martedì 18 dicembre 2012

Certi uomini ne capiscono ben poco.

La verità è che certi uomini hanno paura delle donne. Temono le donne complicate, quelle che sanno reggere un discorso al punto talvolta da sopraffarli, quelle troppo sicure, quelle che ad una domanda sanno rispondere solo con un sì o con no, perchè il loro vocabolario non conoscerà i "forse", i "se" ed i "ma". Temono le donne che sono belle in gonna e tacchi a spillo, ma ancor più belle in jeans e scarpe da ginnastica. Temono le donne intelligenti, versatili, le donne "per tutte le occasioni". Temono le donne con cui potrebbero parlar per ore, spaziando da un discorso all'altro, senza mai stancarsi. Temono le donne che trasmettono un'innata sensualità con le curve sinuose del loro corpo, ma ancor di più con la luce di uno sguardo. 
Gli uomini temono le donne complete, quelle che sanno ridere, di quelle assolutamente stimolanti. Temono quelle donne che potrebbero silenziosamente entrare nel cuore e nella vita di uomini spaventati al punto da farsi bastare la loro presenza, il suono della loro voce, la freschezza delle loro idee, senza necessariamente volerle portare a letto. Temono quelle donne che potrebbero chiudere la loro porta dinanzi ad uno sbaglio, temono le donne esperte, che conoscono quanto possa far male un uomo al punto da non credere alle frasi da copione, quelle donne che spesso e volentieri, nonostante la disillusione, non smettono di sperare, ed entrano in quell'uomo con tutta la loro penetrante forza, con tutta quell'anima che rischia di traboccare. Temono le donne che potrebbero fargli conoscere qualcosa di diverso da quello che hanno sempre visto. Certi uomini hanno paura di un confronto così forte, temono di perdere la loro virilità, temono la sopraffazione, quasi come se il rapporto tra un uomo ed una donna debba trasformarsi in un duello dove solo uno ne uscirà vincitore. E certi uomini hanno paura di perdere. Allora tutte queste donne diventeranno amiche, collezionando intanto ragazzine più facili da gestire, quelle che non pronunceranno mai un "no" ma sempre e solo "sì", quelle che temeranno di uscir di casa senza trucco, quelle con cui si potrà parlare al massimo per 15 minuti, quelle ragazzine di "rappresentanza" che spesso si porterà al cinema per giustificare ore di silenzio, quelle che confondono la sensualità con l'essere provocanti con una sola maglia scollata, uno shorts e tacchi a spillo, quelle che ridono come anatre, quelle da cui poter trarre solo ciò che gli uomini da sempre in fondo cercano perchè non avranno idee originali al punto da poter immaginare qualcosa di diverso, quelle inesperte che non sanno che gli uomini possono mentire e crederanno per questo ad ogni singola parola, ritendendosi talvolta addirittura colpevoli del fatto che quell'uomo abbia avuto paura, perchè si stava correndo troppo, perchè forse è meglio tirare il freno, invece di scorgere in quelle inopportune frasi un "non ti voglio così come sei e basta". Questi uomini avranno anche la faccia tosta di lamentarsi dicendo di non trovare mai la persona giusta, che le donne in effetti sono tutte tremendamente uguali, sono tutte delle bagasce da quattro soldi, contemplando da lontano senza mai avvicinarvisi quelle che potrebbero rovesciare il loro punto di vista sull'universo femminile. Credo che non sia uomo chi temendo un confronto troppo forte che possa mortificare la sua virilità lo evita, ma chi farà di tutto per poterlo avere, chi crede che un rapporto fra un uomo ed una donna non sia un duello con vincitori e vinti, ma semplicemente uno scambio da cui si esce perdenti solo se non ci si entra dentro, chi negli occhi di quella donna non scorgerà una donna complicata da cui distanziarsi, ma semplicemente una donna, e le donne si amano, le ragazzine fanno solo divertire.
Ma l'amore oltre ad essere bello, puro, intenso, può essere anche tremendamente divertente. Certi uomini spesso si accontentano di una metà, una metà che lascia insoddisfatti, una metà che piace perchè è semplice. Certi uomini in fondo ne capiscono ben poco.

lunedì 17 dicembre 2012

Ci sono momenti in cui ...

