sabato 22 dicembre 2012

Dalla responsabilmente!

Tutte le donne ce l'hanno e "darla" non costituisce di certo un peccato mortale ma qualcosa di tremendamente sano, naturale, fisiologico. Il punto è darla responsabilmente, utilizzando ciò che in fondo dovrebbe caratterizzare la categoria, un equilibrio simbiotico di cuore e cervello. In passato la "donna oggetto" aveva esclusivamente questa funzione: darla al migliore offerente. Poi grazie ad esponenti che sono col tempo divenute l'emblema di una società che stava crescendo verso il principio della parità dei sessi, cucendo un ruolo di certo maggiore per le donne le cui idee hanno preso il volo come rondini nell'aria fresca di primavera, le cose sono cambiate. Alla funzione primigenia se ne sono affiancate delle altre che hanno reso la donna più forte e completa, al punto da farne un gran centro decisionale con forte senso persuasivo sugli uomini, sbaragliando stereotipi obsoleti. Le donne oggi possono votare, leggere, studiare, avere un certo peso professionale nella società moderna, riescono a mandare avanti intere famiglie, trasmettono un amore incommensurabile al punto da riuscire a riempire ogni singolo spazio vuoto, al punto da renderle indispensabili, per tutti. Le donne oggi hanno acquistato libertà, e se per libertà intendiamo la negazione di qualsivoglia forma di dipendenza, significa che del sesso maschile, considerato forte, duro, a volte feroce, possono farne a meno, talvolta sarà necessario per rimarcare la propria libertà, per secoli negata, ma alla fine dopo tante battaglie vinta. 
Ecco perché credo che le donne che alle porte del 2013 girano ancora con un cartello appeso al collo con scritto "Te la do", quelle donne volutamente vuote perchè non fanno nulla per nutrirsi di qualcosa di diverso, quelle donne che dipendono dal sesso maschile al punto da ridicolizzarsi più che dal profumo delle idee fresche, libere, profondamente femminili, non siano amorali, nè voglio etichettarle con simpatici appellativi riecheggiando le antiche cortigiane di corte perchè per quei bigotti quanto irrealistici luoghi comuni secondo cui le donne sono delle gran bagasce se vanno con chiunque, mentre gli uomini saranno sempre e comunque giustificati, non c'è più spazio attualmente, non ce ne deve essere. Non saranno amorali ma paradossalmente obsolete, quasi uno schiaffo ed una mortificazione per chi ci ha rimesso addirittura la pelle per farci credere nella forza delle nostre idee, per inculcarci che anche da sole le donne valgono, perchè sono forti, belle, intelligenti, speciali. Non so se credere molto nella comune affermazione "gli uomini cercano solo quello", perchè in fondo può darsi sia anche vero ma Madre Natura con gli uomini non è stata così generosa, gli uomini crederanno di cercare ma in realtà spesso si "accontenteranno" di ciò che saranno le donne ad offrire, saremo dunque noi donne a cercare, a scegliere, a trovare, ad ottenere, gli uomini saranno spesso solo e semplici prede, nonostante non se ne rendano conto. E data la poca generosità di Madre Natura, agli uomini "prenderla" e "gettarla via" come fosse un sacchetto della spesa, in modo semplice, futile, senza alcuna forma di complicazione, andrà bene, ma andrà bene come quando vai al cinema e non trasmettono nessun film particolarmente interessante, allora nella programmazione sceglierai il "migliore fra i peggiori", di quelli con una trama così scontata che sembrerà già visto, di quelli che il giorno dopo non ricorderai. 
Le donne non si possono distinguere per un qualcosa che in fondo avranno tutte ed il sesso non può essere oggetto di una compravendita, credo non sia amorale, ma appunto naturale, fisiologico, assolutamente normale, ma a noi donne è richiesto qualcosa in più proprio perchè dovremmo possedere potenzialmente qualcosa in più: il decoro, il buon senso, un innato senso di libertà che ci rende fresche e piacevoli senza dover svendere necessariamente il nostro corpo. Non lo si deve fare per piacere di più nè per preservare una certa integrità agli occhi degli altri, perchè ci sarà sempre un motivo per criticarci, anche quando apparentemente non ci sarà. Lo dobbiamo fare per guardarci allo specchio e sentirci profondamente donne, quelle donne che hanno lottato vincendo una parità di diritti non una trasformazione in uomini poco intelligenti anche per esser cinici che agiscono semplicisticamente utilizzando solo il loro organo genitale in mancanza di altro. Per sentirci donne piene di quella libertà che si sposa con la freschezza delle idee ed il profumo dei desideri. Per sentirci donne aperte mentalmente, senza cadere nella falsa visione che l'apertura mentale significhi "darla necessariamente a chiunque". 
Nessuna nasce "santa", ma molte donne dovrebbero cominciare a sfruttare quel potenziale che Madre Natura gli ha donato, quella combinazione fra cuore e cervello che ci permette di lasciarci andare quando le emozioni saranno così forti da traboccare, che ci permette di dire sì ma anche no quando sarà necessario, che ci permette di capire quando è il momento di dire basta, quando sarà il momento di manifestarci nel pieno delle nostre funzioni senza minimizzare la nostra anima ad una sola funzione, quella primigenia, quella che non ci distingue, quella che in fondo è da tutte esercitata. Ognuno sceglie di essere ciò che vuole. Vado forse controcorrente ma ho scelto di essere un film dalla trama non scontata, di quelli con un finale che non ti aspetti, di quelli con una trama ingarbugliata che può annoiare o appassionare tremendamente, quei film che sono in programmazione ma poco pubblicizzati, quelli che guarderanno in pochi ma che ricorderanno tutti, di quelli che necessiteranno di tempo per riscuotere successo.

