Non so quando sia accaduto che abbia messo un punto fermo
alla mia vita, senza riuscire a voltarmi, né a guardare oltre.
Sarebbe stato tutto più semplice, perchè mi sarei imposta
di non sentire più nulla.
Né la fatica nel ricominciare,
né l’entusiasmo di non smettere mai.
né l’entusiasmo di non smettere mai.
I profumi della primavera.
Il caldo tiepido delle giornate di mezz’estate.
Il rumore della pioggia.
E quello dei miei passi su di una distesa di foglie
ingiallite.
Poi ho cominciato ad interrogarmi su quanto grande possa essere
un nodo. Quanto stretto al punto da resistere per una vita intera. Quanto
congeniale al punto da averne uno in ogni parte del corpo per trattenere tutto lì, per non sentire più niente. Né il battito cardiaco né il suono del tuo
respiro.
Ed è stato allora che l’ho capito.
Che stavo riempiendo la mia vita di cose che non volevo,
trascurandone altre.
Che stavo lasciando andare cose di cui avrei voluto riempire
la mia vita al punto da farla scoppiare.
Cose che forse non mi sarebbero mai appartenute. Cose per
cui ho deciso di tacere per paura di possedere. O cose per cui ho deciso di
raccontarmi un’altra storia che potesse avere un inizio ed una fine pur
perdendomi nel mezzo, senza alcuna ragionevole giustificazione che non fosse
quella del lasciarsi andare alle cose belle.
Ma le voglio e le ho volute tutte. Quelle che non potrò avere, quelle che ho lasciato stramazzate sull’asfalto, ed anche quelle che
forse non avrò.
Allora non so cosa sia l’amore.
Se guardarsi negli occhi e capirsi al primo battito di
ciglia.
Se parlarne come fosse qualcosa che possa essere
razionalmente spiegato mentre ci si perde l’uno nello sguardo dell’altro.
Se un bisogno, naturale, di sapere che c’è qualcuno accanto
a te.
Se un volersi e non dirselo mai abbastanza.
Se sentire nello stomaco che sia lui o lei la persona che
non stavamo cercando, ma che abbiamo trovato così, strada facendo, come una
margherita in un campo di girasoli in una giornata di solleone.
Se sia come burro su marmellata.
O come una simbiosi che genera fuochi d’artificio. Dentro e
fuori.
Qualsiasi sia la forma che gli si possa attribuire, gli
opposti si attrarranno ma saranno i simili a restare insieme.
Se riusciranno a riconoscersi.
Saranno quelli che si cercheranno anche quando si
racconteranno di non volerlo.
E non so bene quali siano gli antidoti per creare tutto
questo, ma ne conosco pochi che forse d'ora in poi riuscirò a farmi bastare.
Gli occhi.
Il sorriso.
Le parole, che non dovranno mai bastare.
Quella voce, dentro, che ti dice “lascia che sia”.
Sentirsi.
E sarà questo, forse, mentre ci affatichiamo pensando possa
essere fatto d’altro.
Sarà forse tutto quello che pensiamo non sia.
E viviamo, spesso, tutto quello che non è e che non sarà mai.
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