Un ragazzo che se ne va è pur sempre solo un ragazzo che se ne va.
Un amico che si toglie la vita è un amico che si toglie la vita, un cuore fatto a brandelli, un'anima calpestata, un senso di colpa che non si lava, la rivalutazione delle tue priorità, il capovolgimento di quello che sei, guardarsi allo specchio e sentirsi schifosamente vuota.
Quella fredda domenica di gennaio appresi la notizia al telefono, mentre ero intenta a pettinarmi i capelli prima di uscire con il mio fidanzato di allora. Un gesto semplice, abitudinario, come quello di pettinarsi i capelli, quei capelli che dopo qualche minuto avrei voluto strapparmi dalla radice, masticarli, ingoiarli, ma non sarebbe servito comunque, perchè oramai era troppo tardi per tutto, perchè lui in fondo non c'era già più. Non sono riuscita a versare molte lacrime se non dopo 24 ore, cominciando a piangere a dirotto e quando le mie lacrime finirono cominciai a vomitare. Vomitare di un dolore che rendeva fragili le ossa avvertendo la percezione che si stessero quasi sgretolando, vomitare di una colpa che mi ero cucita addosso, che aveva invaso ogni singola cellula del mio corpo, fino ad offuscare la mente. Ricordo che mi guardai allo specchio e vidi una persona in cui non mi riconoscevo, vidi tanti valori in cui avevo sempre creduto, ma mai praticati fino in fondo, vidi un'anima schifosa, vuota, a tratti superficiale, una persona che non sapeva vivere ma che arrancava, una persona che non aveva capito niente e che cercava di capire in quel momento, quando oramai il comprendere non avrebbe riportato in vita più nessuno. Perchè la giovinezza è un'arma a doppio taglio, è sintomo di bellezza, di spensieratezza, di libertà, ma noi giovani siamo anche così inesperti ed immaturi, non siamo pronti alla vita, ma nemmeno alla morte. Non riusciamo a guardare oltre, ci chiudiamo nelle nostre convinzioni non volendo ascoltare quelle degli altri, siamo pronti a puntare il dito all'occorrenza ma troppo poco spesso ad abbassarlo, ad avvicinarci, a comprendere cosa ci sia veramente dietro un allontanamento, un parlare a singhiozzo, perchè potrebbe esserci un'anima spenta che non riesce più ad accendersi, un bisogno di aiuto che se fossimo più esperti, più maturi, meno superficiali, più pronti alla vita, forse sapremo comprendere senza nemmeno tante parole. Non abbiamo la saggezza nè la maturità dei nostri nonni, allora non riusciremo a capire subito, ma solo quando qualcosa si rompe provocando un gran clamore, solo quando accade qualcosa per cui ci sentiremo quasi investiti da un treno, e solo dopo comincia la nostra rinumerazione, solo dopo saremo in grado di modificare il nostro approccio alla vita. E a me è successo più o meno così. Una telefonata che è stata come un treno in corsa trucidando interamente il mio corpo. Una morte che mi ha fatto comprendere come avrei dovuto vivere, quasi come se dall'alto lui mi stesse dicendo "Io sono morto, ma tu, non sei forse morta anche tu senza nemmeno accorgertene? "
