domenica 18 novembre 2012

Parole al vento.

Ogni volta che parlo con un uomo, parlo con l'uomo onesto, che non hai mai tradito la sua donna, che piuttosto ha preferito lasciarla, perchè l'onestà è fondamentale. Parlo con quell'uomo che ha amato sino alla venerazione la sua donna. Ogni volta che parlo con un uomo, parlo con quell'uomo "diverso" che ad accuse velate che offendono l'intera categoria si sentirà colpito, perchè lui in fondo non è così ed io non posso permettermi illazioni nè sguardi minatori che lo mettono alla gogna ancor prima di vederlo in azione.
Parlo sempre con l'eccezione che conferma la regola, al punto da essermi chiesta quante probabilità ci siano di incontrare invece la regola in persona e quante eccezioni effettivamente ci siano in giro al punto da pensare che sia opportuno operare un'inversione etichettando le eccezioni come regole e viceversa.
Parlo sempre con l'uomo giusto, di buon senso, maturo e razionale abbastanza, colui che non abbandonerebbe mai nessuno in modo brusco, colui che ha desiderio di restare accanto a qualcuno che vorrebbe amare sino alla venerazione. Parlo sempre con quell'uomo che sa ascoltare, che sa percepire i tuoi pensieri, che nel silenzio trova le risposte, in uno sguardo la luce che man mano lo condurrà verso la strada giusta. Parlo sempre con l'uomo perfetto. Con quell'uomo che sembra sia caduto dal cielo. Talvolta me ne sono meravigliata al punto da sospettare che mi stesse spiando da mesi, per conoscere ogni parte di me, sino ad ogni minuziosissimo dettaglio.
Frottole. Parole. Bugie. Chiamatele come volete. Perchè quell'uomo ti farà notare come il tuo sguardo sia di chi vorrà punire qualcuno solo perchè appartiene alla categoria maschile, solo perchè quelle parole le hai già sentite, solo perchè ogni volta quelle parole non hanno mai trovato oggettivo riscontro nei fatti. Ti farà sentire colpevole perchè non capirai che lui invece è diverso dagli altri. Ma la verità è che quando vorrai dare a lui e soprattutto a te una possibilità tutto si ripeterà come un copione già visto. Parole portate via dal vento come il suono di un flauto che pian piano riuscirai ad ascoltare sempre meno sino a percepirne solo l'eco per poi scomparire. Una diversità osannata eppure non dimostrata in nessuno dei suoi atteggiamenti, nemmeno in piccoli gesti quotidiani, neppure lo sguardo a lungo andare ti sembrerà così radioso.
Se è vero che siamo ciò che facciamo e non ciò che diciamo vedo tanti manichini che parlano, che elencano a chiunque i loro pregi, che si proclamano l'eccezione che conferma la regola, che fanno auto-propaganda sino allo sfinimento, ma tutte quelle parole si bloccheranno come un gettito d'acqua che farà fatica ad uscire anche da un piccolo tubicino, quando le cose dovrebbero essere semplici. Anche le aspettative più banali resteranno irrealizzate, intrise da una malinconica delusione e rassegnazione nel constatare che invece sono tutti banalmente uguali. Ma allora il punto forse non è auto-proclamarsi diversi, ma definirsi per ciò che si è. Definirsi come un uomo che ha amato sino alla venerazione ma che qualche volta non ha saputo reggere il ruolo da amante modello e purtroppo ha anche tradito. Definirsi come chi non è sempre stato onesto con se stesso e soprattutto con gli altri. Definirsi come chi non è forse maturo e giusto abbastanza, come chi sa restare ma quando non ha voglia di farlo abbandona, e spesso lo fa nei modi più bruschi in cui lo si possa fare. Definirsi nè diverso nè uguale agli altri, ma semplicemente per quello che si è: un essere umano, e gli essere umani non sono perfetti, gli esseri umani commettono errori. E forse noi donne sapremo cogliere la bellezza in quell'imperfezione che si paleserà a noi in maniera sincera, come chi non ha bisogno di nascondere niente, come chi non ha bisogno di inghiottirci il cervello di lunghi e banali presentazioni mostrando l'archetipo dell'uomo perfetto che in realtà non esiste. Sapremmo amare quell'imperferzione perchè la diversità che ci attirerà sarà proprio in quei difetti di chi non avrà avuto paura di mostrarli. O a limite, capiremo che la nostra ricerca non è ancora finita e andremo avanti. Perchè spesso ci accontentiamo pur di non restare soli in questa tormentata ricerca della perfezione e lealtà che forse è un'utopia. Accettiamo come normali atteggiamenti che invece ci fanno star male, nonostante ci sforziamo a trovare una giustificazione. No, non c'è. Basta nel giustificare sempre tutto. Basta nel considerare come normali parole o gesti che ci conducono alla perplessità, sino a contestare il nostro modo di fare, a mettere in discussione persino noi stessi. Non dobbiamo accontentarci, nè arrestare la ricerca solo perchè dobbiamo farci andar bene quello che abbiamo trovato. No. Ciò che hai trovato dovrà andar bene per te come tu dovrai andar bene per ciò che hai trovato. E' questo il risultato giusto della tua ricerca. In caso contrario, prendi la tua torcia e cerca altrove, senza mai arrenderti, anche quando la tua ricerca sembrerà fallimentare, soprattutto in quel momento non dovrai fermarti, perchè sarà allora che troverai qualcosa per cui varrà la pena di accendere la torcia e andare a fondo.

sabato 17 novembre 2012

L'amica dell'uomo.

Mi sento spesso l'amica degli uomini. Quella con cui gli uomini si raccontano, colei a cui chiedono consigli sulle proprie donne o per altre ragioni. Colei a cui si possono fare battute volgari seguite da una risata piuttosto che da una critica. Colei con cui puoi bere sino alla nausea o mangiare cioccolata sino alla comparsa di quel fastidiosissimo brufolo sulla fronte. Colei che ascolta i pensieri altrui per poi smascherarne solo una piccola parte dei suoi che restano ingarbugliati come un gomitolo di lana nella zona più intima e segreta del suo cuore, perchè quelle rare volte che ne ha consentito l'accesso ha visto uomini scappare via a gambe levate quasi come se stesse svelando il più atroce dei crimini mai commessi, allora si trattiene, fin quando le è possibile. Poi scoppia e al suo energico manifestarsi nuda senza barriere vedrà persone allontanarsi. Saranno sempre poche quelle che decideranno di restare. Allora forse questo ruolo da amica dell'uomo è quello che più mi si addice perchè così non scappa nessuno. Ci sarà nei momenti di gioia, di vittorie sudate, di attesi ed estenuanti traguardi. Ci sarà nei momenti di profonda delusione, di amare sconfitte, di lacrime che non smetteranno di scorrere al punto da farmi scoppiare, al punto da riuscire a farlo senza la paura che possa scappare. Ci sarà nel silenzio dinanzi ad un film dove l'unico rumore sarà quello dei pop corn sgranocchiati. Ci sarà in delle grasse risate in occasioni folli ed incredibilmente assurde.
Essere amica degli uomini non comporta implicazioni sentimentali ecco perchè il rischio di fuga si assottiglia. Lo metterai in chiaro dal principio che non dovrete mai vedervi sotto un diverso punto di vista. Ma laddove dovesse succedere vi sentirete colpevoli, come gli autori dei più efferati crimini. Quel patto di amicizia è stato violato, sebbene l'abbiate fatto inconsapevolmente, come qualcosa che man mano si accendeva in ogni gesto quotidiano, tra un sorriso e una lacrima, tra una parola e l'altra, mentre si sgranocchiavano pop corn in religioso silenzio dinanzi ad un film. Allora per non perdere tutto questo farete finta di niente. Per non sentirci soli saremmo in grado di fare qualsiasi cosa, anche amare in silenzio, rendendo mute urla che comprimeremo sino al tormento, bistrattando una parte di noi che nel fingere che non esista diventerà la nostra seconda vita, quella che nessuno a parte noi conoscerà. Perchè sebbene questo ci spinga al tormento, preferiamo un equilibrio precario, che vede tutti dentro e nessuno fuori, avere una metà piuttosto che niente. Dovremmo digerire di vedere quell'uomo che chiamiamo amico con una, con un'altra e un'altra ancora, dando consigli su come corteggiare una, un'altra e ancora un'altra. L'amica dell'uomo è oramai uno stereotipo e sebbene il ruolo possa assumere connotati diversi c'è una cosa che è comune: tendenzialmente l'amica dell'uomo è sola. A dire dell'uomo sarà la donna perfetta, quella donna forte abbastanza da mettere un uomo k.o., testarda, coraggiosa ma brillante, una donna estremamente coinvolgente di cui non si può non rimanere affascinati. Eppure quella donna è sola ed il pensiero di essere l'amica e la sorella che tutti vorrebbero le conferma la paura di non trovare mai braccia che possano offrirle un calore diverso da quello che si trasmette ad una sorella o ad un'amica.
Ma la verità è che abbiamo scelto di essere soli già nel momento in cui abbiamo assunto il ruolo dell'amica degli uomini. Quella ragazza modello, quella ragazza brillante che ha sempre il consiglio giusto a portata di mano, colei che è in grado di capire ogni suo singolo gesto. Ad un certo punto in un momento auto-celebrativo ti sentirai addirittura la donna giusta per quell'uomo, perchè in fondo altre al suo fianco come te non potrebbe averne. Ma la verità è che nonostante ti ricordi quanto sia bella, speciale, piena di vita, straordinaria in ciò che pensi e riesci a realizzare, sarai solo la sua amica. E quella lista dei pregi che ti si elencherà ogni volta diventerà per te un amaro contentino che comincerai a disprezzare, perchè in fondo è faticoso reggere il ruolo da amica modello, pronta ad offrirti una spalla, un rene o un polmone all'occorrenza, rimuovendo il pensiero che quell'amica modello è anzitutto una donna. E le donne si amano, soprattutto se a dire di quell'uomo saranno belle, brillanti e forti abbastanza, incredibilmente straordinarie da comprendere ogni singolo gesto. Quel ruolo che un tempo ti piaceva ma che poi avrai cominciato a sentir stretto. Quel ruolo che ti calza a pennello, che hai scelto quando vedevi cader giù come birilli quegli uomini con cui credevi di costruire un rapporto diverso, quel ruolo che credevi ti permettesse di non sentirti sola ed in effetti non lo sarai, mai. Non lo sarai eppure ti ci sentirai.
Ma nonostante tutto ti sarai convinta che questo è l'unico ruolo che ti si addice e forse va bene così.

venerdì 16 novembre 2012

Una metropolitana. Tante vite.

