domenica 18 agosto 2013

Pensieri in metropolitana.

Stamattina ero in metropolitana quando ad un certo punto rimango incantata dal sorriso di un uomo che chiede cortesemente ad un passante di scattare una fotografia, avvicinando a se la moglie in un caloroso abbraccio. Ed è stato in quel momento che ho capito che questa giornata avrebbe preso una piega diversa. Un giorno in fondo come gli altri, in cui però ti trovi a mischiare la tua felicità che è fresca e leggera, ad una malinconia che risulta a tratti pesante ed umida, come quando ti bagni e ti sei appiccicosa.
E ho pensato che avrei voluto essere guardata anche io con quegli occhi pieni di amore con cui quell'uomo guardava sua moglie, avrei anch'io desiderato che degli occhi con la loro luce mi offuscassero la vista. O forse quello di cui ho avvertito la mancanza è stato sentire l'odore della pelle di chi ti stringe a se sulla tua, l'essere stretta, mai troppo, ma quanto in fondo basta per sentirsi protetti.
Stamattina, alla visione di quell'immagine, ho avvertito un magone che ho cercato di colmare quasi a fine giornata con l'acquisto di cosmetici a metà prezzo. Ma oggi forse era uno di quei giorni in cui ti svegli e desidereresti essere abbracciata, sentire una voce amica tra le tue mille cose da fare. 
O forse avrei voluto essere semplicemente come quell'uomo: riuscire a stringere ciò a cui tengo e lasciare andare il superfluo, nonostante spesso mi capiti di fare esattamente il contrario. Riuscire a sorridere all'amore senza timore. Riuscire a trasmettere luce viva che non si spegne, perché non è riflessa ma ci appartiene.

Quell'uomo mi ha fatto pensare anche alle persone care che adesso mi sono lontane a cui non so se debba o meno spiegazioni, ma ciò che posso dire è soltanto che sto bene, che i pensieri sono tanti e confusi come un gomitolo di lana i cui fili si sciolgono a fatica, che cerco di costruire anche se non so ancora bene cosa sto facendo, a volte ho pianto, altre ho starnazzato come un'oca per l'eccessiva contentezza. Vivo tra la routine e la follia, tra un up e un down, tra super down e super up. Vivo sognando ad occhi aperti, e quando li chiudo cerco di pensare a cosa potrò vivere. Cerco soltanto di essere felice, anche se oggi volevo degli occhi che mi guardassero, delle braccia che mi tenessero strette, un sorriso che mi riscaldasse.

giovedì 15 agosto 2013

Brave ragazze.

Io sono stata per tutti sempre la "brava ragazza", quella personcina ingenua a cui rifilare al momento utile la frase "Non voglio prenderti in giro". Quella con cui si parte già a carte scoperte per timore di deludere, o perché il mistero sa di un proibito che incute timore. Non ho mai capito che meccanismo scatti né perché accade costantemente, eppure leggo copioni già scritti, guardo vecchie pellicole dalla trama poco originale e dal finale scontato, che in fondo non emozionano non tanto perché sembra sia già nota la fine, ma proprio perché sin dal principio il contenuto appare scarno, senza colpi di scena che ne invertirebbero la traiettoria. Eppure anche le "brave ragazze", come voi uomini comunemente definite una certa categoria di donne, hanno bisogno di leggerezza che porti a non pensare al domani ma al vivere solo oggi. Anche loro necessitano di bruciarsi e spegnersi come fiammiferi, anche soltanto una volta, o più di una. Forse loro non hanno bisogno di leggere copioni già scritti da qualcun'altro, né di guardare vecchie pellicole scontate, ma di scrivere storie, ed è forse proprio attraverso questa lenta concatenazione di parole che prende forma grazie al riflusso di pensieri confusi che pian piano fuoriescono come cascate, che le loro storie si proietteranno su di uno schermo, storie che lasceranno a bocca aperta per l'originalità del contenuto, e per la bellezza che sarà trasmessa. E non importa se il finale non sarà il colpo di scena che tutti si sarebbero aspettati, la storia piacerà lo stesso, perché sarà diversa, perché nel corso della sua visione avrà emozionato.
Ed è questo che voglio per me: emozioni. Persone che sono come una boccata d'aria fresca, che incantano per il loro modo di vivere la vita come se un domani non fosse alle porte, quelle che lasciano dietro di sé una scia che profuma della libertà più disincantata. Persone che non resteranno inermi a guadare te che scrivi, ma che forse lo faranno con te, perché avranno la penna stracolma di inchiostro, ed occhi in grado di guardare oltre, senza pensare a come andrà a finire.
Ma questo modo di vivere non è per tutti, non lo si apprende, non lo si emula da qualcun'altro. E' forse innato. Le matite non saranno mai penne, e soltanto occhi colmi di esperienza saranno in grado di guardare al di là delle proprie tasche, allora il cuore sarà in grado di riempirsi ed il cervello si fermerà dando spazio ad un unico pensiero: vivere per ciò che si sente, come se un domani non ci fosse, perché pensare alla fine impedisce di godere di un inizio, impedisce in fondo di vivere emozionandosi.

