venerdì 19 giugno 2015

Ricongiunzione di punti

Ho cercato di raggruppare questi lunghi mesi in uno soltanto che fosse in grado di ricongiungere tutti i punti in fila indiana. Fino a quando, a seguirne la sequenza, perdevo l'ordine delle cose. Trasformavo i volti in ombre di cui a stento riuscivo a definirne i contorni e le assenze in presenze, guardando ai sensi di colpa come chi ce li ha addosso ma non li sente, riconducendoli al circolo dell'inevitabilità delle cose, quelle che accadono e basta o che a volte non siamo in grado di prenderci.

Ho pensato a tutte quelle ombre proiettate su quell'unico angolo di strada su cui batte il sole che si sovrappongono creandone una soltanto. A tutte quelle figure che non erano piene di nulla, eppure io me le sentivo aleggiare addosso, rendendo presente chi aveva scelto la strada a me opposta.

Eppure in quel sovraffollamento di ombre, sono riuscita ad identificarne qualcuna cui ho dato un volto, dei contorni, persino dei colori. Le ho riempite di tutti i dettagli che credevo avessero importanza, di tutte le emozioni che avevo dentro, facendomele passare attraverso lo stomaco, la gola, sino ad arrivare a sovraffollare la mente e a stropicciarmi il cuore.

E allora ho pensato alle persone che senza nemmeno saperlo ti fanno esplorare il mondo, quello che appartiene a loro e quello che di te nemmeno conoscevi. È quello che ti danno, quando mettono in atto uno scambio armonico fatto di modi di comunicare differenti che convergono alla fine in uno soltanto. Quello che dice: voglio stare con te, nonostante tutto, qualunque ne sia il prezzo.

Ed è in questo lento ripercorrere degli eventi, scrivendo e pensando e pensando a furia di scrivere facendone una raccolta, che sono ritornata a ripensarci. Ed in questo circuito di cui ho sempre ignorato dove fosse la porta d'uscita, mentre mi ci perdevo mi ci sono ritrovata tutta intera.

Quindi forse possiamo scegliere mille e svariati modi per poterci stare e lasciare che le persone invadano la nostra vita pur essendo apparentemente assenti, come se l'assenza diventasse più palpabile
di tante altre presenze.

Credevo di non riuscirci, ma alla fine ce l'ho fatta. Sono accanto, pur essendo lontana. Spesso viviamo tante vite senza essere in grado di sceglierne una. Non è ricordo, né nostalgia, è l'aver appreso che dentro di noi possiamo essere tanti, ciascuno per l'altro irrinunciabile.

domenica 7 giugno 2015

Come un amore che bussa alla porta

Su di un'ampia distesa di verde nei pressi dell'aeroporto erano sedute delle persone creando una sequenza continua. Qualcuno rimaneva seduto, altri si alzavano all'arrivo di un aereo in atterraggio portando agli occhi il proprio binocolo tenuto al collo. Ho sentito dire che c'è chi, oramai in pensione, fa di quest'attività il suo passatempo giornaliero. Si siede nei pressi dell'aeroporto e guarda dal mattino sino a sera gli aerei che giungono a destinazione. Qualcuno è anche munito di un'agenda su cui annota l'orario dell'atterraggio e la compagnia aerea, immaginando da chi sa quale parte del mondo possa provenire.
Loro si dedicano a quest'insolita abitudine con la consapevolezza di quanto a loro basti osservare un atterraggio per riempire le loro giornate di qualcosa. Che sia gioia, passione o appagamento. Non credo si tratti di un futile passatempo per riempire le loro giornate, potrebbero dedicarsi ad altro. Invece aspettano quell'aereo decollare e l'altro atterrare, tutti i giorni, alla medesima fascia oraria.

Ho cercato di trovare una similitudine tra questo modo oculato di osservare gli arrivi e le partenze a quello che facciamo con la nostra vita quando decidiamo di restare o lasciare andare, di ricordare o dimenticare, di riempirci di qualcosa e gettare dell'altro. 

Guardare dal basso ciò che accade e lasciarci tramortire dai rumori del motore e da quell'aria rarefatta che genera un senso di apnea. Decidere di restare solo per timore di essere dimenticati, o lasciare andare con la presunzione che l'altro non decida di farlo mai. Riempirci di tutto per circondarci di ciò che possa farci sentire meno soli, e nel farlo non prenderci cura dell'essenziale solo perché agli occhi potrebbe apparire quasi invisibile.

Quell'aereo atterra nello stesso spiazzale ogni giorno, alla stessa ora. Loro lo aspettano, con lo stesso entusiasmo di annotarlo sull'agenda che reggono sulle ginocchia, ogni giorno. Come un amore che suona alla tua porta in maniera costante e che tu imparerai ad aspettare fin quando non arrivi, moltiplicando i battiti cardiaci man mano che il tempo scorra, assottigliando le ore in minuti, i minuti in secondi. Come una giostra su cui non vuoi salire, ma adori osservare da ferma e nel suo lento ripartire, così da esserne in grado di coglierne i dettagli. Come qualcosa di cui ti nutriresti tutti i giorni, facendoti bastare anche le piccole porzioni, l'importante é averlo con te.

Forse aspettare gli aerei ci impartisce una lezione: quella di imparare ad aspettare non bistrattando il presente, né biasimando il passato, ma prestando attenzione al presente. In quel modo premuroso, così come si fa quando sarà la vita stessa la nostra prima ed unica passione da dover coltivare sempre, ovunque questa ci conduca. Con gioia, passione o appagamento, ma mai per futile passatempo.

Come un amore che impareremo ad aspettare alla porta, perché, prima o poi, busserà e noi saremo pronti ad accoglierlo.