Ed in fondo era così. Avevo ossigeno nei polmoni ma non riuscivo a percepire aria fresca, a volte avevo la sensazione come se il respiro si fermasse, avevo addirittura frenato i battiti del cuore. Alla fine ero morta anch'io, nonostante esistessi ancora. Ma esiste un momento nella vita di una persona in cui ti accade qualcosa che per quanto possa essere doloroso risulta necessario per dare una nuova direzione alla tua vita, nonostante ne avrei fatto volentieri a meno. Esiste un momento in cui una morte può generare una nuova vita, in cui un ramo secco, morto, ne risveglia un altro e apre la strada a boccioli. Allora da un senso di colpa da cui non riuscivo a ripulirmi del tutto, ho cercato di trarre un insegnamento, perchè forse è questo che ci chiede la vita di fare quando con la sua forza dirompente ci travolge faticando a rimanere a galla. Allora ho imparato che bisogna vivere il doppio, ed effettivamente da allora è come se dentro di me avvertissi tante persone, un sovraffollamento di idee, di anime cariche di entusiasmo, di persone stanche di arrancare che necessitano di vivere. E' per questo forse che quando comincio a raccontare a qualcuno della mia vita comincio spesso proprio da quel momento, quasi come se la mia vita abbia avuto inizio da quella morte.
Ho iniziato a rompere tutta quella vita che si poggiava su colonne troppo fragili.
Ho ammesso di non amare più, ho lasciato, e quando l'ho fatto mi sono sentita di nuovo libera, senza più catene. Da quel momento l'amore, quello semplice ma intenso, è diventato il filo conduttore della mia vita. Ho rotto un'amicizia, lunga ma inconsistente, che poggiava oramai da troppo tempo sull'interesse e su un affetto troppo fioco, ma non più vero, autentico. Ho cominciato a seguire la direzione dell'autenticità e di quella rigida coerenza che faceva parte di lui, che presto ho assorbito diventando parte di me. Ho poi preso i miei bagagli e sono partita, dieci mesi lontana da casa, perchè volevo crescere, volevo fare nuove esperienze, volevo vivere qualcosa che nella mia vita non avrei più fatto, volevo forse dimenticare o semplicemente mettere in pratica ciò che dentro di me stava nascendo, volevo capire chi ero diventata e cosa avrei potuto fare per cambiare, per alimentare una sagoma spenta, vuota, era questo che sentivo di essere. Talvolta le persone hanno bisogno di terremoti per sentirsi mancare la terra sotto i piedi e decidere di ripartire da zero, per decidere di essere migliori di come si era, per abbandonare la corazza della superficialità e cominciare a seminare su di un terreno fatto di emozioni sincere, autentiche, coerenti con il proprio spirito, colorando di rosa come la tenerezza e la spontaneità o di bianco come la genuinità e la purezza la propria vita, come una rosa su una tomba che ricorda di quanta vita talvolta si nasconda dietro una morte, tremenda ed inaspettata. Quegli eventi che ti costringono a reagire, a svegliarti, a dire basta, a cercare risposte senza mai trovarle perchè forse non ci sono, a tormentarti, ma a dire anche tra le lacrime semplicemente grazie, nonostante avresti voluto farne a meno, nonostante avresti voluto essere già allora quella persona migliore che avrebbe potuto porgere una mano come sollievo, avrebbe potuto evitare forse ciò che era inevitabile, se lì, allora, in quella vita passata, sarebbe stata già la persona che ha scelto di diventare, che ogni singolo giorno da allora cerca di essere, di innaffiare, come un frutto mai maturo abbastanza.