lunedì 12 agosto 2013

Un orologio a Portobello.

L'altro giorno ero a Portobello e ho comprato un orologio antichizzato, di color rame, di quelli che si appendono al collo, chiusi, che si aprono solo all'occorrenza per guadare l'orario, ma che intanto nascondi sotto la t-shirt. Ed è esattamente quello che faccio ogni volta che intraprendo un'esperienza del genere, a Londra o in qualche altra città, lontano dagli affetti più cari, ma anche da contesti che già in breve tempo cominci a percepire come stretti, statici, che in fondo non sanno di niente: nascondere il tempo. E' raro che io apra il mio orologio per constatare l'orario, è chiuso, è nascosto, ma è al caldo, non troppo distante dal cuore. Da adesso in poi vorrei che il mio tempo fosse così: cosciente del suo inevitabile trascorrere, ma al contempo cristallizzato, catturato in un pugno, in cui ci fai entrare soltanto ciò che vuoi tu, chi ti fa sentire leggera, compresa, mai diversa, chi possiede coraggio e maturità per affrontare la vita di petto, chi non fa del motto della sua vita "lo-faccio-anche-io-perché-lo-fanno-tutti" ma "se-nessuno-lo-fa-allora-lo-faccio-io", chi non sta seduto a guardare la vita che gli scorre davanti senza mai afferrarla per la gola e sfidarla senza paura, chi segue le emozioni con invidiabile maestria, talvolta addirittura affogandoci per risalire.
Il tempo è sempre stato il mio più acerrimo nemico, ma ora ho capito che lo era nella forma che gli avevo concesso di prendere: quella del "farci-entrare-tutto". Ma ora no. Non può il mio tempo contenere tutto, ma solo ciò che è importante, solo chi conta, solo chi sente realmente la tua mancanza, chi ti chiede come stai perchè non è curioso ma interessato a conoscerne la risposta. Allora in questo modo il tempo non ti brucia, né ti logorerà mai, perché il tempo in questi casi non può che rafforzare, senza mai lasciare che qualcosa appassisca, se lo si cura. Allora vorrei che nel mio tempo entrassero boccioli freschi, di quelli bagnati appena di rugiada, di un profumo tale da inebriare la stanza, mai più finti boccioli che poi si rivelano foglie secche.
Allora fermo tutto e riparto da qui, da un orologio antichizzato che conserva il mio tempo, e con esso una frase letta su di un poster venduto tra le bancarelle del mercato di Portobello: Live well, love much, laugh often. 

martedì 6 agosto 2013

Ricomincio da Tower Hill.

E' da un po' che non lo facevo: prendere la metro in direzione Tower Hill, con le cuffie nelle orecchie sulle note di una qualche canzone di Coldplay, sciogliere i pensieri e cominciare a scrivere. Ed è proprio qui che circa un anno fa ho cominciato ed è da qui che ora ricomincio. Ricomincio ad essere forte anche da sola, a distinguere i bisogni dai desideri, a svegliarmi al mattino col sorriso tra lenzuola fresche dal profumo di lavanda, a credere che tutto sia possibile, a godere di ciò che la vita ci offre e a farcelo bastare, a pensare che l'amore non salva nessuno se prima non impariamo a salvare noi stessi amandoci come se fossimo quanto basta per riempire la nostra vita. Ed io stasera ho cominciato a farlo così, forse, scrivendo sulle note di Yellow con la Torre di Londra che di fronte illumina il mio viso, il foglio della mia agenda, il mio cuore.
Perchè alle mancanze non posso dare più spazio né tempo, così come alle persone, che cercherò di sciogliere come nodi, come i pensieri.

sabato 3 agosto 2013

Imitazioni.

