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martedì 26 gennaio 2016

Quando per innamorarsi servono gli occhi degli altri

A lui avrei perdonato tutto. Anche il maglione con i richiami natalizi, che da brava veterana, ho deciso a malincuore di lasciare al freddo delle mensole nell’armadio già da una ventina di giorni, subito dopo la fine delle festività natalizie.
Su di lei, invece, ho avuto delle riserve sin da subito. Ma a primo impatto, non le avrei mai perdonato le calze color carne, le ballerine ed il giubbotto di pelle nonostante fuori piovesse e ci fossero zero gradi. In fondo lo sanno tutti, le ballerine sono perfette per le giornate di pioggia.

I due erano in un pub, poggiando i gomiti sul bancone di legno massiccio, e mi erano di fronte quando lui le offriva da bere e le versava la birra in un bicchiere di cristallo.
Sarebbe stato un gesto di gentilezza qualunque, se lui non l’avesse guardata in quel modo. 
Come se dovesse fare qualsiasi cosa gli fosse concesso per meritarla, come se si sentisse non abbastanza. Come se domani fosse troppo tardi, perché lei sarebbe già stata di un altro.

La annusava, come se le sue narici non fossero in grado di percepire nessun altro profumo se non quello della sua pelle. Le toccava il braccialetto che aveva al polso e poi le ha detto qualcosa che le ha fatto accennare un lieve sorriso sul viso, mentre lui ha cominciato a ridere di gusto. 
Poi le ha portato una ciocca di capelli che le si poggiava sulla fronte nascondendole l’occhio sinistro dietro l’orecchio. 
Ad un certo punto però le avrà detto qualcosa che l’ha infastidita. 
Così lei ha accantonato il modo disincantato di lui di essere uomo accondiscendo al suo celato desiderio di sentirsi donna il doppio.
Il suo modo semplice di farsi entrare dentro il suo profumo, nonostante non si riuscisse a percepire altro che quello del malto d’orzo impregnato persino nel bancone di legno massiccio.
La sua risata incontrollata, anche quando lei vi ha posto un freno.
Il suo desiderio di volerla guardare dritto negli occhi scostandole i capelli che le coprivano il viso.

Cosí si è irritata. Il suo corpo si è irrigidito, mentre sorseggiava la birra come fosse un sistema per scaricare l’ansia. Immagino che lei sperasse che continuasse tutto come stava andando sino a quel momento. Ma invece lui è tornato al suo posto, sedendosi su di uno sgabello libero a qualche centimetro in più di distanza.

Poi li ho persi di vista, ma ho cercato di immaginare un finale che fosse verosimile.

L’unica immagine che la mia mente è riuscita a concepire è stata quella di lei che si strappa i capelli per lui, e di lui che, invece, preso dalla disillusione di quanto quella donna audace abbastanza da poter indossare un paio di ballerine in una giornata di pioggia non fosse poi così speciale, l’aveva scaricata.

Perché in fondo noi donne siamo fatte un po’ tutte così: crediamo di essere speciali, e questa convinzione diventa la più grande delle nostre frustrazioni.
Per questo ci fa credere che dobbiamo dimostrare il nostro essere donne nel tenere tutti alla larga e nell’imporre sempre le nostre condizioni. E spesso ci rende anche cieche.


Perché magari avessimo gli occhi degli altri. Saremmo in grado di innamorarci più spesso della persona giusta.


Antonia Di Lorenzo - autrice del romanzo Quando torni? disponibile in versione cartacea ed ebook su Amazon, ITunes, Kobo, Scribd, Smashwords, Barnes&Noble e Lulu.