martedì 9 novembre 2021

Alle 8:40


Alle 8:40, dal lunedì al venerdì, prendo la mia consueta corsa in metro, sempre di fretta. Fino a poco tempo fa, avevo imparato ad anticiparmi ma lo sapevo già che non sarebbe durata, la calma non è mai stata il mio forte.

L'altro giorno però sono riuscita a perdere anche quella che chiamo "la-corsa-di-emergenza", l'ultima fattibile, quella che parte alle 8:45 e mi porta a destinazione in poco meno di 9 minuti, così da riuscire a cronometrare il passo e arrivare ad aprire la porta dell'ufficio alle 8:59 - con l'acido lattico che fa ancora su e giù all'altezza delle cosce. Dall'uscio di casa a quello dell'ufficio, trascorrono trenta minuti, in cui ciascuno è pianificato con una cura quasi maniacale. In cui qualsiasi intoppo, è gestibile - mi dico - ma meglio che non accada - mi ripeto. È forse l'unico momento della giornata in cui riesco a pianificare qualcosa. 

L'altro giorno, però, non ce l'ho fatta. Mentre scendevo di corsa le scale, sono stata quasi inghiottita da un'orda di persone che in direzione opposta alla mia, non accennavano a scansarsi nemmeno di qualche centimetro. Quelli saranno stati momenti preziosi anche per loro.

Solo che ogni volta, penso sempre di riuscire a destreggiarmi. Trovo un piccolo spazio e mi ci infilo. Li scanso, senza nemmeno a volte sfiorarli, e riesco ad uscirne, tirando un sospiro di sollievo quando le porte scorrevoli si chiudono alle mie spalle, perché arriverò nei tempi giusti. 

Pochi giorni fa, invece, mi sono sentita quasi bloccata nello scegliere da parte andare. Ho fatto fatica a schiacciarmi tra la folla, come se stessi remando in direzione opposta alle onde. Ho decelerato. Ho seguito il ritmo che sentivo, e sono arrivata tardi. Capita. Questa volta però non mi sono sentita in colpa, e mi sono detta che, in fondo, non sono mai stata una pianificatrice esemplare, però potrei imparare a diventarlo a modo mio.

Così mi sono resa conto che quelli che chiamo intoppi, sono la parte più divertente del piano. Perché ti insegnano a trovare soluzioni e a gestire cose o persone che come schegge impazzite occupano uno spazio che avevi considerato fosse libero, ma che invece si trasforma in un ingorgo. Mi sono resa conto di essere piccola quanto basta per destreggiarmi con cura tra la folla, ma anche grande, abbastanza, da prendere quelli che considero i miei tempi e i miei spazi. Il che significa fermarsi, aspettare, decelerare. Ho capito che nessuna corsa ti farà mai arrivare nei tempi giusti, perché sono giusti quelli che senti. Non un minuto prima, né uno successivo. E che spetta a noi decidere quale sia l'ultima corsa. Ne seguirà sempre una, poi un'altra, ed un'altra ancora, su cui poter salire ascoltando i nostri bisogni prima della voce che dall'altoparlante ne annuncia il transito. Con il nostro passo, seguendo i nostri ritmi.
E va bene se le cose saranno diverse da come le avevamo pianificate.
Domani possiamo riprovarci.

Chiudi gli occhi, mia cara, e non aver paura. Andrà tutto bene.