C'è una cosa che di Londra più di tutto mi stupisce: il suo essere così diversa pur essendo nella sua eterna costanza sempre la stessa. Ed è forse questo l'insegnamento più importante che possa dare: provare ad emularla, immergendoci nell'aria rarefatta di una metropoli, tra i clacson assordanti ed i rintocchi del Big Ben, fermandoci quando occorre su di una panchina presso il Millennium Bridge, così che il tuo sguardo possa perdersi nel rossore di un tramonto in una giornata di sole, ove fermi saranno i pensieri, i ricordi, quanto basta, fino a sera. Imitare Londra significa cambiare pur mantenendo intatta la propria individualità, andare avanti correndo ma fermarsi quando occorre per rimettere insieme i pezzi, significa sperare che tutto sia sempre possibile perché nella nostra irrimediabile mortalità anche noi possiamo sentirci eterni, vivi, infiniti.

Nessuno può cambiare il mondo, ma il mondo può cambiare noi, se lo vogliamo, se ne abbiamo il coraggio.

venerdì 26 luglio 2013

Cose semplici.

Vorrei cose semplici. Un caffè caldo non appena abbia aperto gli occhi, tra lenzuola fresche e profumate, una finestra dai cui vetri filtrino tiepidi raggi di sole, preludio di una giornata calda in tutto può ancora accadere. Vorrei sentire parole semplici: ti voglio bene, grazie, scusami, mi dispiace, ho sbagliato. Vorrei avvertire gesti semplici, come quegli abbracci fortissimi che ti tolgono il fiato, come se ti sussurrassero all'orecchio dolcemente "Resta con me, per favore". Invece lasciamo andare ed andiamo via, come se questa fosse l'unica alternativa per rimuovere, schiacciare, seppellire. Siamo solo capaci di lasciare andare come se fosse soltanto quest'azione a misurare la grandezza di un uomo o di una donna, ma afferrare con i denti e con le unghie non è di certo meno dignitoso, se non più umano, più vero. Invece i bisogni spesso si nascondono per poi riesplodere a tempo debito, a volte più grandi di prima, senza poter far niente per accantonarli. Allora vivremo di desideri nascosti che riusciranno a prendere forma soltanto nella nostra fervida fantasia, di bisogni insoddisfatti, di luci spente e bocche chiuse. Non vivremo mai abbastanza fin quando non decideremo di dire la verità, per poi girare le spalle, o forse semplicemente rincorrerci e possederci, anche una volta sola.

mercoledì 24 luglio 2013

Nel dubbio.

L'ho fatto di proposito. Il non avere tempo nemmeno per pensare. Perché in fondo attendere che il tempo scorra e rifugiarsi nei pensieri più segreti non ti fa muovere di un passo, non ti conduce su nessuna delle possibili strade, restando inerme dietro un cespuglio a guardare gli altri andare avanti. Ed è per questo che la fretta stavolta è stata mia fedele alleata. Di cosa ho paura? Non lo so. Forse temo la solitudine, anche se nella mia, spesso e volentieri, ci sono stata bene comunque. Forse temo porte chiuse in faccia, nonostante ne abbia avute molte per aprirne poi altre più grandi. Temo forse di avvertire vuoti allo stomaco, profondi quanto le mancanze che mi porterò dietro, che cercherò di colmare con del cibo preconfezionato. Temo di sentirmi una formica pur desiderando di diventare una leonessa. Temo di non mancare a nessuno come certe persone mancheranno a me, come quell'aria che ogni giorno respiro. Temo i cambiamenti, i miei, ma soprattutto quelli degli altri. Temo quella valigia ai piedi del letto perché è rossa, ed il colore rosso lo detesto, perché è quasi piena ed invece vorrei svuotarla per non portarmi dietro proprio nulla, per sentirmi leggera, libera, seppur nella mia costante confusione. Temo l'attività del seminare senza mai raccogliere frutti maturi abbastanza. Temo di essere una goccia d'olio che resta in superficie senza mai espandersi. Temo tutto e niente, temo le mie scelte che sono sempre le stesse. Ma al di là di ciò che possa o meno temere, se qualcuno mi avesse messo su carta un sol motivo per restare, io, forse, sarei restata. Ma nessuno l'ha fatto, nessuno l'ha detto, nemmeno urlato. Allora nel dubbio, io lascio, per un tempo indefinito, in attesa forse di tornare, solo quando la mia coscienza sarà più grande, la mia valigia ancor più pesante, con amore, col sorriso.