mercoledì 23 gennaio 2013

Afferra il dito del dottore mentre sta nascendo: una metafora di vita.

Afferra il dito del dottore mentre sta nascendo. La fotografia scattata dal padre fa il giro del mondo, catturando inevitabilmente la mia attenzione. Questa fotografia trasuda vita, trascinando via con sé il suo più intrinseco senso, non solo per essere stata scattata nel topico momento del parto, ma per questa mano, nuda, fragile, così piccola, che non appena intravede uno spiraglio di luce si aggrappa ad un dito più grande per cominciare la sua vita.
Manifesto, questo gesto che si intinge di profonda commozione, di una recondita verità: il bisogno innato di aggrapparci a qualcuno o qualcosa che ci infonda la fiducia necessaria per abbandonare il buio e venire alla luce. Un bisogno che si palesa sin dalla nascita per poi accompagnarci per tutto il resto della nostra vita. Un bisogno dei piccoli, ma talvolta soprattutto del mondo adulto, perchè il ciclo della vita non è semplicemente quella fase compresa tra la nascita e la morte biologica di un essere umano, ma può iniziare in ogni momento, ad ogni età, quando esperienze passate ci abbiano visto morire maturando dentro di noi l'esigenza di rinascere ancora. Un bisogno che non deve confondersi tra i germogli di una letale dipendenza, perchè quest'ultima punge, ci fa aggrappare a qualcuno o qualcosa in cui la nostra personalità viene inevitabilmente divorata, annullata, destinata comunque al buio, non è un qualcosa di profondamente innato e naturale, ma cresce successivamente quando il sentirci soli ci svuota, bistrattando la natura umana. E' invece un bisogno ingenuo, delicato, spontaneo, che nasce dai semi piantati nel cuore per poi espandersi silenziosamente nell'anima umana più piena. Un bisogno che i cinici hanno imparato a negare, celandolo dietro l'affermazione "Non ho bisogno di nessuno, sto bene così, sto bene da solo", senza che l'altro carpisca dietro quella negazione del bisogno il reale significato di quella frase, forse un bisogno ancor maggiore di chi avrà il coraggio di esprimersi. Perchè anche quella minuscola mano si sarà staccata dal dito per cominciare a muovere da solo i suoi primi passi, ma come ogni creatura che impara a camminare avrà avuto la necessità di reggersi a qualcosa per timore di cascare. Probabilmente sarà anche caduto provocandosi degli enormi bernoccoli sulla fronte, ma alla fine sarà riuscito ad andare per la sua strada per le continue cadute il cui numero si sarebbe forse triplicato in mancanza di appoggi.
Non è forse questa la più incredibile metafora della vita? 
La differenza è che un bambino riesce a cogliere il bisogno nella sua naturale essenza, perchè non conosce vergogna, al contrario si dimenerà se qualcuno non correrà presto in suo aiuto, avendo tutto il necessario a sua disposizione per aggrapparsi e soddisfare quel bisogno. Gli adulti, che dal mondo delle loro esperienze hanno assimilato stereotipi, inganni, orgoglio e vergogna, quanto di meno umano possa esistere, forse si dimeneranno, ma lo faranno nel silenzio della loro anima senza mai riuscire ad esprimersi, bistrattando l'unico elemento umano che accomuna tutti, consci, nel caso, di avere a disposizione solo qualcosa o qualcuno cui aggrapparsi perchè la loro mente nel buio di una gelida stanza non sarà in grado di nutrire l'immaginazione, perchè in fondo un adulto farebbe meno tenerezza di un bambino, un adulto nell'immaginario collettivo può riuscire a stare da solo. Ma se forse capissimo che il ciclo della vita non è unico ma in un'intera vita potremmo disporne anche di dieci, cento, mille, se riuscissimo a carpire la ciclica essenza della vita, potremmo forse capire che il bisogno, che non è dipendenza, di aggrapparci a qualcuno o qualcosa per trovare la spinta per venire alla luce, è profondamente umano, innato, di tutti, soprattutto di chi continua a negarlo. E l'umanità ha ben poco a che fare con una disumana vergogna. 
In un mondo ideale dovremmo assimilare la saggezza dei nostri nonni e la tenerezza che sa di verità ed umanità dei bambini, dimenticandoci di essere posizionati esattamente al centro di questo ciclo che non si arresta mai, che può finire ma che inizia di continuo.

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