Esistono giorni così. Quei giorni in cui avverti la vicinanza della stagione estiva, ma il cielo è cupo e non lascia filtrare alcun raggio di sole. Quei giorni in cui avverti che la fine è vicina, ma intanto ti lasci consolare dall'idea che in fondo sebbene sia quasi alle porte essa non sia ancora arrivata a tirarti per la gola dicendo "Adesso sono qui e non mi puoi sfuggire!"
Giorni in cui ti senti di una pesantezza imbarazzante, di un'agonia lacerante, quei giorni in cui sei combattuta tra i tuoi pensieri e quelli degli altri in un eccessivo altruismo che vorresti spegnere gridando a tutti che sei stanca, che vuoi che il turno duri più di qualche minuto, magari un'intera giornata, per assaporare cosa significhi essere al centro di qualcosa e non un figurante nell'angolo del palcoscenico. Quei giorni in cui vorresti mettere un punto, uno soltanto, in cui vorresti capire, in cui vorresti che il telefono squillasse e qualcuno dall'altra parte con voce calda ti dicesse "ma che hai?come stai?" e tu con inguaribile spontaneità per una volta ti sentissi di rispondere che non va esattamente tutto bene come vorresti che andasse, che non riesci a colpire con un pennarello indelebile il foglio per posizionare un punto, che tutti pensano che sia un'entità robotica che va a gettone ma in realtà sei stanca, sei molto stanca. E forse finirei la telefonata piangendo. Piangendo non di tristezza, ma quasi come fosse un gesto di liberazione.
Ma lo so che non accade. Non accade mai, perché in realtà mi piace dire a chiunque me lo chieda di non preoccuparsi, perché sto bene, va tutto esattamente come vorrei, anche se oggi mi sento come una di quelle giornate alle porte della stagione estiva, cristallizzata in un cielo cupo in cui nessun raggio di sole riesce a filtrare, in cui vorresti comprendere, ma ancora non ti è chiaro cosa né come.
Allora forse meglio restare in silenzio, perché va tutto bene, forse.
Nessun commento:
Posta un commento