giovedì 20 dicembre 2012

Come se non avessi scritto un bel niente.

Non so che momento sia.
Non so se sia il momento di mettere tutto in stand by o il momento giusto per ripartire.
Non so se sia il momento per illudersi o mantenere le fredde e statiche solite convinzioni.
Non so se aprire il cuore o chiuderlo come un ventaglio che non serve, perchè sì, in effetti in certi momenti è quello che mi chiedo: "A che serve lasciarlo lì ad occupare spazio?"
Non so nemmeno se devo partire o è giusto che rimanga.
Non so nemmeno cos'è che veramente mi manca, nonostante avverta la presenza di una qualche mancanza che si ostina a ripresentarsi ogni qual volta tenti a fatica di abituarmi, di adattarmi, di lasciare che il passato scivoli via lentamente sul mio corpo, lavando i ricordi, accorciando i desideri, sino quasi a pensare che siano scomparsi. Non so che momento sia perchè in genere ciascuno ha una propria guida che può indicare la strada giusta da seguire, o semplicemente offrire un suggerimento, che potrà esser colto o meno, ma sarà pur sempre un faro che ci seguirà ovunque sceglieremo di andare.
Io non ho mai avuto una guida, se non me stessa. Giuro che in certi momenti avrei voluto averne una, ma alla fine ho sempre scelto da sola e comunicato le mie scelte a chi mi era accanto, a chi accanto a me ha deciso di restare, a chi poi ha deciso di andare. So quello che manca, ma non posso cercarlo, nè tanto meno riesco ad esprimerlo, forse perchè nemmeno esiste. Il punto è che mi sono trovata sempre così sola davanti alle scelte che adesso ne sono un po' stufa. Ho dovuto imparare a starmene per conto mio, mi sono fatta piacere tanto, a volte troppo, questa solitudine che spesso mi ha abbagliato, altre volte mi ha fatto rimanere al buio, perchè in fondo le scelte sono solo nostre, è questo che mi sentivo sempre ripetere. Allora sono cresciuta, ho preso scelte per sentirmi sempre più grande, l'ho fatto sempre da sola, perchè in fondo io mi bastavo, a volte mi bastavo al punto da sentirmi decisamente troppo. Mi sono lanciata in cose che sembravano piccole diventando poi troppo grandi, troppo ingombranti per me al punto da costringermi a fare un passo indietro. Mi sono invece immersa in ciò che apparentemente mi sembrava troppo grande, di una così profonda ma incerta consistenza, sino a sperimentare tutte le mie possibili gradazioni di colori, sino ad espandermi così tanto da considerare ciò in cui mi ero immersa poi non in fondo così grande, ma alla mia altezza. Ho sempre comunicato ma mai condiviso. Per una volta nella mia vita avrei voluto condividere prima di comunicare, per sentirmi forse meno sola, per sentire di fare per una volta qualcosa in cui fossero partecipi anche altri e non solo la mia persona, per nutrire me stessa e della stessa sostanza anche qualcun'altro. Talvolta ho creduto di condividere il tutto con chi incontravo lungo le strada al di là del cancello che si apre sempre ogni volta che scelgo, sino poi a pensare che in realtà non condividevo mai del tutto, perchè chi incontravo lungo il tragitto non era altro che lo stesso frutto delle mie scelte, parte di quel progetto in cui mi ero addentrata, come se avessi acquistato un pacchetto all inclusive, per una persona, sempre e solo per una persona. Una persona che ha scelto di vivere in questo modo ma che adesso si sente grande abbastanza, che adesso è forse semplicemente stanca di ripetere sempre tutto come fosse un copione già scritto. Una persona che adesso forse desidererebbe dormire e svegliarsi domani con una vita già pianificata da altri, nonostante vada contro i suoi principi, solo per avere qualcosa di diverso, solo forse per pensare che ci sia qualcuno che abbia scelto di vivere con lei, che abbia scelto in fondo di condividermi con tutti i miei pro e tutti i miei contra. Perché si insegna che si diventa grandi affrontando e scegliendo tutto da soli, ed in effetti ci sono giorni in cui mi sveglio ed ho 23 anni ma in realtà me ne sento il doppio. Ma qual è il giusto equilibrio per sentirsi meno soli ma grandi lo stesso? Ci sono giorni in cui ti svegli ed hai solo 23 anni nonostante te ne senta il doppio, in cui non sai che momento stai vivendo, cosa vuoi e soprattutto dove vuoi dirigerti. Ci sono giorni in cui ti accorgi che quello che volevi forse non esiste, che la tua stanchezza ti ha condotto all'abituarti, a startene in silenzio, a non lamentarti più. Ci sono giorni in cui addirittura vuoi restare, sei addirittura stanca di prendere come al solito i tuoi bagagli e partire, come fai sempre, quando ti stanchi di dare spiegazioni, di risolvere problemi privi di consistenza, quando sei stanca di tutto ed anche un po' di te stessa, come se ora fossi stanca anche del solito modo di reagire, come se volessi cercare qualcosa che potrebbe essere più vicino di quanto immagini ma che in effetti non si palesa e ti rende impaziente.
Ci sono giorni in cui scrivi tante parole, ma è come se il realtà non avessi scritto un bel niente.

