Vorrei che fosse tutto come nei film, dove alla fine vincono i "buoni", in cui la fortuna gira, in cui quesi momenti che aspettavi da tanto si realizzano esattamente come li avevi immaginati, avendo lo stesso profumo dell'aria fresca, la luce del sole, la grinta di una leonessa.
Lo chiamano traguardo. Ma io, io come lo chiamo?
Il mio non ha avuto alcun profumo, piuttosto avvertivo una puzza nauseabonda lungo tutto il mio corpo, ovunque mi girassi, quella in grado di infiltrarsi sin dentro le narici.
E' stato opaco, nonostante la giornata di Sole vi facesse da cornice, la stessa che dopo un po' ho cominciato a detestare.
Ero un coniglio pronto per essere sbranato, come sempre, quasi da sempre. E dentro, dentro morivo.
Ho sempre immaginato questo momento come un attimo di sollievo, indimenticabile, di quelli in cui piangi per la troppa felicità. Più o meno è andata così, esclusi il troppo e la felicità.
Un giorno indimenticabile, in cui ho pianto sentendomi ridicola mentre lo facevo, non felice ma desiderosa di trovare un senso che resta sordo e muto alle mie parole e al mio ascolto.
Ho anche pensato che dalla vita non si può avere tutto.
Ma alla fine, chi l'ha mai chiesto? Io non volevo tutto, volevo solo questo: forme d'affetto.
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