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domenica 29 giugno 2014

Una corsa al parco.

Terminato il turno di lavoro, quando sono rientrata avrei voluto indossare tuta e scarpette per andare a correre nel parco che è ad appena 50 metri da casa mia, alla fine della strada. Avrei messo le cuffie e avrei pensato di essere più veloce del tempo che scorre e consuma, te e chi ti sta intorno. Avrei pensato che basta tenersi in forma per sentirsi meglio, quasi in pace con se stessi. Avrei annusato il profumo della pioggia che ancora bagnava l'asfalto. Avrei guardato il cielo, sarebbe stato rosa, di quelli che preannunciano un tramonto dolce, di quelli che guarderesti dalla finestra della tua stanza insieme a qualcuno, perché condividere qualcosa che sa di infinito utilizzando termini semplici quasi come fosse alla nostra portata, accorcia le distanze e ci fa sentire quasi perfetti, ad un passo dall'essere infiniti. Avrei voluto fare tante cose, alcune delle quali le farei tuttora se mi dicessero che morirei domani.

Quando ho aperto la porta di casa ogni intenzione è svanita. Come se aprendo quella porta e ritrovandomi tra buste zeppe di roba da portar via ed un piumone sul pavimento, avessi capito che sebbene avessi voluto correre, mi dovevo fermare. A volte credi di aver fatto abbastanza, di aver superato ostacoli che non pensavi di poter superare, di aver fatto sacrifici inumani, di aver toccato la maggior parte delle corde di questa vita così imprevedibile. Non sarà mai abbastanza. Ci sarà sempre altro, altro, e ancora altro. Per esempio oggi, quando ho varcato la porta di casa, la vita mi ha chiesto che dovevo dimostrare di crescere ancora un po', di essere più della donna che pensavo di essere diventata. Questa volta l'ho trovata pretenziosa, mi ha chiesto di essere forte come una donna che è in grado di attraversare da sola una tempesta, per approdare sulla terra ferma dopo settimane, ancora viva. Di comporre frasi semplici, composte da termini non troppo lunghi, così da essere compresi da tutti, come fanno i bambini. Mi ha chiesto di provare lo stesso senso di smarrimento che si prova quando sei adolescente, quando il tuo ragazzo ti lascia per sms, i tuoi genitori non ti lasciano vedere i tuoi amici, la tua insegnante ti dice che potresti fare di più. Mi ha chiesto di avere la stessa pazienza delle madri, la stessa dedizione che una moglie avrebbe verso suo marito, la stessa premura di una nonna verso un nipote. 

Eppure io nemmeno lo sapevo, che nella giornata di oggi, una qualunque domenica, la vita mi chiedesse di attraversare così velocemente tutte le fasi dell'essere donna. Quasi come mi chiedesse di correre, pur restando ferma a guardare quello che ero costretta a vedere, pur desiderando di andare via. 

E così ho capito che la vita ci mette alla prova, quando le va, e noi dobbiamo essere sempre pronti. Che dobbiamo passare fasi di lancinanti rimorsi per apprendere che invece saranno niente altro che rimpianti. Ho capito che la vita mi chiedeva in fondo l'unica cosa che ho sempre saputo fare con invidiabile maestria: riparare stati d'animo rotti, a discapito del mio, che intanto si sbriciola. Tenere al loro equilibrio, più che al mio. Perché in fondo è sempre stato così, nessuno mi ha mai chiesto di cambiare.

Ma oggi non ero pronta. Ero sola, e volevo correre. Volevo alzare gli occhi al cielo e vederlo rosa, stringermi al vento che intanto spazzava le foglie, per sentirmi ad un passo dall'essere infinita. Avrei voluto annusare il profumo dell'erba ancora bagnata. Pensare che non mi è dovuto attraversare tutte queste fasi così velocemente, tutte insieme, ma passo dopo passo. Avrei voluto ridere, ancora un po'.

mercoledì 21 maggio 2014

Come margherite sul comodino.