mercoledì 19 dicembre 2012

Come lancette di un orologio.

La regola è la seguente.
Quando vorrai Marco, lui non ti cercherà, ma lo farà tempo dopo, quando tu avrai smesso di cercarlo e vorrai intanto Mattia, che a sua volta non ti cercherà, forse lo farà, ma quando avrai smesso di cercare anche lui. E' una regola imprescindibile che vale per entrambe i sessi, come quella del due più due che come risultato darà il quattro. Insomma, non si scappa, inutile illudersi.
Quando ho incamerato questa regola mi sono chiesta se fosse possibile spiegarne la ragione, se fosse insomma dimostrabile come un teorema di matematica, cercando di risolverlo dandomi dell'incostante, dell'eterna insoddisfatta, di una che non fa a tempo a desiderare qualcosa che quando lo ottiene lo guarderà come fosse già qualcosa di tremendamente vecchio, al punto da partorire nuovi desideri, aventi sempre tutti lo stesso immancabile destino. Ma poi ho appreso che questa spiegazione non poggiava su criteri di matrice universale, perchè in fondo se fosse così significherebbe che è un mondo di incostanti e di eterni insoddisfatti. Può anche darsi, ma col tempo ho raggiunto una tesi più adeguata, una che forse fa sentire tutti un po' meno colpevoli. Non si tratta di qualità personali bensì fisiologiche, un qualcosa che attiene a tutti, da cui non si scappa, che non si può frenare, un qualcosa di cui non si ha nemmeno la benché minima percezione: è una questione di tempi. Sì, una questione di tempi, ove ognuno ha i propri ed è complicato scovare due corpi che abbiano stessi tempi, due anime perfettamente sincronizzate. E' complicato comprendere se le lancette dell'altro sono più avanti, indietro o in linea con le nostre, ed è ancor più difficile mettersi a tempo con l'altro, spostare le nostre lancette per conformarle a quelle dell'altro o fare in modo che lo faccia anche l'altro per rendere il lavoro più semplice e collaborativo. Troppo spesso capita di appurare che le lancette dell'altro non siano perfettamente in linea con le nostre e, senza nemmeno capire se siano avanti o indietro rispetto le nostre, abbandoneremo il campo, nell'ostinata ricerca di qualcuno che nutra invece i nostri stessi tempi, ma anche quando lo incontreremo potrà capitare di non accorgersene ed abbandoneremo il campo lo stesso, perchè la verità è che oggi si parla troppo poco, si ascolta e ci si guarda ancor meno, non sappiamo più aspettare. E' forse questa la verità più orribile fra tutte. Avremo la presunzione di voler capire stando ore incollati con gli occhi su di uno schermo, uno schermo che vorrà fungere da occhi, ma che occhi non saranno. Alcuni si nasconderanno addirittura dietro il raccapricciante nonché puerile tentativo dell'addescamento da "social network", facendosi bastare un futile commento, un "mi piace" ad una fotografia, fiumi di chiacchiere prive di consistenza, non contemplando più la freschezza di parole pronunciate dal vivo, davanti una tazza di thea, un caffè, una sana risata. Allora le nostre lancette scorreranno così, fino a quando il nostro tempo sarà tristemente scaduto, attribuendo la colpa al fato, a quel tempo che inesorabilmente scorre, ma mai puntando il dito su di noi, noi che non sappiamo più ascoltare nè parlare, noi che non sappiamo più guardarci nè aspettare l'altro ma paradossalmente attendiamo che chi o ciò che desideriamo ci giunga come la manna dal cielo. Ma statene certi che non succederà. La vita non regala niente, talvolta è doveroso strappare alla vita ciò che desideriamo. Talvolta è doveroso fermare le lancette e aspettare l'altro se lo desideriamo ardentemente. Si dice che talvolta occorra "rischiare", ma credo non sia il termine più adatto. Si rischia gettandosi con il paracadute, da un ponte, da un automobile in corsa, ma non si rischia niente semplicemente esprimendosi. Il nostro non sarà di certo un tentativo di vincere il tempo, il tempo non si vince, ma potremmo cominciare una danza che ci vedrà pian piano a pieno ritmo, facendo apparire quel tempo meno inesorabile, meno distruttivo. Allora non vinceremo forse il tempo, ma avremo vinto qualcosa forse di molto più importante: la nostra dignità, il nostro essere pienamente così come si è dando voce ai nostri desideri, avremo vinto in fondo una vita. Non sto dicendo di aspettare Mattia nè Marco finchè le nostre ossa non si saranno consumate, ma sto dicendo che forse è opportuno parlare, ascoltare, muovere un passo, guardarsi negli occhi, capire e soltanto dopo agire di conseguenza, abbandonando il campo o restandoci, allineando le nostre lancette. Dobbiamo forse abbandonare l'idea del tutto e subito, del tutti fuori o tutti dentro, danzare col tempo, dobbiamo riprenderci quello si era, essere meno futili, semplici e banali perchè la vita, quella vera, in fondo non lo è mai. E l'obiettivo del gioco, per sfidare le rigide regole matematiche che ci vengono propinate, sarà in fondo proprio questo: vincere una vita sentendoci padroni del nostro tempo.