domenica 16 dicembre 2012

In un mondo tremendamente uguale cerca di essere diverso.

Sono un po' stanca. Sono un po' stanca di un mondo che gira sempre nella stessa direzione nonostante la mia implacabile ostinazione di andare controcorrente. Sono stanca dei "ciao come stai" seguiti da un convenzionale "tutto bene grazie", perchè in fondo a pochi interesseranno risposte a domande che molto spesso rivolgeremo solo per non sembrare disinteressati, nonostante sapranno di poco, di banale, del "così si fa, così fanno tutti". Sono stanca dei complimenti che non hanno mai seguito, dei "sei bella, sei speciale, sei intelligente" senza mai che l'altro ammetta "ma io troppo immaturo, troppo coglione, troppo uguale agli altri per volerti così come sei". Sono stanca dei mi manchi mai seguiti da un ti vengo a prendere. Sono stanca delle chiacchierate telematiche senza mai ammettere di essere diventati pigri manichini che si accontentano di poco, del non guardarsi negli occhi, del non tenere stretta una mano, troppo poco empatici, troppo in fondo omologati. Sono stanca dei corteggiamenti da quattro soldi, un paio di birre e momenti frenetici, rumorosi, fugaci come quel tempo che scorre e che quando passa ti farà sentire quasi come se in fondo non sia cambiato nulla. Sono stanca delle sigarette accese e lasciate nel posacenere, lasciando che sia il vento a fumarle come a disperdere nell'aria la cenere. Sono stanca delle parole scontate, dette a metà per paura di ferire o per timore di sembrare così simili da volersi tremendamente. Sono stanca della generazione che siamo diventati, di quelli che vivono di una serata in discoteca dove l'obiettivo sarà l'offerta di labbra o dell'intero corpo, di quelli dalle camicie sbottonate ed i capelli perfettamente in ordine, di quelli di un paio di shorts e tacchi a spillo. Sono stanca dell'inespressività di corpi che prevale sulle note melodiose di certe anime. Sono stanca dei pettegolezzi, di chi si parla alle spalle per poi apparire come figuranti in fotografie dove spiccano finti sorrisi su quelle facce ancora più finte, quasi come se l'autenticità sia oggi un bene di lusso. Sono stanca delle mie illusioni, delle mie aspettative che spesso devo chiudere in un cassetto, lasciandole tra la polvere. Sono stanca di gente che mi tira l'amo lasciandomelo tra le mani senza mai avanzare. Sono stanca di quei film che terminano con il lieto fine, dove due anime perdute si cercano per poi ritrovarsi alla fine l'uno di fronte all'altro, pronti a rimuovere le loro finte barriere, a giurarsi eterno amore, a baciarsi mentre gli schizzi sottili di pioggia scorreranno sulle loro gote, rosse dall'imbarazzo, dal troppo amore scambiato. Mi piacerebbe vedere qualcosa di più realistico, come porte sbattute, gente che si dispera, che si scambia parolacce invece dei "ti amo, ti vorrò per sempre", perchè in fondo è quello che a volte accade, nonostante riesca a sperare in qualcosa di diverso solo guardando questi film, che considero banali, ma che in fondo lasciando spazio all'immaginazione lasciano per qualche minuto ben sperare in qualcosa di diverso, in qualcosa che sembra banale eppure così bello. Sono stanca delle emozioni che nascono, che bruciano, che ti scottano al punto tale da dovertene distanziare, al punto tale da farti sentire come un fiammifero spento, inutilizzabile, da gettar via. Sono stanca delle promesse e dei sogni che pensi essere inossidabili ma per cui talvolta basta poco per accantonarli. Sono stanca di chi non va mai oltre, di chi dietro un sorriso non percepisce una lacrima, di chi dietro parole intrise di cinismo non avverte un bisogno, di chi dietro un corpo non è mai in grado di scorgere un'anima perduta, un cuore che batte. Sono stanca degli stereotipi, delle definizioni riduttive, degli appellativi che minimizzano, della necessità di misurare l'astrattezza riducendo la possibilità che ci viene concessa di esternare il nostro essere pienamente, dei pregiudizi, dei luoghi comuni, dei "così si fa, allora lo faccio anch'io". Sono stanca di quegli uomini che fanno delle donne scimmie da ammaestrare, e di quelle donne che glielo lasciano fare. Sono stanca di chi ostenta una felicità che non sarebbe necessario palesare ai quattro venti se fosse autentica, come la tristezza. Sono stanca della gente tutta uguale, che riempie spazi di parole futili senza mai contemplare il silenzio. Sono stanca della carenza di contatto, del piacersi ma mai troppo per lasciarsi andare, del cercarsi senza mai trovarsi, del volere approfondire conoscenze senza in realtà mai muoversi di un passo, stando nell'attesa, quell'attesa che ci rende troppo spesso impazienti, sempre in fondo insoddisfatti. Sono stanca di chi è stanco ma continua a non ammetterlo, continua a girare insieme ad un mondo per inerzia, non sentendosene mai il padrone. Perchè in un mondo così tremendamente uguale e rigidamente schematico nessuno mai sceglie di fare la differenza, nessuno mai cerca di essere diverso, nessuno mai si pone l'obiettivo di diventare migliore, non degli altri, ma di quella fragile corazza di cui si riveste, continuandosi a lamentare senza mai capire che solo se si diventa "migliori" si sarà in grado di attrarre persone "migliori", cessando così le inutili ed immancabili lamentele? Perchè forse si è pigri, o semplicemente poco coraggiosi e non forti abbastanza per scontrarsi con la folla che potrebbe travolgerci camminando nella direzione opposta, o perchè forse si ha paura, paura della solitudine.

Cominciare a poggiare una mano sul cuore.

