giovedì 14 marzo 2013

La borsa: il contenuto dell'anima.

Una volta qualcuno ha detto che gli occhi sono lo specchio dell'anima. 
Ma senza paventare la presunzione di essere un giorno definita quel Qualcuno che abbia inteso modernizzare questo detto antichissimo, credo che almeno il contenuto di un' anima femminile lo si possa scorgere semplicemente guardando in una borsa. Almeno per me è esattamente così. E' incredibile quanta gente tema di guardarsi dentro, mentre invece io ho più paura di guardare dentro la mia borsa che dentro di me, quasi come se in effetti non trapelasse alcuna differenza evidente, ma come se le due cose si compenetrassero divenendo l'una la metafora dell'altra.
Perchè in effetti ho così tante borse nell'armadio, di qualsiasi dimensione, forma e colore, ma utilizzo ordinariamente sempre la stessa perchè l'unica più capiente, l'unica in grado di reggere il peso, l'unica di cui non senta mai l'esigenza di riordinarne il contenuto sebbene sarebbe opportuno. 
La mia borsa è veramente un disastro. Spesso dimentico di gettare le buste di tabacco oramai finite, lasciandole nella tasca laterale, in cui si nasconde quella appena comprata che inevitabilmente non riesco mai a trovare. Ad uno dei due lati casca sempre il borsellino, su cui si poggiano un libro, un'agenda, una penna che ovviamente non scrive ma non so perché dimentico sempre di gettarla via. Se sono fortunata mi capita di pescare anche vecchi biglietti del treno, nonostante non lo prenda da mesi, la cartina della metropolitana di Londra che sembra voglia farsi pescare proprio per far rivivere i ricordi che in certi momenti vorrei opacizzare ed ammutolire, addirittura biglietti dell'aereo, pacchetti di fazzolettini sparsi qua e là che penso sempre di non avere dietro quando qualcuno cortesemente me li richiede. 
In effetti c'è tanto disordine, la necessità di ordinare, ma la noia al solo pensiero. C'è tanto passato che spesso nasconde il presente, lasciando al futuro uno spazio irrisorio, quasi inesistente. C'è tutto, ma spesso manca l'essenziale, perchè in effetti spesso dimentico il cellulare e le chiavi di casa sulla scrivania portandomi dietro ciò che non serve e che pesa, come un libro, un'agenda, una penna che però non scrive.  
E allora, avvalorando questa mia modernizzazione, potrei dire che la mia anima pesa, è ingombrante, come se ci fosse tutto ma niente che sappia di necessario, disordinata, immersa in un passato faticando a godere il presente ed angosciata al pensiero del futuro. Un po' come quando in preda alla confusione dei pensieri, lascio loro il tempo necessario per dispiegarsi, di trovare da sé il giusto ordine senza esserne l'autrice. 
Ma la verità è che in questo disordine io ritrovo quella che sono. Non temo di svuotare la borsa, non temo di guardare avanti, temo soltanto che nella schematizzazione e nell'ordine artificiale e non naturale degli eventi io non riesca più a trovare me stessa ed i miei reali voleri. 
La mia paura più grande è quella di guardare così oltre da disperdere i miei ricordi in un'aria rarefatta senza mai più sentirli, senza che non riescano mai più a strapparmi un sorriso nel loro riviverli, pescando tra l'accozzaglia una cartina della metro di Londra, un biglietto aereo, una penna che non scrive che non tolgo perchè me l'hanno regalata e se non me la portassi dietro avrei paura di perderla. 
Ho paura di perdere i ricordi, ma non di accostarli al presente e ad un ignoto futuro, per questo li porto dietro, come se in un'apparente inutilità si nascondesse l'essenzialità, la mia.

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