martedì 18 dicembre 2012

Certi uomini ne capiscono ben poco.

La verità è che certi uomini hanno paura delle donne. Temono le donne complicate, quelle che sanno reggere un discorso al punto talvolta da sopraffarli, quelle troppo sicure, quelle che ad una domanda sanno rispondere solo con un sì o con no, perchè il loro vocabolario non conoscerà i "forse", i "se" ed i "ma". Temono le donne che sono belle in gonna e tacchi a spillo, ma ancor più belle in jeans e scarpe da ginnastica. Temono le donne intelligenti, versatili, le donne "per tutte le occasioni". Temono le donne con cui potrebbero parlar per ore, spaziando da un discorso all'altro, senza mai stancarsi. Temono le donne che trasmettono un'innata sensualità con le curve sinuose del loro corpo, ma ancor di più con la luce di uno sguardo. 
Gli uomini temono le donne complete, quelle che sanno ridere, di quelle assolutamente stimolanti. Temono quelle donne che potrebbero silenziosamente entrare nel cuore e nella vita di uomini spaventati al punto da farsi bastare la loro presenza, il suono della loro voce, la freschezza delle loro idee, senza necessariamente volerle portare a letto. Temono quelle donne che potrebbero chiudere la loro porta dinanzi ad uno sbaglio, temono le donne esperte, che conoscono quanto possa far male un uomo al punto da non credere alle frasi da copione, quelle donne che spesso e volentieri, nonostante la disillusione, non smettono di sperare, ed entrano in quell'uomo con tutta la loro penetrante forza, con tutta quell'anima che rischia di traboccare. Temono le donne che potrebbero fargli conoscere qualcosa di diverso da quello che hanno sempre visto. Certi uomini hanno paura di un confronto così forte, temono di perdere la loro virilità, temono la sopraffazione, quasi come se il rapporto tra un uomo ed una donna debba trasformarsi in un duello dove solo uno ne uscirà vincitore. E certi uomini hanno paura di perdere. Allora tutte queste donne diventeranno amiche, collezionando intanto ragazzine più facili da gestire, quelle che non pronunceranno mai un "no" ma sempre e solo "sì", quelle che temeranno di uscir di casa senza trucco, quelle con cui si potrà parlare al massimo per 15 minuti, quelle ragazzine di "rappresentanza" che spesso si porterà al cinema per giustificare ore di silenzio, quelle che confondono la sensualità con l'essere provocanti con una sola maglia scollata, uno shorts e tacchi a spillo, quelle che ridono come anatre, quelle da cui poter trarre solo ciò che gli uomini da sempre in fondo cercano perchè non avranno idee originali al punto da poter immaginare qualcosa di diverso, quelle inesperte che non sanno che gli uomini possono mentire e crederanno per questo ad ogni singola parola, ritendendosi talvolta addirittura colpevoli del fatto che quell'uomo abbia avuto paura, perchè si stava correndo troppo, perchè forse è meglio tirare il freno, invece di scorgere in quelle inopportune frasi un "non ti voglio così come sei e basta". Questi uomini avranno anche la faccia tosta di lamentarsi dicendo di non trovare mai la persona giusta, che le donne in effetti sono tutte tremendamente uguali, sono tutte delle bagasce da quattro soldi, contemplando da lontano senza mai avvicinarvisi quelle che potrebbero rovesciare il loro punto di vista sull'universo femminile. Credo che non sia uomo chi temendo un confronto troppo forte che possa mortificare la sua virilità lo evita, ma chi farà di tutto per poterlo avere, chi crede che un rapporto fra un uomo ed una donna non sia un duello con vincitori e vinti, ma semplicemente uno scambio da cui si esce perdenti solo se non ci si entra dentro, chi negli occhi di quella donna non scorgerà una donna complicata da cui distanziarsi, ma semplicemente una donna, e le donne si amano, le ragazzine fanno solo divertire.
Ma l'amore oltre ad essere bello, puro, intenso, può essere anche tremendamente divertente. Certi uomini spesso si accontentano di una metà, una metà che lascia insoddisfatti, una metà che piace perchè è semplice. Certi uomini in fondo ne capiscono ben poco.