Occorrerebbe poggiare una mano sul cuore. Forse dovremmo cominciare così, con una mano che tenera e calda possa percepire i battiti del cuore, il nostro e di chi ci è accanto. Un gesto così semplice che in effetti nessuno pensa di fare mai, nessuno in fondo forse sa più fare. Perchè spesso capita di pensare in grande, capita di superare quei momenti considerati inutili, banali, sin troppo semplici, andando subito oltre, quasi come se volessimo costruire una casa in mattoni senza constatare la qualità dei materiali, senza cemento che possa servire a legarli. Allora si tocca tutto, al di fuori del cuore. Le nostre mani scorreranno veloci, con movimenti rapidi ed insensati che bruceranno per spegnersi poco poco, sul quel corpo che che nulla avrà raccontato, su quel corpo da cui non riusciremo a trarre alcuna verità, perchè abbiamo toccato tutto ritenendo di essere entrati nell'intimità dell'altro, ma non il cuore, l'unico che possa raccontare qualcosa di vero, la parte in fondo più intima di un corpo. Ma il cuore verrà sottovalutato, quasi come se non fosse importante percepirne i battiti, ascoltare ciò che vorrà sussurrare attraverso la lucidità degli occhi. Ed è proprio quando lo si sottovaluterà che faremo a brandelli il nostro cuore, o permetteremo implicitamente ad altri di fare a pezzi il nostro cuore, non rispettando la nostra intimità, la nostra essenza, ciò che siamo, ciò da cui in fondo tutto parte e a cui tutto ritorna. Penseremo che in fondo fare a pezzi un cuore sia normale, sia ciclico. Ma un cuore a pezzi è pur sempre un cuore a pezzi. E' un'intimità denigrata, fatta a brandelli, in fondo mai toccata, nonostante mani che avranno percorso il nostro corpo con la presunzione di volerci conoscere, senza però mai conoscerci abbastanza. E baciamo anche in questo modo, senza mai mettere una mano sul cuore. Quei baci rubati, regalati, svenduti al miglior offerente, quasi come se quel gesto sia così semplice e naturale da non meritare rispetto. Ecco, questo è un altro pezzo di intimità che in fondo va via. Non credo che un cuore a pezzi possa essere evitato, ma credo che possa non esser denigrato, mortificato, poco rispettato, ponendo una mano sul cuore. Una mano sul cuore e poi su tutto il resto. A volte basterà semplicemente quella, basterà al punto tale da non desiderare di far scorrere impietosamente lungo il corpo dell'altro le nostre mani, perchè in fondo con quella semplice mano poggiata sul cuore avremo già carpito le nostre verità, ciò che quel corpo vorrà raccontare, penetrando nell'assoluta intimità dell'altro, come due anime sole che si saranno a lungo cercate per ritrovarsi in un'alchimia simbiotica a cui non servirà altro, a cui non servirà riempire spazi di parole inutili, a cui non servirà toccare il superfluo più del dovuto, a cui basterà il silenzio perchè la mano sul cuore servirà a percepire quei battiti che saranno come versi melodiosi, che si sposano con il silenzio di un corpo che sarà già così complesso abbastanza. Forse dobbiamo recuperare questo. Dobbiamo placare le nostre continue lamentele sul fatto di non riuscire mai a trovare la persona giusta per noi, smettere di dire che in fondo è sempre tutto così precario, tremendamente banale ed inevitabilmente veloce, cominciando a valutare tra le possibilità il silenzio, il cuore, una mano che lentamente si porrà sul cuore dell'altro senza necessitare sin da subito di scoprire altro, facendocelo bastare, perchè in fondo sarà proprio questa la più intensa delle penetrazioni, la più vera intimità. Allora attendo una mano sul cuore. Una mano che sappia accarezzare la mia nuda intimità, le mie fragili paure, la mia colorita essenza. Una mano che sappia ascoltare parole in un religioso silenzio. 
Attendo chi saprà baciarmi con una mano sul cuore nonostante io creda che pochi o forse nessuno sappia in fondo ancora farlo, perchè troppo semplice, troppo pulito, troppo intimo per chi si comporta come in fondo fanno tutti quasi come fosse la tendenza del momento, per chi vuole tutto e subito ritrovandosi dopo un po' tra le mani il niente, per chi vuole un'intimità limitandosi a toccare superficialmente un corpo senza mai cominciare a cercarla nella profondità di un cuore.

venerdì 14 dicembre 2012

A come attrazione. A come amore.