Un uomo sulla cinquantina. Una ragazza presumibilmente ventenne. Una donna anziana. Un ragazzo di colore con un borsone contenente merce di poco valore da vendere per sopravvivere.
Una metropolitana, uno dei massimi centri di aggregazione sociale, che vede ogni giorno e a qualsiasi ora entrare ed uscire persone dai vagoni, ciascuno con una propria storia da raccontare. Tante vite che si riuniscono in un piccolo spazio chiuso, per pochi minuti o un'intera tratta.
Un uomo sulla cinquantina intento a leggere il suo libro. Una ragazza presumibilmente ventenne che tenta sbuffando di sfogliare il manuale del suo prossimo esame. Una donna anziana con lo sguardo di chi torna dall'ennesimo accertamento ospedaliero ed intanto pensa a ciò che dovrà cucinare per il pranzo, per la cena ed anche per il giorno successivo, come fanno generalmente tutte le donne di una certa età. Un ragazzo di colore con gli occhi tristi che custodisce gelosamente un borsone contenente oggetti inutili e di scarso valore, ma che è la fonte della sua sussistenza. Successivamente entra una donna dalla folta capigliatura e dalla carnagione scura, indossando una camicia ed una minigonna che risalta le sue curve sinuose. Il volto totalmente plastificato, tipico di quelle donne che restano ancorate ad un tempo che però inesorabilmente scorre. Quelle donne che diventano di plastica perchè fanno fatica ad accettare che intanto la vita scorre, le rughe si moltiplicano e loro magari non avranno fatto niente di quello che sognavano in gioventù. Donne di plastica che saranno finte, che inganneranno gli occhi degli altri tranne di quelli più esperti, ma di certo non inganneranno il tempo. Quelle rughe potranno essere rimosse dal viso, ma dall'anima no, con quelle dovranno farci sempre i conti. 
Una donna ad ogni modo curata e dal bell'aspetto al punto da destare l'attenzione di tutti. In particolar modo dell'anziana donna che sarà stata invidiosa delle sue gambe e dell'uomo sulla cinquantina che tra una pagina e l'altra del suo libro alzava lo sguardo che inevitabilmente cadeva sulle gambe ed il fondoschiena della donna.
Quell'uomo di colore sedutomi accanto osservava il mio pacchetto appena comprato di Fruittella, che maneggiavo nervosamente mentre intanto tentavo nell'eroica impresa di sciogliere il groviglio di pensieri che porto sempre con me come chi porta a passeggio il suo cane. Fissa così tanto il pacchetto che scartatane una decido di offrirgliene una per poi regalargli l'intero pacchetto. Perchè quel pacchetto di Fruittella sarà stato anche un anti-stress per me, un modo dolce per digerire i pensieri, ma per quell'uomo dagli occhi tristi sarà stato un modo per capire che in fondo non è solo un mendicante, ma un uomo normale a cui gli si può offrire una caramella o più di una. Quegli occhi non erano meno tristi, ma sicuramente riconoscenti. Perchè il punto è che se facessimo anche solo un gesto al giorno di "solidarietà" verso un'altra persona, saremo tutti più felici. Perchè non è solo il cuore dell'altro a riempirsi di riconoscenza, ma anche il nostro. Ma purtroppo la nostra noncuranza verso chi ci è accanto e l'esagerata avidità ci rende protagonisti o spettatori di gesti impietosi, oltremodo imbarazzanti, come la sfrontatezza di una donna sulla quarantina che occupa un posto sul vagone per la nipote ventenne impedendo ad un signore anziano munito di bastone di sedersi, quasi come a dimostrare che l'educazione si è probabilmente fermata ai nostri nonni, e che se noi giovani difettiamo di educazione, di senso di solidarietà e rispetto è forse perchè abbiamo avuto pessimi insegnanti e pochi buoni esempi o addirittura nessuno. Se fossimo in grado di fare un buon gesto verso anche una sola persona ogni giorno, regaleremmo un sorriso a qualcuno e anche a noi stessi. Invece accecati dal menefreghismo spesso siamo in grado di offrire solo una lacrima. Una lacrima che potrà anche non solcare necessariamente il viso. Effettivamente quell'anziano con il bastone non l'ho visto piangere, ma ho immaginato che fosse il suo cuore a versare lacrime.
Una metropolitana in cui ascolti racconti di ogni tipo o semplicemente immagini pensieri. Non è stato difficile immaginare il pensiero di quell'uomo sulla cinquantina alla vista di quella donna dal viso plastificato, a lui sconosciuto perchè in effetti era di spalle e forse ha preferito immaginarla così.
Un groviglio di vite assuefatte o esageratamente stimolanti. Vite regolari o particolarmente folli. Vite felici o vite tristi. La metropolitana è il rumore o il silenzio di tutte queste vite, di parole raccontate, di pensieri immaginati tra il cigolio delle rotaie che ricorda che il vagone ci aspetta.

mercoledì 14 novembre 2012

Tu sei esattamente dietro la paura.

Viviamo di due chiacchiere davanti ad un caffè e di quattro passi.
Viviamo di se e ma, di magari, di forse, di non so.
Viviamo di approssimazioni perchè il definirci ci fa paura. 
Allora preferiamo due chiacchiere e quattro passi davanti ad un caffè di un bar del centro o di periferia perchè quello è l'unico modo che conosciamo per approcciarci a qualcuno. E' un modo che sterilizza un equilibrio precario che non comporta alcun rischio, perchè potremmo dire in ogni momento che in fondo era solo un caffè, si trattava solo di due chiacchiere e quattro passi. Siamo in qualcosa da cui potremmo uscire in ogni momento e senza troppe complicazioni, perchè siamo dentro ma non fino in fondo.
Abbiamo timore di raccontare certezze, a noi quanto agli altri. Allora riempiamo le frasi di ma, di se, di forse e può darsi e alla domanda di qualcheduno che avrà capito che il nostro è un vano tentativo di nascondere verità che fingiamo non esistano rispondiamo "Non so". 
Approssimiamo qualsiasi cosa. Approssimiamo un impegno importante, un dolce appuntamento, intere relazioni. Intere relazioni vissute approssimativamente fra se, ma, magari, può darsi e non so. Relazioni così approssimative che finiscono per donarci poco eppure quando finiscono saremo delusi. Una delusione che scaturirà più che dalla rottura, forse proprio dall'avere un'idea approssimativa dell'altro che finisce per proiettarsi su di noi. Approssimiamo anche noi stessi. Non siamo mai in grado di dare risposte esaustive, di restare in silenzio per qualche minuto ad ascoltarci, ad assaporare la profondità di quelle verità che fingiamo di non conoscere ma che in realtà pullulano dentro di noi come fossero urla che rimbombando in delle fitte caverne generano echi dall'insolita intensità. Non siamo mai in grado di mandare all'aria le due chiacchiere e i quattro passi e decidere di farne qualcuno in più se è quello che sentiamo veramente. Non siamo in grado di definirci per paura di rischiare tuffi nel vuoto che possano scaraventarci sull'asfalto. Non siamo in grado di non ragionare per approssimazioni, perchè forse l'esperienza ci ricorda che quando abbiamo rischiato tutto in un lavoro, in un'amicizia, in un passo giudicato importante, in un amore che credevamo eterno, tutto è stato considerato da altri approssimativo. Allora forse abbiamo cominciato a farlo anche noi. Abbiamo cominciato ad essere gli unici conoscitori del nostro stato, dei nostri pensieri ed anche delle nostre passioni. Abbiamo imparato a rispondere alla domanda "come stai" semplicemente con un "tutto bene, grazie", nonostante talvolta in quel tutto ci sia niente, in quel bene ci sia male, in quel grazie ci sia "a nessuno importa". Ma l'interlocutore spesso se lo farà bastare. Spesso sarà uno come tanti che vive di approssimazioni. Allora ad un disinteressato ciao, come stai, non può che aspettarsi un disimpegnato tutto bene grazie, perchè in fondo sebbene vorresti urlargli la verità probabilmente non riuscirebbe a comprenderla.
Ma vivere di approssimazioni ci rende piccoli pezzi che spesso non riusciranno a coordinarsi. Ci rende asettici ed indefiniti. Quindi forse prima di continuare a vivere nell'approssimazione di noi e dell'altro, tra sogni e passioni che restano muti, tra le due chiacchiere ed i quattro passi che racconteranno di un numero indecifrato di se, ma, magari e può darsi, dovremmo fermarci e capire cosa rischieremo nel definirci troppo. La verità è che l'unico rischio è di apparire completamente noi stessi, con la nostra fragile nudità che ci imbarazzerà, che ci renderà più esposti al rischio di delusioni forse, ma quella fragilità così nuda e così umana sarà vera, e quel rischio potrebbe condurci tanto ad una delusione quanto invece ad una vittoria. Se non ci mettiamo in discussione, se non diamo aria ai nostri pensieri, se non facciamo scoppiare il nostro cuore come palloncini, non lo sapremo mai. E rimarremmo lì, in quel bar del centro a fare quattro chiacchiere, a fingere di star bene nonostante il proferire di parole rigidamente programmate ma non sentite, ma perchè? Per paura. Paura di cosa? Di soffrire, di star male, di rimanere delusi? No, questo è secondario. Abbiamo paura della paura stessa. E' questo il più grande paradosso. Paura di quanta paura faccia l'essere messi nudi e fragili dinanzi al nostro essere. Ma che senso ha aver timore di qualcosa che fa parte oramai di noi e che non possiamo scacciare? Paura di amare, paura di restare in silenzio e che sia il nostro cuore a parlare a qualcuno, paura di fare progetti che temiamo siano avventati o semplicemente troppo grandi per noi. Paura di un tuffo nel vuoto. Paura di mettere in discussione una vita che ci sta stretta. Paura di capovolgere i piani e ricominciare da capo. Paura. Ma tu dove sei? Tu sei esattamente dietro la paura. Perchè sebbene la paura ti si anteporrà fingendo che tutto quello che temi non esista, in realtà sarà sempre con te, come cartoni sigillati messi in un angolo ad aspettare. Ed in questo conflitto tra ciò che c'è in quei cartoni e ciò che ti impedisce di aprirli prima o poi dovrai decidere sul da farsi, cosa vuoi scacciare. Ma il punto è che quello che hai depositato in quei cartoni sigillati non potrà mai essere scacciato, sebbene te ne convincerai, quei cartoni saranno sempre lì a reclamare la loro apertura. Ma la paura sì, quella la si può scacciare. Allora vinta la paura, scaraventata sull'asfalto, pestata per far sì che non possa più prendere il sopravvento, ci sarai tu con il tuo amore, il tuo cuore che batte, i tuoi grandi progetti, la tua incantevole passione.
Scacciata la perfida nemica rimani tu. Dopo di che, vola!

martedì 13 novembre 2012

Tra un inizio e una fine c'è una vita.

Si dice che ciascuno abbia una sola vita.
Ognuno di noi nasce. Cresce. Da bambino diventa adolescente. Da adolescente diventa ragazzo. Da ragazzo diventa adulto sino a diventare anziano per poi spegnersi.
Ognuno di noi ha una sola vita, per questa si invita a non sprecarla.
Ma il lungo processo che dalla nascita porta alla morte io non la chiamo vita, ma esistenza.
L'esistenza è unica, le vite possono essere tante come non esserci affatto.
Viviamo ogni volta che siamo posti dinanzi ad un nuovo inizio. Un inizio che sarà come una nascita. Tutto inizia con la rottura delle acque che sarà come quel qualcosa che decideremo di rompere o che si romperà non per nostra volontà. Quel che conta è che oramai qualcosa si sarà rotto. Si rompe un legame di amicizia, un amore, un rapporto lavorativo. Si rompono gli schemi in cui ci saremo quotidianamente imprigionati. Si rompono idee, sogni spazzati via dall'alta marea, programmi che d'un tratto perderanno la loro stabilità. Anche la speranza, anche quella si rompe. Allora quando si rompe tutto questo ci sarà l'esigenza di ripartire da zero, cominciare da un punto di partenza diverso dal precedente. Dovremo iniziare una nuova vita. Dovremo rinascere. Non sarà facile. Le nascite sono belle ma dolorose, accompagnate da strilli quasi ancestrali e continue spinte. Talvolta nonostante gli sforzi faticheremo ad uscire. Ma il tutto si calmerà con la voce dell'ostetrica che dirà "E' nato". Ce l'abbiamo fatta. Siamo nati. Avremo un nuovo amico, un nuovo lavoro, un nuovo amore. Ci saremo liberati dalla routine che quotidianamente ci rendeva schiavi. Siamo finalmente anime libere che hanno riconquistato passione e speranza. Allora cavalcheremo l'onda, quell'onda che ci terrà al riparo dalle intemperie, quella stessa onda che talvolta ci farà cadere.
Ma quando cadiamo e riusciamo a ricavalcare la stessa onda che ci aveva condotto sul fondale o anche una diversa, viviamo. Anche questa rappresenta una nuova vita.
Come è vita il fallimento. Spesso capita di attribuire al fallimento un'accezione negativa, ma non è sempre così. Spesso ci sono cose o persone che ci ricordano quanto siamo stati bravi o quanto invece abbiamo fallito. Ma nel momento stesso in cui falliamo sottovalutiamo che intanto abbiamo vinto una cosa importante: una nuova vita. Perchè non è esatto dire che ad una fine seguirà un inizio, è la fine ad essere allo stesso tempo un inizio. Ma spesso non ce ne accorgiamo perchè troppo chiusi nel dolore per quella fine che speravamo non arrivasse mai. Ed invece nel frattempo, quando pensavamo di aver solo fallito, in realtà stavamo vincendo. Stavamo vincendo una nuova vita. Una delle poche o delle tante altre da includere nella nostra esistenza. Non si può conteggiare a priori quanti inizi e quante fini avremo, quante volte saremmo costretti a morire per poi rinascere. C'è chi lo fa di continuo senza accontentarsi mai. C'è chi lo fa solo se messo alle strette. C'è chi addirittura non l'ha mai fatto. Non ha mai sofferto, nè gioito abbastanza. Non ha mai avuto delusioni, fallimenti, nè appaganti vittorie. Ha vissuto passivamente ciò che per strada gli capitava come preda di eventi di cui non si è mai domandato il come ed il perchè. Esiste, ma non vive.
Allora forse la cosa importante non è quante vite riusciremo ad inserire il quel lungo processo chiamato esistenza, ma il modo in cui lo faremo. Dovremmo cercare di riempire sempre ogni spazio vuoto, di far coincidere ogni fine con un nuovo inizio. Così avremo vite, non intervallate mai da sterili esistenze. Cicli da raccontare, cicli che comporranno un pezzo di noi. 
Ed ogni ciclo, anche quello apparentemente insignificante, servirà a spiegare quello seguente.
Perchè tra un inizio e una fine si comporrà una vita.

