Sembra si alluda a ciò che puntualmente accade, pur senza volerlo, ogni volta che torno. La metafora di chi vive in una città diversa da quella in cui è cresciuto. Ritorni almeno un paio di volte l'anno o anche di più. Ne assapori i gusti che custodisci sapientemente nella scatola dei piaceri da riprovare, ne annusi i profumi spesso dimenticati, godi gli attimi come chi ne ha appreso la modalità soltanto in quel momento, trasportandoli dalla cesta delle abitudini detestabili a quella dei dettagli cui dar peso per non commettere errori, scrivendo sul nastro adesivo "consumarli con cautela".
Ti prendi il dolce e l'amaro, ti rivedi negli occhi di chi ti aspetta con la stessa scadenza dell'arrivo di una nuova stagione, mandi giù dell'acqua fresca per preparare il palato. Che tu sia immobile ad aspettare al bancone due giorni, dieci o un mese non avrà importanza: percepirai la stessa sensazione come se quel lasso temporale abbia la stessa durata di quella in cui un infermiere ti infila un ago nel braccio e ti disinfetta: meno di trenta secondi.
Ingerisci tutto. È caldo e ti scotta l'esofago, lo stesso che si raffredda solo un attimo più tardi, pur lasciando una sensazione di calore sulle sue pareti. Così ringrazi e vai via.
In fondo una tazza di caffè non è così dissimile dai ritorni, così come dalle partenze che non sono altro che ritorni al contrario, che insomma se capovolgi o ti poni sul versante opposto diventano ritorni anche loro.
Ha quell'aroma dolciastro man mano che si arriva sul fondo della tazza e che si compensa con l'amaro che lascia all'incontro con le papille gustative. Crea dipendenza, e anche quando credi che tu ne possa fare a meno quando lo riprovi ne avverti la mancanza come chi l'ha soltanto accantonata per non pensarci, ma è un vizio che non riuscirai mai a lasciare del tutto. Uno di quelli sani, eccitanti, naturali.
Non saranno sempre tutti uguali. Spesso darai per scontato di trovare tutto com'era l'ultima volta. Non sarà sempre così, e non sarai sempre l'unico ad esser cambiato. Il tuo cambiamento sarà stato repentino ed amplificato dalla stasi di cui gli altri intorno a te si nutrivano. Ma anche gli altri cambiano, forse in modo progressivo e lento, ma definitivo.
Ed allora si sperimenta l'effetto collaterale del non esserci nelle passate abitudini: la mancanza di ciò che credevamo di trovare e quella relativa a ciò che in realtà non c'era più. E ci si appropria di una nuova verità: i ritorni sono come una tazza di caffè. Dolci ed amari. Caldi e momentanei. Una dipendenza il cui abbandono è fuori dalle regole del gioco. Quelli da bere con chi c'è sempre stato e che alla fine magari deciderà di pagare il conto, o chi per timore di farlo, nemmeno si presenterà al bancone.
Ma a prescindere da come sarà, ne vale sempre la pena. Un viaggio di cui conosci a memoria i sentieri ma da qualche insenatura sempre nascosta e che sa del profumo del caffè appena svegli: insostituibile.