lunedì 3 giugno 2013

Chiamala se vuoi, passione.

Succede questo, che hai una passione in fermento, che non riesci a trattenere, perché si insinua nelle membra ed in ogni organo del tuo corpo, fino a penetrare nelle tue narici provocando un così forte starnuto che credi sia giunta l'ora di cominciare. Allora la alimenti, con cura ed indicibile devozione, fin quando ad un certo punto, in quel momento che sarà una delle tante possibilità o più presumibilmente quel momento giusto che aspettavi da tanto, le metterai le ali facendole spiccare il volo, che potrà essere simile ad una mongolfiera o ad un aquilone, o anche come quegli aeroplani di carta che non raggiungono l'alta quota. In effetti non lo saprai mai sin dall'inizio, ma intanto ci provi. E parlo della passione nel suo più alto grado di genericità, quella che in fondo non è solo di pochi, ma un po' di tutti. La passione verso una donna o un uomo, verso un luogo lontano che gradiremmo esplorare, verso progetti che all'inizio potrebbero sembrarci troppo grandi perché vedono noi troppo piccoli per poi crescere man mano insieme a loro. La passione verso le cose, le esperienze, le persone che in fondo non potranno che abbinarsi ad un unico aggettivo: belle.
Osservo le persone in questo loro costante movimento che ho da sempre cercato di emulare e sorrido. Osservo me stessa allo specchio ed in fondo sebbene c'è chi crede che vi sia un qualcosa di speciale nel concretizzare potenzialità altrimenti celate, di estrinsecarsi con così profonda passione sprofondandovi e al contempo riconoscendosi in essa nella più intima interiorità, io non ci vedo nulla di straordinariamente sorprendente in quella che invece sa di una normalità che profuma di umanità.
E' il contrario che mi sorprende. Trovo straordinariamente sorprendente perché raccapricciante avere un sogno e non provare a dargli un nome, un volto, una forma, dei colori, lasciandolo impallidire come quella zona del corpo che quando vai al mare non si abbronza perché coperta dal costume. Sognare un posto in cui forse non ci andrebbe mai nessuno ma che ti affascina al punto da non pensare, al punto da coniugare il verbo andare anche se dovrai fermarti alla prima voce singolare. Vivere di una passione che non riesci a far esplodere e che ti brucerà progressivamente, spegnendoti sino a farti morire della stessa che invece avrebbe potuto essere il tuo pane quotidiano. Essere davanti ad un uomo o una donna e non saper far nulla se non gesti meccanici perché temi di penetrare nei suoi occhi, nel suo sorriso, nella sua bocca prima che nel suo corpo, non sapendo più come uscire, pur provando un desiderio irrefrenabile, quello che non si perde in preamboli ma che in fondo conosce soltanto la frase "ti voglio", a luci spente, senza alcun rumore che non siano respiri, senza alcun profumo che non sia quello che percepiremo dall'odore della pelle. 
Ed allora forse è vero che di passione si vive, ma si muore anche, si vive con il sottofondo più melodioso, e si muore della morte più atroce, ma in fondo è questo che fanno le persone normali, perché nella normalità dei casi si dovrebbe scegliere di essere felici. Io altre strade non ne conosco.

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