lunedì 17 dicembre 2012

Ci sono momenti in cui ...

Un ragazzo che se ne va è pur sempre solo un ragazzo che se ne va.
Un amico che si toglie la vita è un amico che si toglie la vita, un cuore fatto a brandelli, un'anima calpestata, un senso di colpa che non si lava, la rivalutazione delle tue priorità, il capovolgimento di quello che sei, guardarsi allo specchio e sentirsi schifosamente vuota.
Quella fredda domenica di gennaio appresi la notizia al telefono, mentre ero intenta a pettinarmi i capelli prima di uscire con il mio fidanzato di allora. Un gesto semplice, abitudinario, come quello di pettinarsi i capelli, quei capelli che dopo qualche minuto avrei voluto strapparmi dalla radice, masticarli, ingoiarli, ma non sarebbe servito comunque, perchè oramai era troppo tardi per tutto, perchè lui in fondo non c'era già più. Non sono riuscita a versare molte lacrime se non dopo 24 ore, cominciando a piangere a dirotto e quando le mie lacrime finirono cominciai a vomitare. Vomitare di un dolore che rendeva fragili le ossa avvertendo la percezione che si stessero quasi sgretolando, vomitare di una colpa che mi ero cucita addosso, che aveva invaso ogni singola cellula del mio corpo, fino ad offuscare la mente. Ricordo che mi guardai allo specchio e vidi una persona in cui non mi riconoscevo, vidi tanti valori in cui avevo sempre creduto, ma mai praticati fino in fondo, vidi un'anima schifosa, vuota, a tratti superficiale, una persona che non sapeva vivere ma che arrancava, una persona che non aveva capito niente e che cercava di capire in quel momento, quando oramai il comprendere non avrebbe riportato in vita più nessuno. Perchè la giovinezza è un'arma a doppio taglio, è sintomo di bellezza, di spensieratezza, di libertà, ma noi giovani siamo anche così inesperti ed immaturi, non siamo pronti alla vita, ma nemmeno alla morte. Non riusciamo a guardare oltre, ci chiudiamo nelle nostre convinzioni non volendo ascoltare quelle degli altri, siamo pronti a puntare il dito all'occorrenza ma troppo poco spesso ad abbassarlo, ad avvicinarci, a comprendere cosa ci sia veramente dietro un allontanamento, un parlare a singhiozzo, perchè potrebbe esserci un'anima spenta che non riesce più ad accendersi, un bisogno di aiuto che se fossimo più esperti, più maturi, meno superficiali, più pronti alla vita, forse sapremo comprendere senza nemmeno tante parole. Non abbiamo la saggezza nè la maturità dei nostri nonni, allora non riusciremo a capire subito, ma solo quando qualcosa si rompe provocando un gran clamore, solo quando accade qualcosa per cui ci sentiremo quasi investiti da un treno, e solo dopo comincia la nostra rinumerazione, solo dopo saremo in grado di modificare il nostro approccio alla vita. E a me è successo più o meno così. Una telefonata che è stata come un treno in corsa trucidando interamente il mio corpo. Una morte che mi ha fatto comprendere come avrei dovuto vivere, quasi come se dall'alto lui mi stesse dicendo "Io sono morto, ma tu, non sei forse morta anche tu senza nemmeno accorgertene? "