lunedì 12 novembre 2012

Elogio a chi resta e lascia andar via.

" C'era una volta un musicista. Era pallido in volto, emaciato, longilineo, dall'aspetto trasandato. Non gli importava cosa la gente potesse dire della sua apparenza, ma gli interessava soltanto colpire per il suo talento. Suonava il violino, l'unica fonte di sollievo. Era come se il vibrare di quelle corde lo trasportasse in una dimensione irreale. D'un tratto il suo volto diveniva di un improvviso rossore. Al suono di quello strumento era come se il suo essere trasandato, uomo di strada e dal destino incerto non importasse più a nessuno. In piedi, in posizione eretta, al vibrare di quelle corde incantava chiunque si trovasse a passare, in una stazione, su un marciapiede, in un qualche angolo di strada. Quel suono era così dolce, intenso, magnetico che non poteva far altro che attrarre i passanti. Alla fine avrebbe guardato il cappello capovolto e avrebbe contato solo pochi spiccioli, o qualcosa in più. Tutto dipendeva dalla giornata. Ma a lui non importava. Interessava soltanto sentirsi come solo il suono del suo violino lo faceva sentire, anche in una fredda e piovosa giornata dove raro era il passaggio di qualcheduno che per spirito di solidarietà avrebbe onorato il suo talento con qualche misero spicciolo. Lui ed il suo violino erano una cosa sola. Quell'uomo non avrebbe mai immaginato la sua vita senza il suo violino che portava sempre con sé. Lo abbracciava durante la notte, soprattutto quelle più fredde quando l'involucro del cartone in cui si trovava a passare la notte non bastava a causa del freddo così pungente da perforargli le ossa, eppure quel violino gli emanava calore. 
Ma una mattina si svegliò e non trovò più accanto il suo violino. Lo cercò ovunque ma sembrava quasi essersi dissolto. Quel giorno il suo volto appariva ancor più pallido del solito. Quanta tristezza in quegli occhi. Quanta rabbia mista a dolore vomitò. Quel violino, l'unica fonte del suo sollievo, quel violino che lo aiutava a superare le nottate più fredde, quel violino con cui componeva le melodie più dolci e poetiche mai sentite, quel violino che era fonte del suo sostentamento, non c'era più. E mentre vomitava dolore si sentiva niente. 
Quell'uomo adesso era solo, con lo sguardo perso nel vuoto. Ma d'un tratto decise di asciugare le lacrime che scorrevano sul suo volto e con la dignità di chi sa cosa significa perdere tutto e ricominciare da capo decise di andare comunque incontro alla folla, pur essendo sprovvisto del suo strumento.
Si dice che quel giorno sia avvenuto qualcosa di straordinario. Lui che non aveva mai proferito parola se non al suo violino cominciò a recitare poesie. E si dice che ancora lo faccia racimolando qualche misero spicciolo perchè con il suono delle sue parole riesce ad attirare comunque i passanti. Quelle poesie sono come urla di dolore verso un passato che non può più tornare. Poesie intrise di una vena malinconica che racconta di un amore e di una passione che sebbene non ci possano più essere, nel cuore scalpitano e sono ancora vivi come il primo giorno. Poesie che raccontano di un uomo che nonostante tutto ha avuto voglia di ricominciare da capo non avendo niente, se non se stesso. E si dice che oggi sia ancora lì ad incantare i passanti. "

Lasciar andare è la cosa più dolorosa che un uomo possa fare. Eppure in certi momenti è chiamato a farlo. Sarà la presenza fisica a mancarci più di tutto. Talvolta ci ostiniamo a conservare le cose a cui teniamo in uno scrigno per evitare che queste si lascino trasportare dalla forza del vento, andando via da noi. Ma spesso capita che certe cose non possono essere custodite perchè scopriremo, aprendo lo scrigno, che intanto si sono seccate, mancando di quella lucentezza che le rendeva speciali ai nostri occhi. Forse se non fossimo stati così egoisti, se avessimo lasciato che quelle cose fossero trascinate dalla forza del vento, quella lucentezza non l'avrebbero persa e noi le avremmo ricordate per sempre così. Perchè era ricordarle in quel modo che le rendeva così speciali ai nostri occhi al punto da volerle preservare a tutti i costi e vomitare dolore per la loro assenza. C'è un momento in cui l'uomo deve dimostrare la sua capacità di amare. C'è un momento in cui l'uomo è chiamato ad essere tale. C'è un momento in cui non dovrai dimostrare di essere forte agli altri, ma maturo abbastanza per te stesso. C'è un momento in cui dovrai lasciar andare piangendo lacrime amare, avvertendo una mancanza che a tratti ti renderà vuoto. Non si parla di fare la cosa giusta. E' sempre ingiusta una mancanza, ingiusto il dolore che vomiteremo, ingiuste quelle lacrime che ci solcheranno il viso. Ma sarà umano. 
Allora come quel musicista ha cominciato a recitare poesie mantenendo il dolce ricordo del suo violino nel cuore, così dovremmo fare anche noi. Ricominciare dal niente per ricostruire tutto, ammettendo che quella mancanza non sparirà mai, albergherà sempre dentro di noi. Ciò che per amore, devozione, premura riusciremo a lasciare andar via resterà con noi e forse grazie alla sua lucentezza mantenuta, grazie al fatto che non si sia seccata, ritornerà. 
Sarà il tempo a dircelo. Quel tempo che apparirà come una scatola vuota all'inizio, ma che andando avanti si riempirà di risposte a quelle domande che inizialmente sembravano tormentarci come un disco rotto.
Quel tempo che attutirà la mancanza lasciandone sempre l'alone, come il violino per quell'uomo. 
Ma quel ricordo, così intenso e nitido, ci regalerà sempre un sorriso. Quel ricordo sarà come una bella nota tra tante insignificanti o addirittura stonate. E dovremmo solo ricordarci di quanto siamo stati fortunati ad ascoltare il suono di quella nota, che riesce a renderci vivi anche solo con il suo ricordo. E' questo il senso dell'eternità, forse.

sabato 10 novembre 2012

Una fotografia. Un posto nel mondo.

Questa foto non è soltanto una foto. 
Se fosse così vedremmo solo due piccioni "beccarsi" su una ringhiera. La Torre Eiffel sullo sfondo. 
Ma come tutti i prodotti di un artista, che sia un film, una danza, una canzone, un romanzo, anche una semplice fotografia, racconta qualcosa che va al di là di due piccioni che si beccano su una ringhiera parigina e la Torre Eiffel sullo sfondo. E' il trionfo di un'unione perfetta.
Racconta di quanto sia bella la semplicità di un gesto. Di quanta bellezza ci si in due corpi che si uniscono come se tutto il resto non contasse. E' come se i piccioni rappresentassero due amanti che si sono cercati a lungo per poi ritrovarsi su di un'insolita ringhiera. Racconta di due amanti a cui è bastato avvicinarsi per fermare il tempo che inesorabilmente scorre. Eppure la loro unione è così ferma, così voluta, così semplice, così genuina, che è come se il tempo si fosse fermato. Il tempo in uno scatto si è fermato.
Racconta di un piccione dalle piume bianche ed uno dalle piume più scure che nonostante la diversità si dicono con una vicinanza quasi simbiotica nonostante manchi la perfetta unione dei corpi quanto siano stati fortunati a ritrovarsi, e quanta voglia abbiano di amarsi. C'è un punto nel mondo in cui qualcuno incontra qualcun'altro e si assiste al ritrovamento di due anime perdute, diverse ma così vicine, che non potranno fare a meno di godere della loro bellezza riflessa nella luce e nello sguardo dell'altro. Esiste un posto nel mondo dove due anime perdute si incontreranno e capiranno il perchè si siano sempre sentiti persi e sbagliati per chi giungeva nella loro vita per poi andar via girando le spalle. Lo capiranno nel momento in cui si guarderanno negli occhi perchè avvertiranno una sensazione di pace e di pienezza. Allora si uniranno, in un bacio, in una carezza o in un semplice sguardo. Si beccheranno come questi due piccioni, trovandosi esattamente sotto la Torre Eiffel, nella città più romantica al mondo. Ma non l'hanno fatto apposta. Questa non è una perfezione voluta e studiata nel dettaglio. Questa perfezione è venuta così, spontaneamente. In questa foto non c'è la Torre Eiffel e lì un angolo come un minuzioso dettaglio due piccioni che si baciano, ma ci sono due piccioni che si baciano e la Torre Eiffel che fa semplicemente da cornice a quest'unione. 
C'è un posto nel mondo in cui due anime si ritroveranno in una sincronia, in una complicità quasi imbarazzante, in un'unione così perfetta da sembrare studiata. 
Quelle anime perdute sono perfette e lo sono al punto tale da rendere perfetto lo scatto, perfetta la collocazione, perfetti i colori di quella che in fondo è semplicemente una fotografia. 
C'è un posto nel mondo che aspetta l'incontro di due anime perfette. E quando queste si incontreranno si troveranno nella città più romantica al mondo, in una posizione perfetta, esattamente sotto la Torre Eiffel, pur trovandosi altrove. Perchè la perfezione è data da quei corpi che si uniscono, in maniera dolce, candida, genuina, nemmeno troppo vicini, per paura di scoprirsi troppo. Saranno sempre lì, in quel posto del mondo, in quel posto perfetto, che sarà solo una perfetta cornice a quell'unione perfetta che da sola sarebbe già bastata, che renderà solo più scenografico il ritrovamento di due anime perdute che insieme raggiungeranno la perfezione.
Lì, in quel posto nel mondo, gli orologi si fermeranno per dar tempo a due anime perdute di ritrovarsi per poi unirsi in quell'immacolata perfezione.

venerdì 9 novembre 2012

Le stazioni.

