lunedì 7 gennaio 2013

A Londra per una tazza di thea.

Ritornare in una città come Londra per soli tre giorni, una città che per parte della tua vita ti ha visto protagonista e allo stesso tempo spettatrice, sognatrice e disillusa, star e cameriera, cuore e cervello, è stato meno semplice del previsto. Con lo sguardo alto verso il Big Ben, tra le strade di Oxford Circus e Regent Street che conducono a Piccadilly circus, tra la folla dei venditori e turisti di Portobello, tra la stravaganza di Camden Town o gli artisti di strada di Covent Garden mi sono spesso sentita in un equilibrio precario, con la mente a lì ed allora, a quei mesi splendidi di vita che raffioravano come boccioli, come se ogni angolo di strada avesse un ricordo da cogliere, ma con il corpo qui ed oggi, in un momento diverso eppure così simile, con la gioia di chi ripercorre strade che è come se avessero lasciato le tue orme su di un asfalto ancora fresco, la lucidità degli occhi di chi comprende che nonostante l'aria che si respiri in fondo sia sempre la stessa, mentre tu ti sei fermata Londra correva, ed insieme a lei anche le persone. Pensavo di essere ritornata ma forse non è così, perchè a tratti ho avuto come l'impressione di non essere mai tornata del tutto, di essere rimasta lì come se i mesi successivi al mio ritorno li avessi vissuti ad occhi chiusi, sono rimasta lì, all'indirizzo Parmiter Street 23. Dovevo tornare a riprendermi. Non so se questa volta ci sono riuscita, perchè generalmente lascio un pezzo di cuore ovunque vada, in tutti quei posti che ti donano tanto e allora un pezzo di anima la lascio anch'io, quei posti che ti spingono a tornare per respirare aria diversa, in quei posti che per un po' hai chiamato casa, per ricordare, per vivere, per sognare, per toccare le corde più intime del tuo essere, una città in cui non mi sono mai fermata se non in metropolitana o su degli scalini quando volevo scrivere qualcosa su quell'agenda che porto sempre con me. Allora forse da città come queste io non torno mai, vado solo e ci resto. Ma forse stavolta una piccola parte di me è tornata, per dovere o forse proprio per il desiderio di pensare a me stessa senza lasciare che i ricordi prendessero il sopravvento, sono tornata da legami che pensavo fossero inossidabili ed invece oltre ad ossidarsi si sono addirittura sporcati del marcio di quelle persone che hanno l'attitudine di rimuovere, sostituire e gettarti come un fazzoletto che non serve più, lasciandoti senza parole, nonostante in genere ne abbia sempre tante da pronunciare in ogni occasione. Chi ha letto il post precedente sarà forse curioso di conoscere come sia andata, se abbia fatto o meno la fine dello Sputnik, condannato a vagare nello spazio per sempre. Con profondo rammarico dico di sì. Ma mi sono accorta di aver fatto soltanto io la fine dello Sputnik perchè in fondo un noi già non c'era più da tempo, ancor prima della mia partenza. Io nei miei pensieri in quel caffè londinese sono entrata, al tavolino mi ci sono seduta e ho anche ordinato una tazza di thea fumante che ho lasciato raffreddare per gustarlo meglio. Ho aspettato per ore o forse giorni il suo arrivo, ma quella porta è rimasta sempre chiusa. Ho provato per l'ennesima volta a comprendere e a cercare giustificazioni fin quando mi sono detta "Basta, devo tornare". Non c'è più tempo per vagare senza mai incontrarsi come lo Sputnik, non c'è più un noi, non c'è più tempo per i ma i se ed i forse, allora ai rimpianti ho preferito delle amare e laceranti delusioni, scontrarmi contro un muro le cui pareti ho scoperto essere di cartapesta, perchè in fondo esistono anche queste persone: quelle che alla tua partenza ti salutano con gli occhi gonfi, ricordandoti di quanto tu sia una bella persona per loro, quelle senza le quali non avresti mai pensato ad una permanenza migliore di quella vissuta ma che quando torni anche un saluto riescono a negarti, anche i ricordi riescono a sporcare, seminando dentro di te la convinzione che forse è vero che chi si accontenta gode ed io forse mi sarei dovuta accontentare del lì ed allora senza aspettarmi altro, perchè così forse quei ricordi sarebbero restati intatti senza mai sporcarsi, il mio cuore non avrebbe smesso di credere nell'esistenza di persone speciali, l'amore che covo verso qualsiasi persona, cose o città non mi avrebbe bruciato. Ma forse questo era necessario per tornare da quei legami che altrimenti sarebbero restati sempre appesi ad un filo, in balia dei condizionali, per cavalcare quello che è in fondo il mio motto, la politica del "Lasciare che sia", per non mortificarmi più del dovuto, per lasciare che tutto passivamente scorra sul mio corpo, per sperare, nonostante con un cuore colmo di delusione sia difficile, di incrociare un giorno persone che riescano a cavalcare la mia stessa onda, con meno parole, più silenzi, maggiore rispetto e profondità d'animo. Altri invece mi hanno allietato, infatti una delle domande più belle che abbia ricevuto in questi giorni da un'amica lasciata a Londra in settembre e incontrata in questi giorni è stata: "Ma quando scrivi un libro?Io sarei la tua prima lettrice!Ti seguo sempre ..." e so bene che alla lettura del tanto atteso "post del ritorno" starà proprio in questo momento sorridendo. Tutto questo mi è servito per comprendere una cosa molto importante. Quando sono ritornata in Italia a settembre ero completamente vuota, schiacciata dai ricordi e dai rimpianti, ancorata a legami che avrei voluto continuare ad alimentare credendo che la distanza non fosse un ostacolo così insormontabile per rapporti improntati sull'autenticità e sulle parole mai pronunciate per caso, con un'anima colma di mancanze. Adesso il mio ritorno mi vede invece tutta intera, con dei ricordi che avrei voluto lasciar puliti ma che le persone o forse il fato per suo dovere ed esigenza di proteggermi ha voluto sporcare, senza parole ma solo certezze, legami che ancora ci sono ma altri spazzati via da quel tempo che ha moltiplicato le distanze gettandomi in un pozzo. Ho avvertito una sola vera mancanza che sembrerà per molti assurda ma non meno di quanto lo siano certe persone che ho il "talento" di incrociare lungo il mio tragitto, non meno di certi atteggiamenti che non lasciano spazio a commenti: scrivere. Devo dire che questa volta rispetto ad allora ho sentito di tornare da qualcosa che avevo l'esigenza di riprendere per non sentirmi a metà: la tastiera del mio pc, le dita che veloci scorrono sui tasti, la mia ispirazione che prende forma in un conglomerato di parole che sono solo il frutto delle mie sensazioni che in modo diverso da questo non sono in grado di sciogliere. 
Avevo in fondo bisogno di tornare ad essere tutta intera, qui, adesso. Oggi lo posso dire, nonostante in fondo al mio cuore penso a Londra come a quell'uomo di cui conosci ogni dettaglio, ogni smorfia del viso, che ami follemente nonostante talvolta abbia il vizio di tradirti, ma che tu ogni volta perdoni, perchè credi che il perdono sia la virtù dei pochi che sappiano cosa significhi amare, perchè sai che a suo modo anche lui ti ama, sai che in fondo è l'uomo della tua vita o di parte di essa ed allora sarai anche in grado di aspettare, di andar via, ma di tornare di tanto in tanto, per poco o per restargli accanto, ma sempre tutta intera, senza mai lasciare che gli eventi ti mortifichino e ti annullino, come fa chi ama e chi proprio per questo perdona.

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