Ed in fondo era così. Avevo ossigeno nei polmoni ma non riuscivo a percepire aria fresca, a volte avevo la sensazione come se il respiro si fermasse, avevo addirittura frenato i battiti del cuore. Alla fine ero morta anch'io, nonostante esistessi ancora. Ma esiste un momento nella vita di una persona in cui ti accade qualcosa che per quanto possa essere doloroso risulta necessario per dare una nuova direzione alla tua vita, nonostante ne avrei fatto volentieri a meno. Esiste un momento in cui una morte può generare una nuova vita, in cui un ramo secco, morto, ne risveglia un altro e apre la strada a boccioli. Allora da un senso di colpa da cui non riuscivo a ripulirmi del tutto, ho cercato di trarre un insegnamento, perchè forse è questo che ci chiede la vita di fare quando con la sua forza dirompente ci travolge faticando a rimanere a galla. Allora ho imparato che bisogna vivere il doppio, ed effettivamente da allora è come se dentro di me avvertissi tante persone, un sovraffollamento di idee, di anime cariche di entusiasmo, di persone stanche di arrancare che necessitano di vivere. E' per questo forse che quando comincio a raccontare a qualcuno della mia vita comincio spesso proprio da quel momento, quasi come se la mia vita abbia avuto inizio da quella morte.
Ho iniziato a rompere tutta quella vita che si poggiava su colonne troppo fragili.
Ho ammesso di non amare più, ho lasciato, e quando l'ho fatto mi sono sentita di nuovo libera, senza più catene. Da quel momento l'amore, quello semplice ma intenso, è diventato il filo conduttore della mia vita. Ho rotto un'amicizia, lunga ma inconsistente, che poggiava oramai da troppo tempo sull'interesse e su un affetto troppo fioco, ma non più vero, autentico. Ho cominciato a seguire la direzione dell'autenticità e di quella rigida coerenza che faceva parte di lui, che presto ho assorbito diventando parte di me. Ho poi preso i miei bagagli e sono partita, dieci mesi lontana da casa, perchè volevo crescere, volevo fare nuove esperienze, volevo vivere qualcosa che nella mia vita non avrei più fatto, volevo forse dimenticare o semplicemente mettere in pratica ciò che dentro di me stava nascendo, volevo capire chi ero diventata e cosa avrei potuto fare per cambiare, per alimentare una sagoma spenta, vuota, era questo che sentivo di essere. Talvolta le persone hanno bisogno di terremoti per sentirsi mancare la terra sotto i piedi e decidere di ripartire da zero, per decidere di essere migliori di come si era, per abbandonare la corazza della superficialità e cominciare a seminare su di un terreno fatto di emozioni sincere, autentiche, coerenti con il proprio spirito, colorando di rosa come la tenerezza e la spontaneità o di bianco come la genuinità e la purezza la propria vita, come una rosa su una tomba che ricorda di quanta vita talvolta si nasconda dietro una morte, tremenda ed inaspettata. Quegli eventi che ti costringono a reagire, a svegliarti, a dire basta, a cercare risposte senza mai trovarle perchè forse non ci sono, a tormentarti, ma a dire anche tra le lacrime semplicemente grazie, nonostante avresti voluto farne a meno, nonostante avresti voluto essere già allora quella persona migliore che avrebbe potuto porgere una mano come sollievo, avrebbe potuto evitare forse ciò che era inevitabile, se lì, allora, in quella vita passata, sarebbe stata già la persona che ha scelto di diventare, che ogni singolo giorno da allora cerca di essere, di innaffiare, come un frutto mai maturo abbastanza.

domenica 16 dicembre 2012

In un mondo tremendamente uguale cerca di essere diverso.

