mercoledì 20 febbraio 2013

Vivere al contrario.

A volte sorseggio del caffè rimasto in cucina verso le 12.30, orario in cui dovresti preparare lo stomaco al pranzo ed invece io sorseggio un po' di caffè che favorisce la chiusura del mio stomaco, non perchè non mi vada di pranzare, ma per tenermi sveglia. Sì perchè in certe giornate, quando il Sole è a metà del suo giro, mi capita di imbattermi in una strana sonnolenza, come se non fossi sincronizzata con il movimento solare, come se la mia giornata non fosse giunta a metà del suo giro, ma è come se ne desiderassi già la fine.
Ma quando il Sole finalmente tramonta, talvolta vorrei che la mia giornata potesse iniziare da lì: con un cielo stellato che fa da cornice alla maestosità della Luna che vive di luce riflessa dal Sole, con il buio che oscura la tua stanza imponendoti la luce artificiale di una lampada perchè vuoi restare sveglia mentre tutti dormono, con il silenzio delle strade deserte che sembra talvolta dirti molto di più di quanto lo facciano i clacson delle automobili o il vociare dei passanti.
Un po' come vivere giornate al contrario, considerando che in realtà una giornata del genere si presta ad essere l'espressione di certi aspetti della tua vita. 
Quando ero piccola ho avuto dei problemi di salute, adesso, "nonostante l'età", a parte qualche capello bianco che comincia a spuntare, credo di essere sana come un pesce. 
Quando ero adolescente, mentre tutte le mie amiche prendevano una cotta passeggera per uno diverso ogni settimana, io invece mi innamoravo. Mi innamoravo ed inevitabilmente mi straziavo ad ogni gesto di indifferenza. Adesso invece non mi innamoro più, ma riesco ancora incomprensibilmente a straziarmi ad ogni singolo gesto di insana ed ingiustificabile indifferenza. Non so come sia possibile, eppure accade, anche se in una vita "normale" lo strazio dovrebbe succedere ad un amore perduto e non l'inverso.
Quando inizio un percorso, lavorativo o universitario che sia, lo intraprendo con invidiabile convinzione, come se cominciassi la corsa non aspettando altro che raggiungere la meta, ma quando sto per toccare la bandierina sopraggiunge la sensazione di voler quasi tornare indietro, come se preferissi partire dalla meta per fare il percorso inverso e godermi le singole tappe gradualmente in maniera più intensa.
Ogni tanto mi capita di guardare il calendario appeso alla parete ed invece di conteggiare il numero dei giorni per capire quanto possa ancora fare in quell'arco temporale, giro già la pagina al mese successivo come se volessi in fondo capire quanto manchi per non poter più realizzare ciò che ho in mente.
Quando parto mi convinco di sapere già cosa voglio fare, ma quando arrivo quello che voglio fare sembra perdersi fra i fumi di un'aria rarefatta che ti fa mettere in discussione l'obiettivo per cui sei partita, cominciando a valutare altre strade che avresti dovuto percorrere forse sin dall'inizio ma che probabilmente non avresti comunque considerato per quel tuo modo di valutare quasi alla fine, mai all'inizio, per quel tuo modo di straziarti per fini a tuo parere incomprensibili, ma non meno del tuo modo di non godere mai a pieno di un inizio.
All'inizio di un rapporto di qualsiasi tipo non riesco mai ad essere spontanea, la mia spontaneità emerge in maniera dirompente prestandosi a dei colossali fraintendimenti soltanto alla fine, quando non ce ne sarebbe in realtà alcun bisogno.
Parlo quando dovrei restare in silenzio, mi chiudo in un silenzio tombale quando sarebbe preferibile urlare.
Corro quando dovrei fermarmi, mi fermo quando sarebbe il caso di correre.
Rallento sempre troppo tardi, velocizzo i ritmi sempre troppo presto.
Mi dedico alla scrittura di un racconto qualunque per un concorso letterario quando dovrei proseguire nella scrittura della tesi, e trascorro l'intera giornata a scrivere la tesi nonostante la scadenza sia lontana mentre si avvicina quella per spedire il racconto.

Ammetto di vivere lentamente e al contrario, proprio come quelle giornate in cui ti svegli stanca e vai a dormire da sveglia.

Ma alla fine, chi stabilisce cosa sia l'ordine? Chi stabilisce quando una vita possa dirsi spesa al contrario?

Mi fido solo di Mahatma Gandhi, e lui in proposito mi pare non abbia mai detto niente. In fondo anche Woody Allen, con la sua storia del cominciare a vivere morendo e morire perdendosi in un orgasmo, sarebbe forse d'accordo.


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