Io le stazioni le detesto. Detesto le rotaie che con il loro cigolio è quasi come se ti dicessero "Sono arrivato". Quel cigolio che ti ricorda che devi salire se non vuoi perderlo. Detesto quei tanti o pochi vagoni messi insieme come se uno non bastasse a far salire tutti. Detesto il tabellone che segna gli unici orari in cui puoi partire. Come se avessi sempre delle scadenze da rispettare che riducono la tua libertà di agire.
Detesto quando il treno fa ritardo. E' come quando stai aspettando qualcosa da tanto, troppo tempo, e sei impaziente. Non ce la fai più a sostenere questa lunga attesa.
Detesto quelle lunghe attese alle stazioni, tra la folla che si lamenta, ascoltando le voci di chi lamentandosi dell'inefficienza del servizio non opta mai per un mezzo alternativo.
Detesto quelle corse per salire su un treno in partenza. E' come se dovessi sempre correre, gareggiare con qualcun'altro per ottenere ciò che vuoi, senza mai darti il tempo necessario per capire se veramente ti va di salire sul treno diretto a Roma, o preferisci andare a Torino.
Detesto quando le porte ti si chiudono in faccia una volta che sei arrivata ad un passo dal salire sul vagone, con il fiatone, con il cuore che oramai ti è arrivato in gola. Come quando la vita ti chiude le porte in faccia nonostante gli sforzi profusi e tu non puoi far niente per fare in modo che questo non accada, se non rimboccarti le maniche e sperare in tempi migliori, recitando in mente quel famoso detto che ti dice sempre tua madre "Ogni impedimento è giovamento". Lo fai per dovere verso te stessa, nonostante gli occhi lucidi e l'anima che si svuoterà in un sol colpo alla chiusura di quelle porte.
Detesto aspettare il treno successivo. Non sai mai quando arriverà e potresti rischiare di dormire addirittura in stazione.
Detesto i treni in partenza, anche quelli che arrivano. C'è un ricambio di gente che sale e scende da quei vagoni, persone che saranno come numeri, senza volti, senza un nome, che tu per la fretta non ricorderai, perchè tutti salgono e scendono dai vagoni velocemente, strusciando le loro spalle con le tue senza nemmeno guardarti in faccia e chiederti scusa. Come quando le persone decidono di entrare nella tua vita velocemente e con la stessa rapidità decidono di uscirci, come quando se ne vanno girandoti le spalle e dopo qualche tempo avrai difficoltà a ricordare persino il loro volto.
Le stazioni sono tristi.
Le stazioni vedono gente andare via e non tornare più indietro.
Le stazioni vedono gente salutarsi e proseguire su due diversi binari, paralleli, che non si incontreranno mai.
Le stazioni possono essere il peggior centro degli addii.
Ti piazzano il Mc Donald's, Spizzico, negozietti vari in cui poter acquistare souvenir del posto solo per distoglierti dai pensieri. Ti farai un giro tra i negozi nell'attesa, mangerai un panino ipercalorico, oblitererai il tuo biglietto e salirai su quel treno. Salirai su quel treno che ti porterà altrove. Ti condurrà a casa o in un altro posto. Non penserai che intanto stai dicendo addio ad un'altra parte di te.
Ci penserai solo quando avrai sistemato il bagaglio, quando ti sarai seduta cominciando a guardare fuori dal finestrino tutto quello che stai lasciando, che ti passa dinanzi agli occhi velocemente, senza aver tempo di soffermarti sui dettagli. Il treno in corsa te lo impedisce. Lì penserai che il giro per i negozi ed il panino ipercalorico che hai mangiato nell'attesa sono serviti a distrarti ma tu, in quella triste stazione, stavi dicendo addio a qualcosa. Ogni giorno c'è un treno che parte ed un altro che arriva. Ogni giorno è giusto per poter prendere un treno e dire addio a qualcosa, a qualcuno, ad un pezzo di noi. Gli addii sono dolorosi anche quando li vogliamo per il nostro bene, perchè archiviano una parte di noi oramai passata che non potrà più tornare. Alcuni dicono che l'importante sia prendere il treno giusto. Come si fa? Chi ci dice se un treno sia giusto? Nessuno. Dovremmo fidarci del nostro istinto. E più la strada sembrerà tortuosa, più il vociare di chi intanto ci critica sarà intenso, più significa che stiamo facendo la cosa giusta. Prendi quel treno. Te ne accorgerai solo così se sarà quello giusto o meno. Potrai sempre scendere dopo sole poche fermate. Ma se il tuo cuore, una volta sul treno, ti dirà di proseguire, arriva fino in fondo e vai anche oltre. Scendi solo quando si ferma al capolinea e se lo riterrai opportuno sali su un altro treno, e ancora un altro. Prendi tutti i treni che vuoi, tutti quelli che ti porteranno dove hai scelto di andare per creare un pezzo di te. Ricorda che ogni volta che salirai su quel treno stai dicendo addio ad una parte di te, ma allo stesso tempo ne stai creando un'altra. Magari più piccola, o forse ancora più grande. Ma alla fine di tutto, tra treni persi, treni presi in corsa col fiatone, attese lunghe ed estenuanti, persone che salgono e scendono incuranti di te o ostruendoti il passaggio, ti sarai creata. Ogni addio sarà un pezzo di te che se ne va, un altro pezzo che comporrai. Alla fine sarai tu.

mercoledì 7 novembre 2012

Il cervello chiede spiegazioni al cuore.

Cervello: " E così la volta scorsa mi hai liquidato in quel modo così arrogante. Pensi sempre di sapere tutto..."
Cuore: " No, ti correggo. Voi cervelli PENSATE. E spesso avete la presunzione di pensare di saper tutto."
Cervello: " Mi hai colto di sorpresa con quel giochetto malvagio. Voi cuori siete più bravi in questo genere di cose. Il rosso, il verde, il blu, il bianco. Mi hai rimbambito. Mi sono sentito obbligato a rispondere senza poterci pensare troppo. Ecco perchè ho fallito. Non ero pronto. "
Cuore: "Ecco. Tipica espressione da cervelli. Voi cervelli odiate essere colti di sorpresa. Anche un semplice invito lo trasformate a volte come fosse quasi un obbligo, un' imposizione. Non chiudete mai gli occhi lasciandovi trascinare da quello che vi sta accadendo. Dite di non essere pronti, ma non andate mai in ferie. "
Cervello: "Ancora con questa storia di chiudere gli occhi. Io sono un cervello. Non ho gli occhi."
Cuore: "Ti sbagli. Tutti abbiamo due occhi. Io che sono cuore, anche tu che sei un cervello. Ma siete così abituati a non chiuderli mai che talvolta vi dimenticate di averli. "
Cervello: "E se allora la tua teoria fosse valida, se veramente avessi gli occhi anch'io, a cosa servirebbe tenerli chiusi? Ne ho sentito parlare. Sono cavità che contengono due specie di biglie, un tantino forse più grosse. Sì ho capito di cosa parli. "
Cuore: "Sì, due cavità contenenti due specie di biglie un tantino più grosse forse, più o meno sono così. Ma non dobbiamo aprirli per forza, possono anche chiudersi. Si chiudono per esempio quando sei stanco. Ma non parlo solo di quella stanchezza fisica dopo una dura giornata che ci spinge a chiuderli per fare una bella dormita. A volte puoi chiuderli anche quando sei stanco di recepire costantemente informazioni che metterai una sull'altra come una pila di fogli da consultare all'occorrenza. Voi cervelli lo fate di continuo. Avrete sempre gli occhi aperti. Guarderete un paesaggio. Vi soffermerete su di un dettaglio. Una rosa. Ecco. Quella rosa è appena sbocciata. E' bella. E' rossa. Ha tante spine. Stop. Non andrete mai oltre quel bocciolo di un rosso intenso che potrà invece farvi immaginare tutt'altro. Eppure una rosa, il colore rosso, delle spine, possono raccontare tanto. Basta un po' di immaginazione. Ma voi siete settoriali. Vi basta l'oggettività e incasellerete quei dati scarni e privi di ogni emozione da qualche parte per poi utilizzarli quando rivedrete altrove un'altra rosa, magari rossa, magari con molte spine. Ma non è questo che ti biasimo. In fondo voi cervelli siete nati per questo, è questa la vostra funzione e non ti sto dicendo di "rubare" il lavoro di noi cuori. Ma quello che non riesco a capire è come fate a tenere sempre gli occhi aperti. Non siete mai stanchi di guardare?
Cervello: "E' una domanda che non mi sono mai posto. "
Cuore: "Ecco vedi? E' raro che voi vi facciate domande di questo tipo. Vi domanderete perchè una rosa è rossa, perchè ha tante spine, ma di rado capita se avrete veramente voglia di ammirarla.
Noi cuori abbiamo il problema inverso. Spesso capita di non voler guardare. Chiudiamo gli occhi.
Ma sai cosa succederebbe se noi cuori decidessimo di aprirli sino a spalancarli e voi cervelli decideste di chiuderli? "
Cervello: "No. Non lo so. Forse la rosa appassirebbe? "
Cuore: "Quando il cuore apre gli occhi ed in contemporanea il cervello li chiude, sai come si chiama ciò che accade? Si chiama felicità. Si chiama essere se stessi. Che poi equivale a dire la stessa cosa. "
Cervello: "Ne ho sentito parlare di questa felicità ma credo di non averla mai conosciuta. Forse una volta ci siamo presentati. Non ricordo. "
Cuore: " Se non ti è mai successo di chiudere gli occhi mentre io invece li aprivo in contemporanea forse avrai incontrato qualcosa di affine. Ma lei in persona mai. "
Cervello: "Ma allora perchè mi stai dicendo questo? Se sapevi come fare perchè non me l'hai detto prima?"
Cuore: "Perchè io e te non riusciamo a comunicare. Non parliamo mai. Il nostro linguaggio è diverso. Il tuo è oggettivo, matematico, incasellante, tendente ad una raccolta di dati. Se qualcuno non parlerà tu non ascolterai niente. Se non ci sarà una musica in sottofondo tu non percepirai alcun suono. Nel silenzio non troverai risposte. Il mio è il linguaggio dell'anima. Un linguaggio che non ha regole. Un linguaggio che oggi è in  un modo, domani ne sarà un altro. Un linguaggio che in grado di percepire risposte nel silenzio, ascoltare parole anche quando non ci sarà nessuno ad emetterle, in grado di lasciarsi cavalcare sulla scia di una dolce sinfonia anche quando in sottofondo non sarà trasmessa alcuna melodia. Una rosa non sarà mai una rosa e basta. Una rosa sarà un invito, una passione, un incontro, un amore appena sbocciato, una voglia da soddisfare, un desiderio inconscio. "
Cervello: "Ma allora se il problema è che io e te non parliamo mai, perchè adesso invece lo stiamo facendo?"
Cuore:" Ecco, vedi. Questa è la tipica domanda da cervello. Vi chiedete sempre il perchè delle cose anche prima di cominciare un qualcosa. Anteponete all'azione in corso di svolgimento o, ipotesi ancora peggiore, ancora da iniziare le conseguenze del vostro agire. Rilassati, almeno stavolta. Adesso stiamo parlando e questo ti deve bastare. Così facendo sottrai già un granello di sabbia. Un granello di felicità ".

martedì 6 novembre 2012

Gioco tra cuore e cervello.

- Sono cuore. Sono istinto. Sono anima. Tu chi sei?
- Sono ragione. Sono cervello. Sono corpo.

- Facciamo un gioco.
- Che tipo di gioco?

- No tranquillo non si tratta di uno di quei giochi da quiz televisivo di Teo Mammuccari.
- Ah meno male, cominciavo a preoccuparmi.

- Si tratta di qualcosa di "cervellotico ma irrazionale" al tempo stesso.
Dico una parola. Una qualsiasi. A turno diremo cosa proviamo. Cerca di chiudere gli occhi prima di cominciare.
- Ma io sono un cervello come faccio a chiudere gli occhi?
- Ehm... Volevo dire insomma... cerca di concentrarti. Cominciamo.
- Vai spara.

