martedì 5 novembre 2013

Almeno era domenica.

Due giorni fa era domenica e per la prima volta l'ho avvertito.
Ho sentito sulla mia pelle il calore appena sveglia di tiepidi raggi di sole che filtravano attraverso i vetri di una finestra socchiusa. Ho sentito il profumo di deliziosi manicaretti, di quelli che si preparano solo quando si ha tempo. Ascoltavo la telecronaca del campionato spagnolo di calcio mentre si inveiva, un po' come faceva mio padre in un'ordinaria domenica in cui giocava il Napoli. E ho parlato di calcio con un tifoso del Manchester United, come se fossi al bar di domenica mattina. Sono andata a comprare del pane, dei dolci che sarebbero stati serviti a fine pasto e del vino, italiano, perché ero l'unica italiana e pensavo che sarebbero stato carino offrire un po' del mio Paese.
Un pranzo che é terminato con una tazza di caffè alle sei del pomeriggio, con un piumone sulle gambe che mi teneva calda perché intanto fuori era cominciato a piovere. Ho condiviso un bicchiere di vino, una barretta di cioccolato, addirittura anche uno stupido videogame era diventato per due, un turno a testa.
Mi ricordo quando ero ancora una bambina ed ogni domenica la mia famiglia si riuniva a casa di mia nonna per pranzo. Si sentiva che era domenica, nell'aria, negli sguardi, nei sorrisi, nel rumore di quei pochi motorini che nell'attraversare la strada era come se portassero con se una scia di sottile malinconia, quella che di consueto si respira in un tipico pomeriggio domenicale.
L'altro giorno non c'era la mia famiglia, non il ragù, nemmeno il sapore del caffè era lo stesso.
L'altro giorno non ero a casa, ma almeno era domenica.

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