Sono un po' stanca. Sono un po' stanca di un mondo che gira sempre nella stessa direzione nonostante la mia implacabile ostinazione di andare controcorrente. Sono stanca dei "ciao come stai" seguiti da un convenzionale "tutto bene grazie", perchè in fondo a pochi interesseranno risposte a domande che molto spesso rivolgeremo solo per non sembrare disinteressati, nonostante sapranno di poco, di banale, del "così si fa, così fanno tutti". Sono stanca dei complimenti che non hanno mai seguito, dei "sei bella, sei speciale, sei intelligente" senza mai che l'altro ammetta "ma io troppo immaturo, troppo coglione, troppo uguale agli altri per volerti così come sei". Sono stanca dei mi manchi mai seguiti da un ti vengo a prendere. Sono stanca delle chiacchierate telematiche senza mai ammettere di essere diventati pigri manichini che si accontentano di poco, del non guardarsi negli occhi, del non tenere stretta una mano, troppo poco empatici, troppo in fondo omologati. Sono stanca dei corteggiamenti da quattro soldi, un paio di birre e momenti frenetici, rumorosi, fugaci come quel tempo che scorre e che quando passa ti farà sentire quasi come se in fondo non sia cambiato nulla. Sono stanca delle sigarette accese e lasciate nel posacenere, lasciando che sia il vento a fumarle come a disperdere nell'aria la cenere. Sono stanca delle parole scontate, dette a metà per paura di ferire o per timore di sembrare così simili da volersi tremendamente. Sono stanca della generazione che siamo diventati, di quelli che vivono di una serata in discoteca dove l'obiettivo sarà l'offerta di labbra o dell'intero corpo, di quelli dalle camicie sbottonate ed i capelli perfettamente in ordine, di quelli di un paio di shorts e tacchi a spillo. Sono stanca dell'inespressività di corpi che prevale sulle note melodiose di certe anime. Sono stanca dei pettegolezzi, di chi si parla alle spalle per poi apparire come figuranti in fotografie dove spiccano finti sorrisi su quelle facce ancora più finte, quasi come se l'autenticità sia oggi un bene di lusso. Sono stanca delle mie illusioni, delle mie aspettative che spesso devo chiudere in un cassetto, lasciandole tra la polvere. Sono stanca di gente che mi tira l'amo lasciandomelo tra le mani senza mai avanzare. Sono stanca di quei film che terminano con il lieto fine, dove due anime perdute si cercano per poi ritrovarsi alla fine l'uno di fronte all'altro, pronti a rimuovere le loro finte barriere, a giurarsi eterno amore, a baciarsi mentre gli schizzi sottili di pioggia scorreranno sulle loro gote, rosse dall'imbarazzo, dal troppo amore scambiato. Mi piacerebbe vedere qualcosa di più realistico, come porte sbattute, gente che si dispera, che si scambia parolacce invece dei "ti amo, ti vorrò per sempre", perchè in fondo è quello che a volte accade, nonostante riesca a sperare in qualcosa di diverso solo guardando questi film, che considero banali, ma che in fondo lasciando spazio all'immaginazione lasciano per qualche minuto ben sperare in qualcosa di diverso, in qualcosa che sembra banale eppure così bello. Sono stanca delle emozioni che nascono, che bruciano, che ti scottano al punto tale da dovertene distanziare, al punto tale da farti sentire come un fiammifero spento, inutilizzabile, da gettar via. Sono stanca delle promesse e dei sogni che pensi essere inossidabili ma per cui talvolta basta poco per accantonarli. Sono stanca di chi non va mai oltre, di chi dietro un sorriso non percepisce una lacrima, di chi dietro parole intrise di cinismo non avverte un bisogno, di chi dietro un corpo non è mai in grado di scorgere un'anima perduta, un cuore che batte. Sono stanca degli stereotipi, delle definizioni riduttive, degli appellativi che minimizzano, della necessità di misurare l'astrattezza riducendo la possibilità che ci viene concessa di esternare il nostro essere pienamente, dei pregiudizi, dei luoghi comuni, dei "così si fa, allora lo faccio anch'io". Sono stanca di quegli uomini che fanno delle donne scimmie da ammaestrare, e di quelle donne che glielo lasciano fare. Sono stanca di chi ostenta una felicità che non sarebbe necessario palesare ai quattro venti se fosse autentica, come la tristezza. Sono stanca della gente tutta uguale, che riempie spazi di parole futili senza mai contemplare il silenzio. Sono stanca della carenza di contatto, del piacersi ma mai troppo per lasciarsi andare, del cercarsi senza mai trovarsi, del volere approfondire conoscenze senza in realtà mai muoversi di un passo, stando nell'attesa, quell'attesa che ci rende troppo spesso impazienti, sempre in fondo insoddisfatti. Sono stanca di chi è stanco ma continua a non ammetterlo, continua a girare insieme ad un mondo per inerzia, non sentendosene mai il padrone. Perchè in un mondo così tremendamente uguale e rigidamente schematico nessuno mai sceglie di fare la differenza, nessuno mai cerca di essere diverso, nessuno mai si pone l'obiettivo di diventare migliore, non degli altri, ma di quella fragile corazza di cui si riveste, continuandosi a lamentare senza mai capire che solo se si diventa "migliori" si sarà in grado di attrarre persone "migliori", cessando così le inutili ed immancabili lamentele? Perchè forse si è pigri, o semplicemente poco coraggiosi e non forti abbastanza per scontrarsi con la folla che potrebbe travolgerci camminando nella direzione opposta, o perchè forse si ha paura, paura della solitudine.