-Rosso.
Cervello: "Una rosa. Una coperta. Un rossetto"
Cuore: " Un tramonto. Due amanti. Sesso. Intrigo. Passione. "

-Blu.
Cervello: " Ehm... Le tende. Le tende della casa di fronte sono blu. "
Cuore: " Mare. Cielo. Libertà. L'amicizia. L'amicizia è blu. Perchè è profonda come il mare. Basta alzare gli occhi al cielo e lei c'è sempre. L'amicizia ti rende leggero, come un innato senso di libertà. "

- Verde.
Cervello: "Una foglia. Gli occhi che ho incrociato stamattina in un autobus. Erano di un verde intenso."
Cuore: " Speranza. Successo. Sintonia. Complicità. Quegli occhi incrociati stamattina su quell'autobus raccontavano questo. "

- Amore.
Cervello: "Due persone che escono insieme, si piacciono, decidono di condividere la loro quotidianeità. "
Cuore: "Il risveglio di un'anima. Un'alba. Un silenzio pieno di parole. Uno sguardo che in un colpo solo si colora di rosso, di blu, di verde. Un bisogno che hanno tutti ma che solo pochi ammettono di avere. Un respiro che vuoi a tutti i costi ascoltare. Sofferenza. Quella nera dalle venature rosso fuoco. "

- Vita.
Cervello: "Due corpi che si uniscono. Un altro che nasce. "
Cuore: "La vita è bianca. La compenetrazione di tutti i colori. La vita è amore, passione, intrigo, sesso. La vita è verde come la speranza ed il successo, nera come la delusione e la paura. La vita è sbagliare, alzarsi e ricominciare. La vita è sbagliare, sbagliare, sbagliare. Esperienza, esperienza, esperienza. La vita è un'alba e un tramonto. La vita è mai dire mai. La vita non è mai un se o ma. La vita è camminare, correre, fermarsi solo dopo essersi fatti venire il fiatone. La vita è una partenza e un ritorno. La vita è andare e venire. Sapere andare via quando avverti non ci sia più spazio per te. La vita è un rincorrersi. Un perdersi. Un ritrovarsi. La vita è un'attesa che svanisce con un sorriso o con un cuore spezzato. La vita è correre e schiantarsi per poi raccogliere i pezzi. La vita è un camino acceso. Un abbraccio. Una parola. Un gesto. Un sorriso. Un ... "
Cervello: " Ehi, ma basta ... ho capito, sì. Volevi dire che la vita è bianca, perchè il bianco è la compenetrazione di tutti i colori dell'arcobaleno. Volevi intendere quanto la vita sia così piena che è così difficile spiegarla nel dettaglio. "
Cuore: " No. Non hai capito. Volevo dire che la vita sono io. Sei tu a renderla così complicata. "

Quando le persone scompaiono.

Un mattino ci alzeremo e quel post it attaccato al frigorifero con la lista delle cose da fare sarà scomparso.
Qualcuno l'ha rimosso.
Oppure l'hai gettato tu e non te ne ricordi.
Un mattino ci alzeremo con l'intento di indossare un paio di scarpe che avevamo accantonato nel ripostiglio ma non le troveremo. Scomparse.
Un mattino ci alzeremo e non riusciremo più a trovare il libro che era stato accantonato lì mesi prima. Scomparso, nel nulla.
Un mattino ci alzeremo e la penna utilizzata il giorno prima per scrivere la lista della spesa sarà scomparsa. Eppure l'avevamo lasciata sulla scrivania. Non c'è. Sparita.
Come sarà sparita la lista della spesa.
E quella foto di infanzia lasciata in fondo al cassetto dov'è? La cerchiamo. Ovunque. Anche dove ricordavamo di non averla messa. Eppure non ci sarà. Sparita anche quella.
Un mattino ci alzeremo con l'intento di fare colazione con l'ultima merendina rimasta prima di andare a fare la spesa. Apri lo scomparto e non ci sarà. Eppure ti ricordavi che ce ne fosse almeno una. L'ultima. No non c'è.
Un mattino ci alzeremo e di lui avremo solo un ricordo. Vago o limpido cosa importa. Avremo solo il ricordo. Scomparso. Sì scomparso completamente. Non un messaggio, non una telefonata, non un messaggio in segreteria, un bel niente. Scomparso. Scomparso come una penna, la lista della spesa, il post it attaccato al frigorifero. Scomparso come le foglie ingiallite che cadono, che ci ricordano di quanto sia vicino l'inverno. Scomparso.
Ti tormenterai. Ti chiedi più e più volte cosa c'è stato che non sia andato. Che terribile crimine avrai mai commesso ai suoi occhi. Cosa c'è stato di così tremendo da provocare la sua improvvisa sparizione che dentro di te hai avvertito come un track track track puff sbang, come quando un bicchiere casca e si rompe in mille pezzi. Forse non te ne sarai presa cura abbastanza. Succede questo quando trascuriamo la cura per l'altro. Oppure doveva semplicemente accadere. Si è allontanato così, di punto in bianco. Sparito. Senza lasciare che ricordassi la sua voce. Sarà l'ennesimo nome senza volto. Eppure ti chiedi il perchè. Ti chiedi il perchè di questo silenzio angosciante che ti lascia smarrita.
Non c'è un perchè. L'unico perchè è che ad un certo punto le persone scompaiono e per quanto tu possa star male, per quanto possa sperare in un loro segnale di fumo, per quanta cura tu gli abbia dato, non ci sarà un perchè. E noi andremo avanti. Da soli. Andremo avanti sperando inconsciamente che un giorno possano provare il tuo stesso senso di impotenza e smarrimento dinanzi alle improvvise scomparse che ti lasciano attonita, muta, impietrita. Andremo avanti e un giorno forse saremo noi che decideremo di sparire, lasciando altri attoniti, muti, impietriti. Per auto-difesa, perchè avremo imparato a farlo o semplicemente perchè è la vita, come un ciclo.

lunedì 5 novembre 2012

Quando due corpi si scontrano solo per avvertirne la presenza.

Ti accendi. Ti bruci. Ti spegni.
Lo fai la prima volta. Senti che ti piace. Senti di non aver provato niente se non ciò che c'è stato. Niente che si ripeterà. Niente che ti farà palpitare il cuore quando il cellulare squillerà. Niente. Ti sei acceso, ti sei bruciato, ti sei spento. Solo ceneri e telefoni muti.
Vuoi farlo ancora. Ti riaccendi. Ti bruci. Ti spegni ancora. Sei come un ventaglio che si apre all'occorrenza. Sei come un ventaglio che si richiude quando avvertirai freddo.
Lo rifai. Ti accendi. Ti bruci. Ti spegni. Lo fai ancora, ancora e ancora. Lo fai per quel tuo tentativo di star meglio. Lo fai perchè è giusto così. Lo fai perchè senti l'esigenza di non provare niente. Ti poni come niente dinanzi un corpo nudo che ti tocca bruscamente e che sarà niente. Dinanzi un corpo nudo che niente racconta. Dinanzi un corpo nudo che ti provocherà piacere e dolore. Dinanzi quel corpo che sarà su di te avvolgendoti in delle lenzuola o su un pavimento che sarà sempre troppo freddo. Non ci sono coccole, carezze. Niente. Non c'è niente a parte quell'atto che di colpo ti sembrerà non più una colpa proibita.
Lo fai ancora, ancora, ancora. Lo fai per sentire il freddo del pavimento, la puzza delle lenzuola, un dolore misto a piacere. Lo fai perchè non è niente. Lo fai perchè i telefoni saranno muti e non ti toccherà aspettare. Lo fai perchè il cuore non palpiterà allo squillo improvviso del telefono. Lo fai perchè hai l'esigenza di sentirti niente. Di avere a che fare con niente. Di costruire niente.
Ti accendi. Ti bruci. Ti spegni. Un focolare che non appena si accenderà lascerà solo un mucchio di ceneri che voleranno al vento senza che tu abbia il tempo nè il desiderio di volerle raccogliere e conservare. Un focolare che si accende e si spegne simultaneamente senza emanare alcun calore.
Siamo come ventagli che si aprono e si chiudono subito all'occorrenza. Basta una folata di vento.
Se tutto questo è niente perchè lo facciamo? Perchè a volte abbiamo l'esigenza di sentirci niente, a contatto col niente, dove tutto si riduce ad un atto che di colpo sembrerà non più una colpa proibita? Perchè ci accendiamo, ci bruciamo e spegniamo come fiammiferi? Dov'è finito il nostro valore, il nostro senso, la nostra passione per le cose belle, complete e piene di vita? Perchè lasciamo che la morte di due corpi prevalga sulla vita di due anime? Perchè spesso passiamo davanti la completezza spiengendoci invece verso chi ci farà sentire un corpo vuoto? Perchè se chiedessimo ad un campione di dieci ragazzi e ragazze se siano pronti ad innamorarsi nove su dieci risponderanno di non essere pronti, di non aver trovato la persona giusta, perchè gli stessi risponderanno che la libertà è più importante? Giusto. Sì. Vuoi essere libero. Vuoi che la mente non sia offuscata da pensieri contorti, non hai trovato la persona giusta da amare, non sei pronto.
Ma chi decide quando saremo pronti? C'è forse una scadenza che ci impone di aspettare? E se pure ci fosse, cosa spinge a farci scaraventare come oggetti da usare per poi accantonare su un pavimento troppo freddo, avvolti in delle lenzuola che non emaneranno alcun profumo, come fiammiferi che si accendono e si spengono di continuo perchè non vogliamo amare. Non vogliamo aspettare. Non vogliamo dare senso e valore a quello che stiamo facendo perchè se il telefono fosse muto staremmo male.
Non siamo pronti mai ad amare, perchè non vogliamo più soffrire. Non vogliamo amare, perchè non siamo pronti a sacrificarci, ad aspettare di accenderci non come fiammiferi, ma come mulini trascinati dalla forza del vento. No, alcuni non lo sanno fare. Molti si scontrano con altri corpi soltanto per avvertirne la presenza. Ma quella non è presenza. Quella è un involucro che non saprà di niente. E anche tu lo sarai. Sarai una bacinella sempre vuota, mai colma abbastanza, perchè ti sarai convinta di non riuscire ad amare. Chi ama deve soffrire. Chi è pronto a soffrire sa amare. Chi non è pronto a farlo si tirerà indietro. Sarà come quei fiammiferi che si accendono e si spengono. Non riuscirà mai a dare calore, nè a percepirlo. Troppo piacere, troppo godimento, ma anche troppo dolore.Troppo freddo. Troppa puzza. C'è troppo di tutto eppure non c'è niente. C'è chi sa fare solo questo e continuerà a farlo. C'è chi ha fatto solo questo pur essendo in grado di fare altro. C'è chi lo fa perchè in passato ha fatto altro ed ora è stufo. C'è chi lo fa perchè è tormentato dalla solitudine. C'è chi lo fa semplicemente perchè ha amato così tanto da temere di ricascarci.
No. Lasciate che chi valga niente si circondi di niente. Lasciate che solo due corpi vuoti si scontrino. Non vi svuotate solo per concorrere con un altro corpo vuoto che non saprà mai di niente. Se siete capaci di accendervi come mulini trascinati dalla forza del vento non diventate dei fiammiferi. Se siete in grado di riscaldare aspettate chi vi riscaldi. Perchè sopportare la puzza nauseabonda di quelle lenzuola ed il freddo di quel pavimento che non trasmetterà niente di ciò che invece meritate. Fatelo pure. Ma solo per capire quanto vuoto c'è in un telefono muto, in delle lenzuola non profumate, nella mancanza di carezze, nel freddo del pavimento, in un godimento corporeo che non racconta di niente se non di un piacere che durerà qualche minuto. Fatelo per capire cosa si provi ad essere vuoti, niente dinanzi ad un corpo. Fatelo per desiderare di essere pieni, di volere pienezza.
"L'amore non esiste... Il sesso è facile... Voglio la mia libertà!" Chiunque lo dica non spinto da una qualche delusione, non spinto da un desiderio inconscio invece di aprire il suo cuore a qualcuno, chiunque lo dica non perchè le esperienze l'abbiano trasformato in un fiammifero che non appena acceso ha solo voglia di spegnersi, non sa amare. E se anche lo dicesse per queste ragioni forse non sarà più in grado di farlo, forse ha scelto di essere un corpo vuoto, privo di emozioni. O semplicemente aspetta che qualcuno lo riaccenda sebbene siamo noi a doverlo fare da soli senza l'aiuto di qualcuno. Non sa soffrire. Non sa aspettare. Non sa rischiare. E' un corpo vuoto che dovrà scontrarsi con altri corpi vuoti. Ma non come quelli pieni. No. La pienezza va preservata. La pienezza va contemplata come un dono inestimabile. La pienezza non ha niente a che fare con la troppa puzza, il troppo freddo, il troppo eppure niente. La pienezza è anima e corpo. La pienezza è tutto. Dategli il  giusto valore. Aspettate di traboccare. Una, due, tre, cento volte.

domenica 4 novembre 2012

Baciarsi sotto la pioggia.

