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sabato 21 giugno 2014

Un giro in libreria.

Oggi sono entrata in una libreria per acquistare un libro di travel writing, come richiesto da uno degli insegnanti della mia scuola di giornalismo.

C'è qualcosa di assolutamente coinvolgente in posti come questi. Appena entri c'è un profumo di carta che ti si infila sin dentro le narici. Generalmente l'atmosfera appare cupa, ma suggestiva, come se le copertine dei libri fungessero da candele, di quelle che emanano una luce fioca, ma sufficiente. E non sono molto affollate.Se penso a quanti si professano lettori scaricando le versioni e-book, che poi è un po' come fare del sesso telefonico. Le intenzioni sono le stesse, ma è la forma a cambiare. Polpastrelli che non sfogliano pagine, narici che non annusano alcun profumo: che poi è come perdere parte del piacere.

Luoghi come questi esercitano su di me un forte ascendente, tale da pensare di volerli acquistare tutti, fin quando con il profumo ancora nel naso di pagine di un qualche libro di cui abbia cominciato a leggere la trama sul retro di copertina, il mio raziocinio mi ferma. Ammetto di esserci entrata talvolta solo per percepirne l'odore e quella calma quasi fittizia, pur uscendo a mani vuote. Oggi, per esempio, avrei voluto comprarne una decina, ne stavo per pagare tre, ma alla fine ne ho acquistati soltanto due. Uno dei due mi era stato richiesto, l'altro mi ha attratto per il titolo e l'originalità dei contenuti: "Underground Overground - A passenger's history of the Tube", un racconto ironico su tutto ciò che c'è da sapere sulla metropolitana londinese, attraverso il viaggio dell'autore/protagonista Andrew Martin.

E' come se avessi trovato due luoghi incastrati, l'uno nell'altro. La metropolitana è un luogo di passaggio. E' uno di quei pochi luoghi, forse l'unico rimasto sulla faccia della terra, dove è possibile raccogliere tutte insieme in appena sessanta secondi milioni di vite che raggiungono diverse destinazioni. L'impiegato, il medico, il cameriere, lo studente, l'insegnante, l'artista. Corrono, scansandosi e sfiorandosi i gomiti, restano incastrati nello stesso vagone per dei minuti, e scrutando il passeggero che hanno di fianco o di fronte del tipo ma-che-cappello-indossa, figo-quel-tipo, a-saperlo-prendevo-il-giornale-all'entrata-anche-io, curiosano nelle vite altrui senza nemmeno sospettarlo, in silenzio, tra il rumore dei binari e la voce che annuncia la fermata successiva.

Io adoro luoghi come questi, quelli che sono sentieri dell'anima senza che nemmeno te ne accorga. Quelli attraversati da milioni di vite, tutte diverse eppure simili, legati solo da un viaggio, o forse una destinazione. Quelli che ti fanno crescere la voglia di scoprire, ma con discrezione, senza far troppo rumore. Quelli che profumano di cose che ti piacciono, al punto da volerne riempire una vita intera. Quelli dove non c'è una luce che abbaglia, ma fioca al punto giusto, per potersi guardare solo perché lo si vuole, anche di nascosto. Quelli in cui entri anche solo per due minuti, anche per non acquistare niente, soltanto per il piacere di farlo.

Nei luoghi, come nelle persone, é per piacere che si entra. Per annusarne il profumo, seguirne la scia, assecondarne i desideri. Come se si prendesse la metropolitana con destinazione libreria.