Cominciare a poggiare una mano sul cuore.

Occorrerebbe poggiare una mano sul cuore. Forse dovremmo cominciare così, con una mano che tenera e calda possa percepire i battiti del cuore, il nostro e di chi ci è accanto. Un gesto così semplice che in effetti nessuno pensa di fare mai, nessuno in fondo forse sa più fare. Perchè spesso capita di pensare in grande, capita di superare quei momenti considerati inutili, banali, sin troppo semplici, andando subito oltre, quasi come se volessimo costruire una casa in mattoni senza constatare la qualità dei materiali, senza cemento che possa servire a legarli. Allora si tocca tutto, al di fuori del cuore. Le nostre mani scorreranno veloci, con movimenti rapidi ed insensati che bruceranno per spegnersi poco poco, sul quel corpo che che nulla avrà raccontato, su quel corpo da cui non riusciremo a trarre alcuna verità, perchè abbiamo toccato tutto ritenendo di essere entrati nell'intimità dell'altro, ma non il cuore, l'unico che possa raccontare qualcosa di vero, la parte in fondo più intima di un corpo. Ma il cuore verrà sottovalutato, quasi come se non fosse importante percepirne i battiti, ascoltare ciò che vorrà sussurrare attraverso la lucidità degli occhi. Ed è proprio quando lo si sottovaluterà che faremo a brandelli il nostro cuore, o permetteremo implicitamente ad altri di fare a pezzi il nostro cuore, non rispettando la nostra intimità, la nostra essenza, ciò che siamo, ciò da cui in fondo tutto parte e a cui tutto ritorna. Penseremo che in fondo fare a pezzi un cuore sia normale, sia ciclico. Ma un cuore a pezzi è pur sempre un cuore a pezzi. E' un'intimità denigrata, fatta a brandelli, in fondo mai toccata, nonostante mani che avranno percorso il nostro corpo con la presunzione di volerci conoscere, senza però mai conoscerci abbastanza. E baciamo anche in questo modo, senza mai mettere una mano sul cuore. Quei baci rubati, regalati, svenduti al miglior offerente, quasi come se quel gesto sia così semplice e naturale da non meritare rispetto. Ecco, questo è un altro pezzo di intimità che in fondo va via. Non credo che un cuore a pezzi possa essere evitato, ma credo che possa non esser denigrato, mortificato, poco rispettato, ponendo una mano sul cuore. Una mano sul cuore e poi su tutto il resto. A volte basterà semplicemente quella, basterà al punto tale da non desiderare di far scorrere impietosamente lungo il corpo dell'altro le nostre mani, perchè in fondo con quella semplice mano poggiata sul cuore avremo già carpito le nostre verità, ciò che quel corpo vorrà raccontare, penetrando nell'assoluta intimità dell'altro, come due anime sole che si saranno a lungo cercate per ritrovarsi in un'alchimia simbiotica a cui non servirà altro, a cui non servirà riempire spazi di parole inutili, a cui non servirà toccare il superfluo più del dovuto, a cui basterà il silenzio perchè la mano sul cuore servirà a percepire quei battiti che saranno come versi melodiosi, che si sposano con il silenzio di un corpo che sarà già così complesso abbastanza. Forse dobbiamo recuperare questo. Dobbiamo placare le nostre continue lamentele sul fatto di non riuscire mai a trovare la persona giusta per noi, smettere di dire che in fondo è sempre tutto così precario, tremendamente banale ed inevitabilmente veloce, cominciando a valutare tra le possibilità il silenzio, il cuore, una mano che lentamente si porrà sul cuore dell'altro senza necessitare sin da subito di scoprire altro, facendocelo bastare, perchè in fondo sarà proprio questa la più intensa delle penetrazioni, la più vera intimità. Allora attendo una mano sul cuore. Una mano che sappia accarezzare la mia nuda intimità, le mie fragili paure, la mia colorita essenza. Una mano che sappia ascoltare parole in un religioso silenzio. 
Attendo chi saprà baciarmi con una mano sul cuore nonostante io creda che pochi o forse nessuno sappia in fondo ancora farlo, perchè troppo semplice, troppo pulito, troppo intimo per chi si comporta come in fondo fanno tutti quasi come fosse la tendenza del momento, per chi vuole tutto e subito ritrovandosi dopo un po' tra le mani il niente, per chi vuole un'intimità limitandosi a toccare superficialmente un corpo senza mai cominciare a cercarla nella profondità di un cuore.