Ecco. Ti trovi sotto un piumone a guardare uno di quei film strappalacrime che alla fine per le troppe lacrime versate ti avrà fatto venire il singhiozzo che potrai lenire solo con i vecchi rimedi della nonna che ti diceva di ingoiare una mollica o bere molta acqua.
Sei lì con gli occhi incollati allo schermo nell'assistere al trionfo finale dell'amore tra i due protagonisti che si erano a lungo cercati per poi trovarsi in una qualche strada di una grande città giurandosi amore eterno. Il tutto si concluderà in un inevitabile quanto scontato bacio appassionato. Probabilmente mentre piove. Sì, perchè a quanto pare sembra che baciarsi sotto la pioggia sia più romantico. Ecco perchè tutti sognano di farlo prima o poi. Un po' come Audrey Hepburn nel film "Colazione da Tiffany". Molte ragazze lo sognano ma le vorrei vedere in azione. Il primo pensiero sarebbe "Oddio piove, i capelli!Ho appena fatto la piastra ".
Ma forse qualcuna spinta da un innato romanticismo sarà disposta a correre verso il suo uomo sulla falsariga di qualche film hollywoodiano guardato di recente. Sì, forse qualcuna con i capelli ricci. Non lo so. Ma va beh... questo cosa c'entra? A dove eravamo rimasti? Ah sì a te sotto il piumone che come un salice piangente lasci che impietosamente le lacrime ti solchino il viso. A te che vorresti essere la Audrey Hepburn dei poveri e invece sei una povera sfigata che è stata appena mollata, un distributore di merendine e cioccolata che inghiotti senza alcuna premura con la scusa del bisogno di coccole, pensando già a che scusa dare quando il tuo viso sarà pieno di brufoli: "Avevo bisogno di affetto. Il cioccolato è stato l'unico rimedio. E' colpa sua se mi sono ridotta così. "
Avrai il cellulare sempre con te. Te lo porterai persino in bagno. Ad ogni squillo il tuo cuore palpiterà come un tamburo. Un nuovo messaggio. Sì è lui, mi vorrà dire che gli manco. Mi vorrà dire di vederci. Sì indosserò quell'abito che gli piace tanto. Magari si ricorderà di quanto gli piacevo, di quanto stavamo bene insieme. Ci avvicineremo. Ci ameremo di nuovo, ne sono sicura, non può finire così.
"Siamo spiacenti, ma il suo credito sta per terminare. Ricarica al più presto se non vuoi rimanere senza parole!"
Ecco. Getterai il cellulare per l'aria nella migliore delle ipotesi. Ricomincerai a piangere e a circondarti di fazzolettini. Rimetterai un dvd. Assisterai all'ennesimo trionfo amoroso cinematografico. Ricomincerai a mangiare cioccolata. Poi penserai "Perchè non posso essere come Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany? Perchè devo mettere un dvd per assistere al trionfo dell'amore, a quel bacio appassionato sotto la pioggia, a lui che ti sussurra che ti amerà per sempre e che non ti lascerà mai?"
Ecco. Comincia ad arrotolare la pellicola. Parti dall'inizio. Anzi, parti da prima. Prima di quella storia d'amore chi eri? Quali erano le tue passioni? Che vita sognavi di avere prima di incontrare chi ti ha ridotto come un distributore di merendine? Eri bella. Eri appassionata. Avevi una luce negli occhi che abbagliava. Non importa se avevi qualche chilo in più o la cellulite, ce l'hanno tutti. Eri bella. Ti basta sapere questo. Eri bella non perchè sei riuscita ad uscire con lui che puntavi da un po'. Eri bella perchè ridevi. Tutte le donne che ridono sono belle. Tu lo facevi ed eri bella anche con qualche chilo in più e la cellulite.
Poi è arrivato lui. Avrete vissuto momenti entusiasmanti. I vostri corpi si saranno compenetrati diventando una cosa sola. Quanto amore vi siete scambiati. Ma poi le cose ad un tratto sono cambiate. E' la vita, e la vita non preannuncia i cambiamenti come se fosse un avviso di garanzia. Succede e basta. Tu sarai travolta dal cambiamento fin quando tutto finirà con un "è meglio chiuderla qua". In quel momento ti passeranno davanti agli occhi tutti i momenti entusiasmanti vissuti insieme, avvertirai come un nodo in gola. Sarai disperata. Piangerai per giorni. Penserai di essere una frana. Perchè lui era perfetto, ed è colpa tua se le cose sono andate così. No. Non è vero. Il rapporto tra due persone nasce per volontà di tutti e due. E per colpa di entrambe finisce. Quindi assodato che non sia tua la colpa e che prima eri bella perchè ridevi cosa penserai di fare, a parte evitare di guardare i soliti film strappalacrime di cui avrai la pancia piena a causa anche delle troppe merendine divorate? Innanzitutto getta le cartacce delle merendine di cui ti sarai circondata. Preparati una camomilla. Respira. Rilassati. Qualcosa è finito. Sì è finito. Perchè nonostante attendi con ansia un suo segnale di fumo non ci sarà. Ti ha lasciato. Non ti vuole. Basta. Piangi per l'ultima volta cercando di incamerare questa triste verità. Poi asciuga le lacrime. Metti il vestito più bello che hai. Esci. Ridi. Ridi così tanto da far girare i passanti. Ridi perchè sarai di nuovo bella. Non apparirai solo bella, ma lo sarai con tutta la luce che porterai con te ed abbaglierà le strade. E alle persone belle accadranno sempre cose belle. Ad ogni fine corrisponderà sempre un nuovo inizio. E' finito un amore, ma sei cominciata tu. E tu sei più importante di tutto. Verrà il tempo di un nuovo amore. Giungerà il tempo in cui qualcun'altro ti riscalderà il cuore. Giungerà il tempo in cui correrai verso quell'uomo che ti sembrerà giusto baciare mentre la pioggia ti bagnerà il viso. Ma adesso è tempo di te. E' tempo di te che non dovrà più perdersi nell'altro come chi perde la bussola e non sa più dove andare. E' tempo di te che dovrà ricordarsi sempre di quanto è bella quando ride.

Sono qui a parlare di te.

Sono qui a parlare di te sebbene forse tu non mi legga mai.
Sono qui a parlare di te perchè forse so che certamente non mi leggerai.
Lo faccio per questo. Altrimenti non lo farei. Sarebbe un po' come parlarti e sebbene scrivere mi riesca meglio non lo farei mai sapendo che ciò che sento possa giungerti come uno di quei messaggi in una bottiglia giunti sulla spiaggia trascinata dalle onde del mare.
Sono qui a parlare di te in quasi tutte le pagine virtuali di questo blog.
Sono qui a parlarne sebbene tu non lo sappia e non lo saprai mai.
Sono qui a parlarne per trovare un modo per alleggerire la coscienza che talvolta mi sembra come una di quelle bacinelle  piene d'acqua che se sposti rischi di rovesciare bagnando tutto il pavimento.
Sono qui a parlare di te e lo ammetto.
Sono qui a parlare di te mentre non so tu cosa stia facendo, nè con chi lo stia facendo. Forse nemmeno mi interessa perchè il punto è solo scrivere che sto parlando di te. Non mi interessa altro. Perchè a volte capita di fare o dire cose solo per farle sapere a qualcuno che inevitabilmente finirà per non saper nulla e noi finiremo per non ammettere il perchè delle nostre azioni. Solo perchè abbiamo paura. Paura di osare, di rischiare di definirci troppo. Succede quando ci hanno insegnato a rimanere nell'ombra. A volte non lo si fa volontariamente, ma ci sono dei gesti e delle parole che ci trafiggono come spine. Ci fanno così male che siamo quasi spinti a fare un passo indietro. Ci fanno male le spine che trafiggono il nostro petto ma soprattutto chi ce le infilza pur non essendone consapevole. Allora ci trasformiamo in persone diverse. Facciamo finta che vada tutto bene, che amiamo il nostro lavoro, fingiamo di appassionarci a ciò che stiamo facendo. Fingiamo un amore, intere relazioni. Fingiamo addirittura di divertirci. Perchè quelle spine ci hanno fatto così male da non fare solo un passo indietro, ma al punto tale da mettere in discussione noi stessi, la stessa vita che immaginavamo di avere. Perchè appariresti come un prodotto uscito difettato e sebbene tu ti ci senta comunque vuoi fare di tutto perchè agli altri non appaia così. Perchè sebbene la tua pretesa sia solo quella di esprimere quello che sei, hai paura tu stessa di ciò che potresti diventare, temi che qualcuno che ti è accanto non lo accetterebbe, temi di essere guardata sempre come un prodotto difettato. Tu non sei un prodotto difettato se sogni una vita diversa. Tu non sei un prodotto difettato se non vuoi fare quello che inconsciamente tu o altri ti hanno voluto imporre. Eppure ti ci senti. Perchè dovresti seguire le regole. Dovresti finire gli studi. Dovresti rimanere nella tua città. Dovresti trovarti un lavoro e un fidanzato. Dovresti sposarti e fare una famiglia. Dovresti pensare in grande ma non troppo perchè sarai una moglie e una madre e poi, in futuro, potresti diventare anche una nonna. Dovresti pianificare e portare a termine i programmi. Dovresti da adesso seguire una linea che sarà la sola ed unica per tutta la vita. Così non sbagli, mai. Così sarai sempre dentro una vita, ma mai fino in fondo. Così riuscirai a percepire solo qualche emozione, ma l'intera vita ricca di quella passione che bramavi ti passerà accanto senza mai riuscire ad essere afferrata. Così va bene. Perchè così avrai una vita normale. Senza troppe delusioni, ma nemmeno senza troppe gioie. Così non sarai te stessa. Ma tranquillo, una volta superati i primi steps ti dimenticherai pure chi eri e tutto sarà più semplice. Ti sarai trasformata in un prodotto che per gli altri non apparirà difettato.
E quando ti chiederanno "Ma tu come ti senti? Te lo sei mai chiesto?" tu risponderai: "Un prodotto difettato. Ma gli altri pensano che non lo sia. Una metà, ma gli altri mi vedono tutta intera, quindi che importanza ha. " No. Non lo dire mai. Nessuno dovrà avere il potere di guardarti come un prodotto difettato solo perchè avrai fatto scelte diverse dalle sue. Non esistono persone che sono migliori di altre. Esistono solo persone diverse, nel bene e nel male. Esiste la diversità ed è bene cominciare ad accettarla. Esistono persone a cui piace il cappuccino ed altre che preferiscono il caffè. Esistono persone che vogliono studiare e chi invece ha voglia di lavorare. Esistono i bianchi e i neri. Cosa cambia tra loro se non semplicemente il colore della pelle?Se non semplicemente una maggiore quantità di melanina per resistere ad una diversa condizione climatica nelle terre in cui vivono? Hanno due occhi, un naso e una bocca. Hanno uno stomaco, un intestino e un cuore. Anche loro avranno un'anima.
Esistono persone che desiderano girare il mondo alla scoperta di nuovi orizzonti da fotografare o semplicemente da tenere impressi nella loro mente, e persone che invece desiderano svegliarsi nel loro letto e non immaginano una vita diversa, lontani dalla loro famiglia. Non significa che i primi non siano capaci di amare. Lo faranno anche loro, ma in un modo diverso. Perchè esistono anche persone capaci di amare non tutti nello stesso modo. Esistono persone che amano quelli del loro stesso sesso e persone che amano quelli del sesso opposto al loro. Le prime sono "persone normali", capaci di amare allo stesso modo se non in una maniera più intensa, sebbene le loro tendenze sessuali siano diverse.
Chi è che decide cosa sia normale, cosa sia giusto dire o fare? Siamo tutti diversi, con vite diverse, aspirazioni diverse, sogni diversi, pensieri diversi. Siamo tutti incredibilmente giusti. Giusti nelle affinità e giusti anche nelle nostre diversità. Chiunque ti faccia sentire un prodotto difettato non merita la tua attenzione. E non la merita fin quando non avrà accettato la naturale esistenza delle diversità, svincolandosi da false congetture e quegli schemi che lo tengono imbrigliato come un animale in gabbia.
L'errore più grande che tu possa commettere è ascoltarlo e fare a meno di esprimerti. Devi farlo. Devi ammettere il perchè delle tue azioni. Devi gridare chi sei a tutti, nessuno escluso. Non ti devi giustificare. Devi solo gridare al mondo che tu non sei un prodotto difettato solo perchè le tue scelte divergeranno da chi ti ha appioppato per una qualche strana ragione l'etichetta del diverso. Tu non sei diverso. Tu sei tu. Questo basta. Basta ammettere chi sei e ciò che vuoi dalla vita, come io ho ammesso che sto parlando di te senza voler necessariamente spiegare il perchè lo faccia. Non mi interessa. Mi interessa solo ammetterlo. Quando lo si ammette si è più leggeri. Quando lo si ammette ti avvicini a quello che sei. Quando agisci per realizzare quello che ammetti non sei semplicemente vicino a ciò che sei, lì diventi pienamente tu. E devi fare questo. Niente altro. Questo si chiama vivere la propria vita che è troppo breve per voler vivere la vita di un altro, anche per soli 15 minuti.