Credo che gli opposti si attraggano, ma che siano i simili in fondo ad amarsi.
L'attrazione ti acceca come un faro dritto negli occhi che non ti permette di osservare il sentiero, costringendoti a percorrerlo ad occhi chiusi, senza ammirare la bellezza del paesaggio, la semplicità di un tramonto che cede il passo alla notte, non consentendoti di alzare gli occhi al cielo lasciando che il tuo viso sia illuminato dalla luce fioca ma eterna delle stelle. In fondo è quando ti approccerai a ciò che è diverso da te, a ciò che è nuovo e tremendamente accattivante che ti illuderai che questo sia l'unico scambio in grado di farti sentire viva, piena abbastanza da non desiderare altro. Ma l'attrazione ti avvolge, ti brucia e con la medesima rapidità ti spegne. Non segue tempi, non ascolta parole, non annovera il silenzio nella scala delle scelte possibili, non rivolge domande nè pretende risposte, è dunque forse più semplice ma a tratti banale. Segue l'istinto. Quell'istinto che è carne, pulsioni, molto spesso confuso con il cuore che è invece anima, emozione. Gli opposti non si cercano ma si trovano per caso, in un bar, ad un angolo di strada, alla fermata della metro. Si trovano per poi perdersi senza mai più ritrovarsi. In fondo le loro strade non hanno nulla che possa accumunarli, per cui avranno la fortuna di incontrarsi ma quando si perderanno non riusciranno più a ritrovarsi, perchè a causa di quel faro che li ha accecati, costringendoli a starsene ad occhi chiusi, non conosceranno quale sia la possibile via per la riconciliazione. Ma se mai dovesse accadere non riusciranno più a riconoscersi nello sguardo dell'altro perchè in fondo i loro occhi non avranno mai sperimentato la compenetrazione, saranno l'un per l'altro soltanto un vago ricordo, una parentesi da collezionare. 
Credo che invece i simili avvertano l'esigenza di guardarsi negli occhi, perchè non ci sarà un faro ad accecarli, ma sarà la luce che vicendevolmente si trasmetteranno attraverso gli sguardi ad accendere una piccola fiamma, che con cura alimenteranno per trasformarla in un focolare sempre più intenso, sempre più rovente. Percorreranno insieme un sentiero che sentiranno di conoscere sin dal principio, fermandosi di tanto in tanto ad ammirare la bellezza del paesaggio, la semplicità di un tramonto, le stelle che dall'alto faranno da cornice al loro percorso. Avrai forse come la sensazione di essere avvolto in delle lenzuola fresche, profumate, pulite, che non ti bruceranno, ma che ti terranno al caldo senza mai spegnerti. Seguirai un tempo senza averne la benchè minima percezione, riempirai spazi di parole ma molto più spesso di silenzi, silenzi fatti di domande e di risposte nonostante il loro non prender forma attraverso l'emissione di suoni gutturali. Non sarà mai banale ma complicato, perchè oltre a seguire l'istinto ascolta anche il cuore. I simili in realtà non sempre si trovano per caso, molto spesso sarà necessario cercarsi per trovarsi. Molti si cercano, si trovano senza poi andare avanti, per paura che tutto si tramuti in un gioco complicato a tratti ingestibile, in un gioco dove le emozioni potrebbero essere così forti da rischiare di perdere la bussola e non poter più tornare indietro. Ma certe anime perdute riusciranno a sfuggire da questi schemi pericolosi, allora si cercheranno, si troveranno e da qui cominceranno. Probabilmente si perderanno. Ma i simili si ritroveranno, perchè le loro strade sono state costruite per combaciare perfettamente, quelle strade non sconosciute perchè per quei sentieri hanno passeggiato ad occhi aperti, lentamente, avendo così la possibilità di conoscerli nel minimo dettaglio. Si ritroveranno se lo vorranno, ed in genere lo vogliono. Lo vogliono senza mai chiedersi il come, il quando nè il perchè. Lo vorranno ad ogni costo, nel preciso istante in cui il pensiero si insidierà nelle loro menti, perchè in fondo è un sentiero che va percorso insieme. 
Gli opposti si attraggono, ma l'attrazione può essere rapida, rumorosa, istintiva, carnale, abbagliante, trovata senza mai essere cercata, destinata in fondo a consumarsi. L'amore, quello è un'altra cosa. L'amore è lento e silenzioso, segue l'istinto senza mai dimenticare di ascoltare il cuore, è una compenetrazione di anima e corpo, illumina senza mai accecare, è frutto di un'ostinata ricerca che i meno caparbi abbandonano spenti dalla disillusione, è un cercarsi a lungo senza mai trovarsi, per poi trovarsi così, quasi come per caso, senza accorgerci talvolta che quel trovarsi è frutto invece di quella ricerca mai spenta del tutto. E' un cercarsi, un trovarsi, un perdersi, per poi ritrovarsi, riconoscendosi nello sguardo dell'altro, per quella luce che saranno in grado di trasmettere sempre, quella luce che li renderà simili. 
Ho sempre pensato di aver collezionato opposti, tra cui qualche simile. Ma dopo aver lasciato che il flusso dei miei pensieri prendesse forma in ciò che ho scritto, mi rendo conto che anche quelli che credevo simili in realtà si siano rivelati dei banali opposti. Perchè in fondo li ho persi e sono certa di non ritrovarli.

giovedì 13 dicembre 2012

Inizio di primavera.