L'altro giorno nel ristorante dove lavoro, è entrato un uomo su di una sedia a rotelle, senza braccia, né gambe. Ho trattenuto le lacrime per timore che qualcuno se ne accorgesse, ed anche perché credo che uomini costretti a convivere con una tale disgrazia, non abbiano bisogno della commiserazione di estranei.
Poi ho ammirato la donna che spingeva la sua sedia a rotelle, sino a trovargli la posizione a lui più comoda. Ho invidiato il suo sguardo fiero, quasi come se volesse dire che il suo uomo, nonostante tutto, non aveva meno degli altri. E ha soppiantato le sue manchevolezze imboccandolo con disinvoltura, portando il cibo alla sua bocca soltanto nell'attesa che lui ingoiasse la sua porzione. Gli ha pulito la bocca con i tovaglioli, scrollato le briciole dalle sue gambe. La loro naturalezza faceva sembrare che fosse una situazione normale. Ma poi, pensandoci, ho capito che nonostante la triste storia di quell'uomo, in fondo lo fosse davvero. Ho pensato che quella donna più che l'etichetta di eroina, di donna che si immola per una causa giusta, avrebbe preferito quella di compagna e basta. Perché nell'amore è così: non devi mai lasciare che l'altro pensi di non essere abbastanza, e se lo fa, devi cercare di attutire le sue mancanze, offrendogli tutto quello che hai.

Quando lui va a fare la spesa, compra sempre due confezioni di yogurt: una alla fragola, un'altra al gusto di pesca. E mi dice che quest'ultima è per me, l'altra l'ha comprata soltanto per lui, perché sa che non mangio yogurt alla fragola, non mi piacciono. Quando ero piccola li chiamavo "yogurt rosa", ed ancora adesso, per farglielo capire, li chiamo "pink". Lui se ne ricorda sempre. Come si ricorda che amo il succo d'arancia, e ne compra sempre una bottiglia, insieme al succo di mela, che di solito non bevevo prima, ma adesso ho cominciato a farlo con gusto. Come si è ricordato quanto amassi le margherite, ed un giorno che stavo male, è arrivato con un vaso, poggiandomelo sul comodino.
Verso le sei del pomeriggio se sono a casa mi chiede sempre cosa desidero per cena. Se non ci sono, me ne conserva un piatto, proprio come farebbe mia madre.
Guardandomi talvolta mangiare la pastina in brodo, diceva che fosse soltanto un po' di pasta in una ciotola d'acqua. Ma una sera, faceva freddo, e l'abbiamo mangiata insieme. Per lui, non è stata tanto male.
O come quando mi ha regalato una macchina del caffè, perché così, a suo dire, avrei potuto preparare un espresso, non continuando con le lamentele su quanto fosse disgustoso il caffè made in England. O come quella volta che ha seguito uno spettacolo al teatro in lingua italiana, perché sapeva quanto ci tenessi, nonostante non capisca bene l'italiano.

Oggi pomeriggio gli uccelli non smettevano di cinguettare e all'orizzonte si intravedeva un cielo rosa misto all'arancione, di quelli che avrebbero ceduto il passo ad un tramonto meraviglioso, se non fosse stato per le nuvole che, come di consueto, nascondevano il Sole, come una superficie di panna montata. E proprio mentre il canto degli uccelli entrava come musica dalla finestra della mia stanza, pensavo a quanti capitoli della mia vita abbia aperto e poi chiuso, e a quelli che ancora non conosco e che dovrò aprire, per poi chiuderli ancora. Ma soprattutto ho tentato di dare un nome ed un volto a quest'attuale capitolo della mia vita, ed nelle mie orecchie non sentivo altro che il suono del suo nome, nella mia mente immaginavo soltanto il suo volto.
E ho pensato, che nonostante le tangibili diversità, non fossimo così diversi da quella coppia entrata nel ristorante, perché anche noi, come loro, tentiamo di non far mancare nulla all'altro, ed offriamo ciò che abbiamo per sentirci sempre all'altezza l'un dell'altro.

Ed ogni giorno imparo qualcosa in più. Ho imparato che l'amore è quando lui ti riempie il frigo di yogurt "arancioni", perché i "rosa" non ti piacciono. E' quando tu li compri "rosa", soltanto per lui. E' quando assaggi succhi che non avevi mai provato, ma che pian piano impari a gustare, come del nettare degli dei. Sono petali di margherite, in un giorno di sole, poggiati sul comodino, per alleviare il tuo dolore. E' chiederti cosa vuoi per cena, perché mangiare da soli è triste, in due si sta meglio. E' condividere un pezzo di cioccolato e lasciargli l'ultimo pezzo. E' imparare a farsi piacere ciò che prima si ignorava per partito preso. L'amore è dire "adesso so cosa scrivere sul mio blog, ma lo faccio dopo", e lui che ti risponde: "No, fallo ora, altrimenti perdi la tua ispirazione".

Questa fase della mia vita si chiama: ritrovarsi nei gesti più semplici.