L’altro giorno ero seduta in metropolitana
accanto ad un uomo che sfogliava un libro sul linguaggio del corpo, “What your
body says”.
Ho immaginato che si addicesse
perfettamente ad un luogo come quello, dove il materiale umano da analizzare
non è mai abbastanza e lascia spazio alla più fervida delle immaginazioni. Più
che i loro corpi, mi piace fantasticare sulle loro storie: chi sono, dove sono
diretti, cosa desiderano quando mettono la testa sul cuscino prima di
addormentarsi?
Tuttavia, credo che quell’uomo sedutomi
accanto non la pensasse come me. La sua attenzione era rivolta ad un’immagine
di una donna con le braccia conserte e con la punta del piede rivolta all’insù. Sbirciando con la coda dell’occhio, ho letto nella descrizione che la punta
del piede rivolta verso l’alto è un buon segno, significa che alla persona in
questione piace ciò che sta ascoltando, si sente a suo agio.
Facile intuire quale fosse lo scopo di un
uomo sulla quarantina quando ha acquistato un libro del genere, ma forse questa
potrebbe essere un’altra storia: quella in cui la punta del piede rivolta verso
l’altro diventa un’inconsueta pratica d’adescamento. O forse, è semplicemente
quello ho voluto immaginare io, complice lo scarso sonno ed il rientro dalle
vacanze natalizie che mettono sempre di cattivo umore.
Se a stilare la lista dei propositi del
nuovo anno fossi tanto brava quanto a costruire castelli in cui farci abitare
principi, principesse, fate e streghe cattive, probabilmente a quest’ora ne
avrei già una e ne avrei almeno portato a compimento un paio. La verità è che
però io e le liste abbiamo sempre avuto un rapporto conflittuale: è come se la
vita ad un tratto si accorciasse, come se una porzione si presti a diventare
necessariamente funzionale ad un’altra successiva. Non esistono parentesi, né punti, ma solo tante virgole. Come quando si legge un testo lunghissimo privo
di punteggiatura e solo alla fine potrai tirare un respiro di sollievo, perché lo hai portato a termine.
Ho sempre preferito immaginare castelli che
stilare liste: perché nei luoghi che la tua fantasia è in grado di disegnare
sei libero ed il tempo non diventa un nemico da sfidare, perderesti in
partenza. Diventa un compagno di viaggio, pronto a coccolarti quando la tua
pazienza vacilla, ma anche a tirarti sberle quando ti dici stanco nel
proseguire.
In quel castello fai entrare chi vuoi,
forse chiunque, ma manterrai sempre la porta socchiusa perché non ti piace
trattenere con forza chi non vorrà più farne parte. E alla fine andrai avanti lo stesso, senza mai rimpiazzare nessuno, perché ogni porzione di
vita avrà avuto il suo senso, lì ed allora. Imparerai a rigenerare, te e ciò
che ti circonda, perché quel castello non diventerà mai una prigione.
Immaginare castelli che non fossero costruiti
con la sabbia ma che avessero pareti più spesse così da sembrare robusti come una qualunque lista è quello che ho fatto quest’anno: non
sentirsi rinchiusi in un limbo con le gambe a mezz’aria, ma mantenere i piedi
ben fermi sul selciato, così da potermi indicare una via da seguire. Non ha mai
fatto parte di una lista di propositi, l’ho imparato strada facendo, non
tralasciando alcuna via alternativa.
Se oggi qualcuno mi chiedesse di farmi un
augurio, probabilmente sarebbe quello di concedermi qualche momento in più in
cui rimanere a braccia conserte con la punta del piede rivolta all’insù. E
questo non di certo per rimorchiare uomini in metropolitana che acquistano
curiosi manuali per camuffare la scarsa abilità nel relazionarsi a qualcuno.
Mi auguro di provare piacere
nell’ascoltare, di sentirmi a mio agio, in un castello aperto a chiunque, in cui
farci restare solo chi conta.
In cui non esistono ritardi, ma semplici
attese.
In cui spendere tempo in egual misura, per
correre verso qualcosa, e per aspettare che qualcosa riesca a raggiungere te.
Quel castello in cui si nascondono sentieri
che percorrerai silenziosamente e che d’un tratto ti imporranno di svoltare.
Quelli che dietro l’angolo nascondono piazze
di piccole dimensioni, dove sentirai lo schiamazzo di bambini che giocano, il
profumo del caffè, il rumore delle onde del mare.
E saprai già che dovrai sostare su di una
panchina a caso, così da riuscire a farti entrare tutto dentro.
Non aspetterai che qualcuno, in quel
castello, venga a salvarti, perché sarai in grado di farlo da sola. L’hai fatto tante volte ed ogni volta
sapevi che non sarebbe stata l’ultima.
Per questo odi le liste, i resoconti ed i
buoni propositi.
Preferisci tuffarti e cogliere
l’inaspettato.
Quello che alla fine ti fa amare il
tragitto che hai deciso di intraprendere e che ti sprona a sognare, sempre più
in grande.
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