Anche il cuore ha le sue stagioni.
Il mio quest'anno è passato da un lungo ed estenuante inverno, ad una breve primavera che ha ceduto subito il passo ad una rovente ma ancor più breve estate, per passare di nuovo all'inverno, poi all'autunno, infine di nuovo ad una fresca primavera e ad una calda estate, durata ancora una volta troppo poco, cedendo il passo di nuovo all'inverno, intervallato da sprazzi autunnali, ma pur sempre freddi. In fondo le stagioni più belle, più tiepide o addirittura roventi durano sempre troppo poco. Sono le foglie ingiallite d'autunno che spesso fatico a rimuovere. Ed è sempre quel freddo rigido che si insidia sin nelle ossa, che ti provoca quel fastidiosissimo raffreddore che comincia con un insolito rossore del naso, non facendoti più avvertire la presenza di mani e piedi, a durare sempre troppo. Ma nonostante tutto spesso mi capita di volerci restare, forse perchè so che le mie primavere e le mie caldissime estati sono destinate a durar poco, a volte meno di quanto basti, forse per paura di abituarmici preferisco il freddo. Ma molte altre volte mi capita di volere che quel gelido inverno intervallato da periodi autunnali ma pur sempre freddi rimangano ad aleggiare sul mio cuore per consentirmi di contemplare i rami secchi. Non ho mai ben capito da cosa nasca questo mio ostinato tentativo di curare le foglie che ingiallite cadono dagli alberi spogliandoli completamente di quel colore vivo che dopo poco non mi sembra nemmeno più così intenso. Allora raccolgo le foglie, le conservo e mi siedo ai piedi dell'albero ormai spoglio a contemplarne i rami secchi pur essendo cosciente che quell'albero non riserverà più alcun bocciolo, nè un qualche frutto che diverrà maturo, abbastanza per poi raccoglierlo. Spesso ho così paura che quei rami li stacco per tenerli stretti nelle mie mani, contemplandoli quasi come se stessi ascoltando un poeta recitare dei versi, nonostante a volte avverta la sensazione che quei versi non esistano, ma sono semplicemente frutto della mia immaginazione che teme di lasciare, di archiviare malinconicamente un altro pezzo di vita al punto tale da aggrapparmi ai ricordi, quei ricordi che spesso offuscano la mia mente al punto da irrigidire le mie gambe come se stessi in delle sabbie mobili da cui temi di uscire per ritrovarti con un'anima vuota, colma di assenze e di parole che avresti potuto pronunciare ma che per vigliaccheria non sei riuscita ad emettere. Spesso mi capita di circondarmi delle foglie ingiallite tenendo in pugno strettissimo quei rami così secchi da rendere ruvidi i polpastrelli, e poi li conto. Sì li conto ed ogni tanto li innaffio anche, pur non ricevendo alcuna reazione. Che patetica ossessione, che inutile e vigliacca mania di tener stretto ciò che ti ha tenuto in vita con il fresco profumo delle foglie di primavera e con il caldo rovente dell'estate, per poi morire, così, troppo presto o inaspettatamente, ma come in fondo sempre accade. Ho cercato anche questa volta di conservare ed ogni tanto innaffiare le foglie ingiallite cadute dall'albero, ho contemplato quest'albero spoglio come se fosse un poeta intento a recitare versi, ho addirittura staccato quel ramo per tenerlo stretto fra le mie mani, per tenerlo più vicino al mio petto. E' una cosa insensata e ho sempre pensato che talvolta anche le cose al di fuori di schemi logici aiutino a tenerti in vita. Ma poi ragionando ho capito che ciò che è stato non può più tornare, o forse tornerà in una forma diversa, non lo so, ma non nella forma delle foglie che ho conservato, nè del ramo che ho staccato per tenerlo più vicino al cuore. Ho capito che questo mio vano tentativo mi fa vivere in un passato così ingombrante da non permettermi di avvicinarmi ad altro, di seminare qualcosa da innaffiare con cura per poi assistere a nuove fioriture. Ho capito che forse questo può aiutarmi a tenermi in vita, ma si tratta di una vita precedente, già vissuta, che potrà servire a rievocare emozioni ma non più a viverle standoci dentro. Esiste un momento nella vita in cui ciascuno dovrà decidere se vivere nel presente in attesa del futuro, o se vivere nell'ossessione del passato, rievocando le fresche primavere e le calde estati, ma vivendo pur sempre nel pungente freddo invernale. Esiste un momento in cui realizzi già cosa vuoi fare tempo prima, pur mantenendo stretti quei rami che capirai essere troppo secchi per riscaldare il cuore, ma riuscirai ad esprimerlo soltanto tempo dopo, perchè prima di quel momento non saresti riuscita a gettarli via. Esiste un momento in cui comprendi che devi andar via, che non c'è più spazio, che devi lasciare che le cose riprendano il loro corso regolare. Il mio momento è in questo preciso istante. Allora prendo le foglie ingiallite ed insieme al ramo secco, nonostante avrei voluto trattenerlo, lascio che il vento porti tutto via. Lascio che oggi, in questa fredda giornata di dicembre inizi per il mio cuore ufficialmente la primavera, senza che essa si tramuti velocemente in estate. Non so cosa accadrà, ma il fresco profumo delle foglie, i boccioli che stanno per sbocciare, il tiepido sole di primavera, mi piacciono, e sola, è questo che da oggi decido di contemplare. Sola, senza di te, diventato da un bocciolo che non ha avuto il tempo di fiorire, un ramo secco da gettar via, in questo preludio di primavera che non posso più rimandare.