sabato 3 novembre 2012

Svegliarsi come fosse sempre un nuovo inizio, addormentarsi come fosse la fine.

I Maya hanno predetto la fine del mondo tra poco più di un mese e mezzo. Lo dicono i Maya ed io ovviamente non ci credo perchè sarebbe un po' come credere ancora nell'esistenza di Babbo Natale o della cicogna. Anche se a dirla tutta gli estremi per la fine del mondo ci sono proprio tutti. Berlusconi è stato condannato a 4 anni. I laureati emigrano per dare spazio a subrette. Chi conosce tace per dare spazio ad una nuova categoria di lavoratori, "gli opinionisti", pagati per esprimere opinioni prive di fondamento come se avessero conseguito una laurea in "tuttologia". I mariti uccidono le mogli per starsene con le amanti. Le quattordicenni sembrano ventenni e hanno una vita sessuale più attiva di queste ultime. I bagni sono diventati nuova location per le fotografie, perchè gli spazi aperti a quanto pare non si portano più. Le persone non possono mangiare a causa della crisi economica ma non rinunciano alle vacanze nè ai nuovi apparecchi tecnologici che hanno isolato tutti dalla dimensione reale.
Questa stessa dimensione reale non esiste più. Ti intratterrai a parlare più con qualche amico virtuale su facebook di cui poco di importerà che con un amico "fatto di carne" dinanzi una tazza di tea.
In fondo perchè non pensare che la fine del mondo predetta dai Maya sia possibile?
Ma se immaginando per assurdo fosse veramente così, se questi fantastici individui di cui abbiamo conosciuto l'esistenza su quei vecchi manuali di scuola avessero ragione, noi in questo restante mese e mezzo della nostra vita cosa faremmo se sapessimo che il nostro tempo stia per scadere?
Io comincerei a chiedere scusa. Chiederei scusa per tutte quelle volte che sono stata presente solo con il corpo e non lo spirito a chi invece mi avrebbe voluta tutta intera. Chiederei scusa per non aver visto quello che invece era evidente. Chiederei scusa a chi mi ha amato mentre io non sono stata in grado di farlo. Chiederei scusa addirittura a chi ho amato troppo ricevendo scarso amore, liquidata con un "non ti amo più" nei pressi di una stazione. E gli chiederei scusa non perchè mi senta in colpa della fine di un amore che era già scritto, ma per non aver ammesso a me stessa che non era il giusto tempo per amare perchè forse non ero pronta. Siamo bravi nel biasimare chi ci abbandona come un fazzoletto non più utilizzabile, ma forse per diventare quelle grandi persone cui spesso ci ergiamo dovremmo imparare a perdonare. Ecco perchè gli chiederei scusa. Come chiederei scusa a chi più volte mi ha illusa di aver trovato finalmente la strada giusta mandandomi alla fine fuori strada. Gli chiederei scusa per non aver capito subito ma solo con il tempo quanto io riesca a valer poco quando mi impunto che quella sia l'unica strada da seguire, le uniche braccia in grado di donarmi calore, non aprendo gli occhi e capire che nel mondo c'è altro, ed è giusto che io lo scopra per valere di più o semplicemente riconoscermi un valore che talvolta dimentico di possedere. 
Chiederei scusa soprattutto a me stessa. Lo farei per tutte quelle volte che non ho permesso a me stessa di venir fuori, per tutte quelle volte che l'ho messa in un angolo ad aspettare, per tutte quelle volte in cui proiettandomi troppo verso l'altro mi sono persa. Chiederei perdono a me stessa quando ho avuto la presunzione di pensare di amare qualcuno pur non amandomi abbastanza. Chiederei scusa a me stessa quando non mi sono data la possibilità di esserlo, fin quando poi ho deciso di scoppiare come fuochi d'artificio che lasciano tutti a bocca aperta.
Se avessi solo un mese e mezzo da vivere abbandonerei tutto ciò che mi rende fiacca e continuerei a scrivere. Griderei al mondo la passione che ho dentro. Viaggerei. Mangerei sushi tutti i giorni.
Se avessi solo un mese e mezzo da vivere sarei pronta ad amare. Senza paura, perchè tutto in un mese e mezzo finirebbe e vorrei finire amando, con quella passione forte che hai dentro e che non riesce a smettere di bruciare. Correrei a prendermi ciò che voglio. Correrei da chi desidero. Griderei tutto quello che ho nella testa così forte che sarà impossibile per tutti non ascoltare.
Se avessi solo un mese e mezzo da vivere lo vorrei trascorrere in una casa sulla spiaggia, di quelle che vedi soltanto nei film. Vorrei vivere lì con tutte le persone che riempiono il mio cuore ogni giorno senza nemmeno accorgersene. Con chi mi sostiene, alimenta la mia passione, chi avrebbe tutte le ragioni per biasimarmi eppure non lo fa. Con chi mi riempie di amore ogni giorno, sebbene non sia brava a gestirlo. Vorrei vivere lì con te. E ci vorrei vivere anche con te. Con te, pure con te. 
E se i Maya si fossero sbagliati? Se questa fosse tutta una grande bufala?
Che importa, hai vissuto più in un mese e mezzo che in tutta la tua vita spesa spesso a rimandare ogni cosa. A rimandare un'amicizia, un amore, un lavoro, un caffè. A rimandare una possibile vita. 
Hai imparato a perdonare, hai dato le scuse che dovevi, sei diventata una grande persona. Hai gridato al mondo chi sei, hai fatto sì che le tue passioni bruciassero dentro di te così forte da trasmetterle al mondo intero. Hai imparato ad amare, hai preso ciò che volevi, hai detto a qualcuno quanto lo desiderassi. Ti sei trasferita in una casa sulla spiaggia, hai trovato la tua isola felice con chi ogni giorno ti ricorda quanto vali, quanto amore sei, quanto valga la pena di non trascurarsi e di prendersi cura dell'altro. 
Che importa che il mondo non finirà. Con questo avrai imparato anche un'altra cosa: che non dobbiamo aspettare la fine di tutto per agire altrimenti non saremo altro che niente. Non abbiamo bisogno di scadenze per cominciare a vivere. Avrai imparato ad aprire gli occhi ogni mattina come fosse sempre un nuovo inizio e a chiuderli come fosse sempre la fine. Avrai imparato a non dire più "se solo l'avessi saputo... se l'avessi fatto...", perchè vivrai senza le ombre del rimpianto che offuscano la tua mente. Starà a te metterci tutto quello che vuoi e ciò che sei in queste sole 24 ore. Ventiquattro ore di vera vita.
Forse è giunta l'ora di cominciare, per voi che leggete, per me che lo scrivo.

