Visualizzazione post con etichetta COVID-19. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta COVID-19. Mostra tutti i post

martedì 6 ottobre 2020

Come un telo da mare

Con l’arrivo dell’autunno ho messo via un po’ di cose. Ho lavato in lavatrice il telo da mare, l’ho piegato e conservato al suo solito posto. Lo riprenderò il prossimo anno, quando correndo a piedi nudi sulla sabbia in pantaloncini e canotta sarò pronta per lasciarmi dondolare dalle onde del mare e riscaldare dai raggi di sole, ancora una volta.

Ogni cosa gode dei suoi tempi.

Sa già dove e quando deve essere conservata.

Come tante altre, sanno già che prima o poi dovranno essere gettate via.

Non sono brava a disfarmi delle cose, mi ripeto spesso che molte potrebbero tornarmi utili, prima o poi. Ma questa volta ho deciso di conservare solo il telo da mare e tutto quello che gli rassomiglia, ovvero tutto ciò che basta semplicemente scuotere dopo l’utilizzo per rimuovere ogni granello di sabbia che potrebbe appiccicarsi alla schiena la volta dopo.

Ho pensato di conservare cose così, quelle che richiedono cura ed energia, ma mai in eccesso, rispettando i miei spazi ed i miei tempi. 

Ho deciso di fare lo stesso con le persone, tenendo per mano solo chi, con uno sguardo attento e mai una parola di troppo, ha la capacità di trasformare la pioggia battente in arcobaleno, una brutta giornata in un’altra più serena, un terreno arido in uno in cui si possa concimare ed aspettare la bella stagione per la raccolta.

Seguendo questo principio, sono tante le cose da gettar via, più di quelle che immaginassi.

Come le pillole per dormire che adesso non mi servono più, perché ho imparato a respirare lentamente, a non correre, a non aspettarmi nulla da un futuro di per sé incerto, ma a fare un passo alla volta e a seminare, con pazienza, ciò che un giorno mi piacerebbe raccogliere, senza ansia da prestazione.

Ho fatto lo stesso con qualche ricordo diventato troppo ingombrante.

Anniversari che al solo pensiero ti fanno star male.

Fogli di carta su cui un tempo scrivevi delle cose che basta rileggere per capire che adesso sei cambiata rispetto a qualche tempo fa.

Con le persone ho deciso di fare più o meno lo stesso.

Ho scelto di allontanare quelle che non sanno respirare lentamente prima di rivolgerti parola.

Quelle che aspettano già al traguardo, ma a correre o passeggiare insieme a me non ci hanno mai minimamente pensato. 

Quelle che non sono in grado di prendersi cura del proprio terreno e quindi nemmeno dell’altro, perché da quella terra non spunterà alcun bocciolo. 

Quelli ingombranti, che ti rendono la vita un luna park senza alcun divertimento ma solo capriole e luci al neon che dopo un po’ ti danno la nausea.

Quelli che non lasciano che tu cresca, mettendo in luce la parte migliore di te, ma solo quella che non vorresti mai essere.

Mi piacciono le cose come le persone che come un telo da mare porti con te al braccio fino alla spiaggia, e che pur sgualcendosi nel corso della giornata, saranno sempre quelle di cui non potrai fare a meno.

Quelle a cui basterà una scossa o una folata di vento per ripulirle.

Quelle che ti ricordano il mare e lasciano che tu sia esattamente come lui, infinito.

Mi preparo ad un autunno diverso rispetto a quello dello scorso anno, fatto di alberi spogli da rivestire e foglie secche tutte da colorare, di volti opachi da allontanare, di esperienze da imballare in scatoloni che non dovranno essere più riaperti, di anime spente cui comunicare che il tuo lavoro è terminato per poterti prendere cura di te stessa e della tua luce che non dovrà spegnersi mai, a qualsiasi condizione.

Così mi godrò l’autunno senza aspettare l’inverno e l’inverno senza aspettare il profumo dei fiori freschi di primavera. E godrò questi ultimi senza fremere per l’arrivo di una nuova estate.

Ho già soltanto una certezza sino ad allora: che con le infradito malconce, in pantaloncini e canottiera, correrò sino a raggiungere il bagnasciuga. Una volta lì, scuoterò il telo e mi metterò a respirare, lentamente, come sto imparando a fare.

giovedì 19 marzo 2020

Essere umani ai tempi del COVID-19

In queste settimane di quarantena forzata abbiamo trovato più tempo per noi stessi e al contempo anche per gli altri. In poche parole, credo che in circostanze a dir poco surreali, stiamo allo stesso tempo gettando le basi per la creazione di un mondo ideale, a patto che, quando tutto questo sarà finito, saremo in grado di ricordarcelo e mantenerlo intatto.

Abbiamo ricominciato tutto quello che avevamo lasciato in sospeso, stiamo dedicando del tempo a tutto quello che avremmo sempre voluto fare ma che abbiamo rimandato non solo per mancanza di tempo, forse più di costanza.

Avvertiamo la necessità di metterci in contatto più spesso con i nostri cari, anche solo per sapere se hanno fatto un colpo di tosse nelle ultime 12 ore.

Sentiamo il bisogno di metterci in contatto anche con chi avevamo dimenticato, o con chi speravamo di cancellare dalle nostre vite. 

Colmiamo distanze con tante parole, al solo scopo di sentirci presenti seppure da lontano e di avvertire la vicinanza dell’altro. 

Ci auguriamo di abbracciarci e baciarci presto, più forte di quanto facessimo fino a qualche settimana fa. 

Sentiamo il bisogno di organizzare raduni telematici, perché abbiamo scoperto l’importanza dello stare insieme anche senza toccarci, guardandoci negli occhi sebbene ci sia uno schermo a separarci. 

Credo avessimo bisogno di tutto questo, quasi come fosse una lezione di vita per l’intera umanità che recita più o meno così: non dobbiamo aspettare che ci vengano negate le nostre libertà per dedicare del tempo a noi stessi e a chi amiamo, anche di nascosto, perché  se è vero che talvolta il tempo aiuta a curare ogni ferita e allontana, altre volte riconcilia.

Non possiamo rimandare, perché ci sarà sempre tempo a sufficienza per porre le basi per inventare e costruire, per essere chi, un tempo, avevamo scelto di diventare.

Non dobbiamo aspettare che accadano circostanze fortuite per ricordarci quanto ci amiamo, quanto abbiamo bisogno l’uno dell’altro, quanto ci sta a cuore chi lì dentro, in fondo, ha sempre albergato.

Non dobbiamo aspettare di essere distanti per raccontarci tutto quello che proviamo o che desidereremmo fare, come prenderci per mano e correre sul bagnasciuga sino a cadere con le ginocchia sulla sabbia e ridere di gusto, sino a lacrimare. 

Dobbiamo trovare il coraggio di perdonarci e perdonare, prima che il tempo consumi i nostri sensi di colpa. 

Dobbiamo avere il coraggio di viverla questa vita, non oggi che siamo distanti, ma domani, quando saremo vicini, urlandoci a squarciagola tutto quello che proviamo, stringendoci fino a toglierci il fiato, baciandoci come se non lo avessimo mai fatto prima. 

In fondo sono queste piccole forme d’amore che salvano la vita, la nostra e quella di chi ci è accanto.

Quando tutto questo sarà finito, manteniamolo intatto questo mondo virtuale, fatto di quelle carezze che ora più che mai desidereremmo scambiarci, di tutte quelle parole che non avremmo voluto pronunciare, di tutto quell’amore che non sapevamo forse nemmeno di provare.

Occorre ricordarcelo più spesso. Per sempre. Che ci serva da lezione.