Scelte giuste, scelte sbagliate.

Non credo esistano scelte giuste o sbagliate. Credo esistano semplicemente scelte. Scelte che potranno essere semplici o più complicate, ma pur sempre e solo scelte.
Niente sarà sbagliato, nè giusto, ma semplicemente scelto come un qualcosa di apparente astrattezza e vaga consistenza che servirà a definirti. Perchè la verità è che spesso ci affanniamo a dare ad ogni piccolo dettaglio una definizione appropriata per catalogarlo in una qualche categoria. Allora per mettere ordine distingueremo il bene dal male, ciò che è giusto da ciò che è malsano, scelte appropriate da quelle che non lo saranno. Ma la verità è che niente di tutto questo necessita di una definizione se prima non riusciremo noi a definirci. E noi ci definiamo soltanto e semplicemente scegliendo. Ciò che è giusto o sbagliato non esiste, è solo una nostra fervida invenzione, un prodotto che nasce dalle mura di cinta e da quegli inestricabili schemi che avremo accantonato nella nostra mente, quasi come per salvarci o semplicemente per avere un alibi all'occorrenza. Per puntare il dito su chi avremo classificato come cattivo, per dare ad altri la colpa della nostra infelicità, di una vita insoddisfacente, per crogiolarci sul finto stereotipo delle scelte sbagliate, della nostra incapacità nel prendere il giusto sentiero, per sentirci in fondo meno colpevoli. Ma la verità è che questo non è altro che un fragilissimo castello di sabbia, perchè basta scegliere permettendoci solo poche volte di scendere al compromesso dell'essere scelti, perchè a volte è doveroso ma mai profondamente giusto ed è proprio quando lo permettiamo sin troppo che erriamo, pericolosamente, vigliaccamente direi. Si è felicemente se stessi in quella frazione di secondo in cui avvertiamo di aver scelto senza lasciare che siano altri a farlo per noi, ad assumersi responsabilità che in fondo sono prive di consistenza. Ho sempre pensato che le scelte che mi hanno resa troppo fragile, a tratti scontata, a volte umiliandomi, lasciandomi dell'amaro in bocca difficile da far passare, fossero state scelte sbagliate solo perchè mi avevano fatto male. Forse invece quelle sono state le migliori, perchè mi hanno fatto arrivare qui, adesso, in questo preciso istante, con la forza necessaria, il calore nel cuore, l'umidità degli occhi. Forse è solo quando bandiremo l'idea di una necessaria quanto futile ed irrealistica classificazione che riusciremo a guardare dinanzi a noi solo potenziali scelte, possibili strade da poter seguire secondo le nostre attitudini, potenziali persone che si avvicineranno al nostro mondo a tal punto da pensare di poterle accogliere e che forse resteranno per quel modo diverso da altri, che avremmo convenzionalmente definito come sbagliati, di starci accanto.
Ci libereremo dall'idea di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, semplicemente scegliendo. E quando l'esigenza di scegliere necessiterà di un pizzico di coraggio in più, perchè meno semplice del previsto, basterà forse chiudere gli occhi, aprire la mente e seguire il cuore. Il cuore non sbaglia mai e nemmeno noi lo faremo se rimarremo ad ascoltarlo in silenzio. Il cuore non sbaglia nemmeno se nel seguirlo ti condurrà verso una strada ostruita, un percorso così impervio da procurarti fratture e graffi lungo tutto il tuo corpo. Ciò che è giusto non significa che ti debba rendere necessariamente felice. Sarà stato giusto anche trovarsi tra rami secchi e strade rocciose che ti avranno condotto ad un burrone senza via d'uscita o addirittura cascarci dentro. Ma alla fine il cuore ha sempre ragione, e tra scelte che convenzionalmente hai voluto definire sbagliate, ti condurrà su un nuovo sentiero, fresco, pulito, che ti renderà libero. Dovrai esser tu in grado e caparbio abbastanza ad esplorarlo. E sarà solo quando lo farai che avvertirai la sensazione che in fondo nulla è stato sbagliato, che non c'è sbaglio più giusto che sbagliare con il cuore, che in fondo hai scelto e nel farlo sei stato semplicemente te stesso.