giovedì 1 novembre 2012

One day

Un giorno ti sveglierai leggermente in ritardo o prima del solito, ma non importa. Ciò che conta è che un giorno ti sveglierai nuova. Aprirai gli occhi e la tua stanza ti sembrerà più spaziosa ed illuminata, ti sembrerà come nuova. Le tende ti sembreranno di un colore più vivo, sì, quasi nuove. Perfino il caffè avrà un sapore diverso da quello solito. Un giorno ti sveglierai con sensazioni nuove dentro di te. Avrai un nuovo lavoro e sarai così euforica da voler spendere tutti i tuoi soldi in un compulsivo quanto terapeutico shopping. Avrai nuove scarpe, nuovi abiti, una nuova borsa, quella che corteggiavi da tempo in quella vetrina di un negozio del centro e non eri mai riuscita ad acquistare. Avrai addirittura un nuovo taglio di capelli.
Un giorno ti sveglierai e avrai accanto a te, nel tuo letto, un uomo diverso. Sembrerà quasi che anche le lenzuola abbiano ora un nuovo profumo.
Ecco. Sei nuova. Sembri uno di quei prodotti appena sfornati, una di quelle "novità del mercato" pronte ad andare in pasto a chiunque apparirà affascinato da quell'aurea di freschezza che porterai con te.
Hai un nuovo lavoro, un nuovo taglio di capelli, una borsa nuova, delle nuove scarpe e dei nuovi abiti di tendenza. Le lenzuola e le tende non saranno nuove ma è come se lo fossero, avranno un colore ed un profumo diverso da quello solito e la stanza sembrerà addirittura più spaziosa ed illuminata perchè lì nel tuo letto, affianco a te, non ci sarà più lui, ma un uomo diverso. Un uomo che forse ti ha liberato da quel fardello, da quel pensiero fisso, da quegli occhi che immaginavi ti fissassero, da quella voce che era come un tamburo, un tormento.
Sei nuova e dovrai convincertene. Ma ecco che all'improvviso, forse proprio mentre te ne starai convincendo o mentre non ci starai più pensando, basterà poco. Una canzone passata alla radio, un semplice gesto di un passante, un'insegna, un post it scovato in un cassetto come a ricordarti che tutto quello che hai attorno ti rende "nuova" ma non cambiata, solo "nuova", non diversa. Una donna all'apparenza nuova, ma con sempre lo stesso cuore. La sua ombra continuerà ad aleggiare su di te. D'un tratto ti sentirai di nuovo vecchia. Ti sembreranno vecchie quelle scarpe, quegli abiti e quella borsa che comincerà a non piacerti più così tanto. Vorrai farti crescere i capelli appena tagliati perchè non sarà certo quel nuovo look a donarti una luce diversa. Quel nuovo lavoro ti sembrerà all'improvviso poco stimolante. E quell'uomo nel tuo letto chi è? Anche le lenzuola cominceranno a puzzare. Chi è quello che dorme con te, sfiorando il tuo corpo durante la notte? E' uno, ma non lui. E' uno di quelli che colmano i vuoti senza mai riempirli del tutto. E' uno con cui ti intratterrai anche nel parlare dei tuoi progetti, forse addirittura anche dei "vostri", ma rimarranno parole. Perchè ad un certo punto sai anche tu che uscirà da quella porta lasciando sulle lenzuola un pessimo profumo. Profumo di banalità, di fallimento, di abitudine. Profumo di un corpo senza anima. Profumo di niente.
E non sarà colpa tua. Perchè quel giorno ti sei svegliata con tutti i buoni propositi. Ti sei addirittura tagliata i capelli. Ma non è servito perchè le tue ombre vanno affrontate di petto, non vanno combattute solo indossando una maschera nuova. E allora ti chiederai, da cosa si deve cominciare? Forse dall'ammettere che non lo dimenticherai mai. Forse dall'ammettere che sarà sempre parte di te. Forse dall'ammettere che quell'uomo sia la vostra metà, quella parte che vi completa. Non è sempre detto che sia un uomo che sarà stato tra le tue lenzuola, ma potrà essere anche un uomo con cui avrai parlato una sera scorgendo in lui una luce diversa, che ti ha rapita, in uno sguardo che raccontava di cose belle, che raccontava già di voi in fondo. Potrà essere un'anima perduta in cui ti sarai ritrovata. Potrà essere chiunque. Anche un uomo che avrà creato la vostra fervida immaginazione.
Perchè esistono persone che vivono nell'attesa. Sono in attesa dell'altro. Nell'attesa di essere scoperti.
Queste persone le riconoscerai tra mille. Sono quelle che quando si incontreranno proveranno imbarazzo nel guardarsi troppo a lungo. Sono quelle persone che saranno tese quando per caso si sfioreranno. Sono quelle persone che nel loro silenzio trovano tutto quello che stavano cercando. Quelle persone che per timore di perdersi totalmente nell'altro cominceranno a parlare di cose stupide e a ridere ininterrottamente per rompere quell'imbarazzo che non ammetteranno mai di provare quando la luce dei loro occhi incrociandosi accenderà un fuoco che sarà difficile, o forse impossibile spegnere del tutto. Quelle persone che messe alle strette forse negheranno quello che provano, quello che hanno più volte tentato di dirvi, spazzando via con semplici parole quello che avevano chiamato scherzo ma che in fondo non lo era.
Bisogna innamorarsi quando si è pronti, non quando si è soli. E loro saranno pronti ad innamorarsi l'un dell'altro, ma intanto, nell'attesa, forse non vorranno rimanere soli. E accoglieranno tra le lenzuola chi a lungo andare provocherà però un odore nauseante, costringendoti a cacciarlo/a via.
Quelle persone che sono in attesa di un loro incontro. Che guardano l'orologio alle sei e poi alle sei un quarto, pensando che è impossibile che siano trascorsi solo 15 minuti. Quelle persone che un giorno si sono scelte in un modo inusuale, con una semplice stretta di mano, pronunciando una qualche battuta divertente, o semplicemente sorridendosi. Quelle persone che un giorno si sono incontrate e avranno sentito già di appartenersi. Quelle persone che un giorno si sono trovate per poi perdersi. Quelle persone che un giorno forse si ritroveranno, in un altro Paese, sotto casa o nei loro sogni. Un giorno.

mercoledì 31 ottobre 2012

E ti convincerai a fare a meno delle persone...

Gli animi più cinici sostengono che dovremmo imparare a fare a meno delle persone. Forse in parte è così.
Le persone cambiano, tu cambi, e succede che a volte anche le persone che ti sono state vicine per un'intera vita, che hanno condiviso con te ogni singolo momento di ilarità adolescenziale, ansie, problemi, le tue prime delusioni quando tornavi a casa e volevi solo mettere la testa sul cuscino e piangere a dirotto, quelle persone che non c'era giorno o momento della giornata che non sentivi al telefono, pian piano si allontaneranno. Le sentirai così distanti che non ci sarà più modo di tornare indietro.
Soffrirai per poi convincerti che la cosa più giusta è fare a meno delle persone. Perchè la vita degli altri può scorrere anche senza di te. Dovremmo imparare a cercare la serenità stando in silenzio ad ascoltare il cuore e lasciarci andare dove il cuore avrà scelto di condurci, per non passare accanto ad una vita che intanto scorre velocemente, ma per entrarci dentro, fino in fondo. Forse dovremmo imparare a cercare la serenità in un libro, in una tazza di tea, in una canzone, in noi stessi, ma mai negli altri. Le persone, prima o poi, vanno via, solo poche saranno quelle che ti siederanno accanto per sempre, se sei fortunato. I rapporti sono come nuvole che si avvicinano per poi allontanarsi spazzate via dal vento, e non ci sarà modo di farle congiungere di nuovo perchè la forza del vento non la si può gestire purtroppo.
Dovremmo quindi imparare a restare soli. A contare solo su noi stessi. A gioire delle nostre vittorie da soli e a piangere allo stesso modo. Dovremmo forse imparare a fare a meno degli abbracci, di quelli calorosi e confortanti che ti fanno sentire accolto in un ambiente di ristoro, come ovattato, dove qualsiasi cosa accada ce la farai a resistere anche al peggio. Dovremmo imparare forse a fare a meno dell'amore. Di quello puro, immacolato e genuino. Di quello fatto di dolci passioni incontrollabili, di amabili carezze, di parole dette piano per paura di ferire, di silenzi in cui trovi lo sguardo dell'altro, perdendoti in uno spazio silenzioso dove ogni parola sarebbe superflua. Dovremmo quindi forse imparare a non cercarlo, a non averne bisogno, perchè questo tipo di amore è raro e le possibilità di incrociarlo sono poche. A volte incontrerai persone che ti illuderanno di averlo finalmente trovato, ma poi ti deluderanno. E sì, starai male. E ti convincerai anche che dovrai farne a meno. Ti convincerai che forse sarà meglio scontrarsi con altri corpi senza che tu avverta mai niente, senza che la tua anima non si ritrovi mai in quella dell'altro. Talvolta ci si scontra solo per avvertire l'illusoria percezione della presenza dell'altro. Ma la verità è che non ne ricaviamo mai molto. Solo passioni che bruciano e simultaneamente si spengono sino a lasciare solo ceneri che a lungo andare non avremo più il coraggio di gettare via con il vento, perchè siamo stanchi di compiere anche questo gesto.
Allora a fare a meno di tutto forse si diventa niente. A fare a meno delle persone solo perchè queste maledettissime persone cambiano e rivolgono il loro sguardo lontano dal tuo volto si diventa cinici. Ma le persone ciniche, quelle che lo sono diventate soprattutto, sono forse quelle che soffrono di più. Che si sono convinte a stare soli perchè non hanno alternativa se non vogliono rimanere delusi, se non vogliono accumulare sofferenze come polvere che accantonano sotto un tappeto. Forse la prima cosa per scrollarsi di dosso questa falsa etichetta è gridare, urlare a squarciagola con tutto il dolore quanto le persone che siano andate via siano maledette. Maledette per quei vuoti che hanno deciso più e più volte di colmare senza mai riempirli totalmente. Ma l'errore più grande che si possa commettere è rintanarsi in un guscio e fare a meno di tutto. Fare a meno della possibilità di entrare dentro rapporti per paura di non poterne più uscire o uscirne troppo presto. Soli, con il cuore cupo e colmo di cinismo, si diventa brutti. Noi invece dobbiamo sforzarci, o per lo meno provare, ad essere quanto più belli possibile. Allora anche il mondo ci sembrerà più bello. Forse dobbiamo pensare ad essere belli soprattutto per noi stessi, per specchiarci ed ammirare la nostra luce riflessa che riempirà la stanza di amore, una luce che sarà come un dolce risveglio.

martedì 30 ottobre 2012

Verso isole felici.

Mare. Spiagge. Isole. Scogli. 
La nostra vita è il mare. Approdiamo su spiagge spesso sconosciute. Ci tuffiamo subito, a volte a fatica. Certe acque all'inizio sembreranno troppo fredde. Tutto starà nell'ambientarsi e calarsi in quelle acque che a lungo andare ci riscalderanno. Talvolta non riusciremo a trovar tepore in quelle acque che dunque ci imporranno quasi di uscire, asciugarci e andare alla ricerca di altre spiagge. Altre volte capiterà il contrario. Nuoteremo al punto tale da arrivare a largo, dove sarà impossibile vedere da lontano la spiaggia. Allora continueremo a nuotare. Il mare sarà calmo, i raggi di sole timidamente ci riscalderanno, e noi ci terremo a galla. Saremo soli in quelle acque. Noi, il mare piatto, il sole all'orizzonte. Ma capiterà di essere stanchi. Talvolta allora ci aggrapperemo a degli scogli che saranno per noi l'unica ancora di salvezza, l'unico ristoro per lenire la stanchezza dei nostri muscoli. In quel momento ci sembreranno tutto quello che stavamo cercando. Sono come quelle persone che spuntano nella nostra vita per darci una mano. Ma sono solo scogli, niente altro. Sono scogli a cui potremmo aggrapparci ma nient'altro. Ci aggrapperemo quando il mare sarà calmo, quando saremo stanchi di continuare a nuotare da soli. Ma quando cominceranno ad alzarsi le prime onde dovremmo trovare il coraggio di staccarci da quell'unico appiglio e continuare la nostra nuotata per evitare che quelle onde subdolamente ci sbattano sulle pareti impervie di quegli scogli, provocandoci ferite e talvolta tanto dolore. Ci hanno aiutato ma dovremmo imparare a farne a meno. Dovremmo considerarli come quelle mani tese nel momento del bisogno, che si ritraggono quando il bisogno, temporaneo, sia stato soddisfatto. E sì continueremo a nuotare. Ci ritroveremo in mare aperto, tra acque calme o più agitate, soli con il solito tepore di quei raggi che continuano a riscaldarci, o soli nel bel mezzo di una tempesta che ci porterà sott'acqua. Ma siamo arrivati fin lì e non sarà la pioggia a scoraggiarci. Quando tutto cesserà il mare ritornerà calmo e noi saremo ancora lì, a galla. Nuoteremo sino ad approdare finalmente su un'isola. Non si tratta di scogli, ma di terra ferma. Sono quelle persone che sono come le nostre isole felici. Quelle persone che ci accoglieranno qualunque sia la condizione climatica. Quelle persone che ci daranno un posto dove stare quando saremo stanchi senza metterci fretta, senza dirci per quanto rimanere, perchè non ci sarà più nessuna onda che con forza ci spingerà verso pareti impervie e rocciose sino a farci male. Sono come quelle persone che ci offriranno qualcosa per sanare le ferite, che ci offriranno un dolce riparo, che attutiranno la nostra stanchezza. E forse sì, quando saremo più forti ricominceremo a nuotare, lasceremo quelle isole felici. Incontreremo nuovi scogli e ancora tempeste per poi riprendere la nostra nuotata approdando magari su qualche altra isola per poi rituffarci, ancora e ancora. Ma sapremo sempre che lì, in quei punti, esistono delle isole felici pronti ad accoglierci senza biasimarci mai, offrendoci tutto in cambio di niente.