza quei ricordi saremo niente. E non perchè si debba vivere di soli ricordi, ma il ricordo spiega ciò che siamo stati, da dove siamo partiti, cosa siamo diventati ed anche dove siamo diretti. Perchè il ricordo è un passato che incamereremo nel profondo della nostra anima con ferite aperte o rimarginate o con inesauribili sorrisi, ma è anche la base su cui poter costruire il nostro futuro.
Siamo carne, anima e ricordi.