domenica 21 aprile 2013

Perché scrivere un libro?

Una sera, mentre mi stavo struccando, ho pensato ad una storia, a tre donne, a tre diversi modi di comunicare. Ho pensato ad una storia che potesse coinvolgere per la sua semplicità, la cui modalità di scrittura doveva trasudare spontaneità, forza d'animo, profondità. Ho pensato a Sofia, una giovane ventenne orfana, commessa in un negozio di fiori, blogger per diletto, con il mito della scrittura, l'unico modo che le consenta di esprimere se stessa. Ho pensato alla signora Parks, un'anziana donna rimasta vedova, dalle origini inglesi, trapiantata in Italia per seguire l'amore della sua vita, con la passione per la letteratura inglese, in particolare per Shakespeare, Dickens e Wilde, chiamando così anche i suoi tre gatti. Ho pensato alla signora Ada, una donna quarantenne eccentrica e dai facili costumi, cliente abituale del negozio di fiori in cui lavora Sofia, richiedendo il solito mazzo di rose bianche, destando profonda curiosità nella giovane per l'inevitabile contraddizione tra il messaggio di delicatezza e purezza impregnato in quei petali bianchi ed il fare sfacciato di quella donna. Ho pensato a tre generazioni, tre vite che potessero intrecciarsi, tre diversi modi di scoprirsi vicendevolmente, oltrepassando l'apparenza per cogliere l'essenza, scrutandosi, vogliose di emulazione, eppure non così diverse. Ho pensato a Sofia, Annie, Ada che in fondo non sono altro che la mia trasposizione su carta, i cui rapporti non raccolgono altro che il desiderio di vivere i rapporti nello stesso modo, silenzioso ma penetrante. E mentre pensavo, scrivevo. Scrivevo tra le pareti bianche della mia stanza, nel silenzio notturno, talvolta anche diurno. Scrivevo senza che nessuno sapesse cosa stessi facendo.
Qualcuno mi chiederà perché volessi scrivere un libro. Non perché avessi qualcosa da dire, figuriamoci. Né pensavo e penso tuttora di diventare una scrittrice famosa firmando autografi. Volevo semplicemente scrivere qualcosa che avesse la mia firma, un prodotto che fosse quasi come un figlio partorito dal cuore, lo stesso che d'impeto ha lasciato cadere le mie dita sulla tastiera. Poi un giorno ho pensato di spedirlo a varie case editrici, per evitare che il mio prodotto prendesse polvere. Non aspettavo nessuna risposta, mi interessava soltanto che il mio mondo ed il mio modo di comunicare arrivasse a qualcuno senza timore di alcun giudizio. Ma poi è successo che in una mattinata di sole ho ricevuto due risposte, una di queste da un'importante casa editrice che valutava positivamente l'opera e pronta per la pubblicazione, quasi fosse un premio per aver bistrattato paure ed insicurezze. Non chiedetemi cosa ho pensato, perché per la prima volta nella mia vita non ho pensato, i miei pensieri scivolavano tra le lacrime che corrugavano il viso senza che potessi far nulla per frenarle. E mentre piangevo, in me cresceva l'entusiasmo, un entusiasmo che sono riuscita a condividere con pochi, valutando quei pochi gli stessi che in fondo mi hanno da sempre sostenuto, quella famiglia vera in cui si condivide l'amore per i propri successi. Valutando ancora la proposta editoriale, ho pensato ad una frase da me pronunciata qualche giorno fa che diceva "una botta di vita sento di essere io quando non ho paura". Allora, forse, vale la pena far scoppiare questa vita, vale la pena scoppiare insieme a lei, nonostante spesso mi senta sola davanti questa piccola porta che è ancora socchiusa, che attende solo che io la varchi. Ma io, in fondo, non ho paura, perché le cose belle accadono soltanto se consentiamo a noi stessi di non averne. E quindi forse, per citare J. Lennon, potrei concludere dicendo che andrà tutto bene alla fine, e se non andrà, non sarà la fine.

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