domenica 7 ottobre 2012

Quello che le donne non dicono.

Quello che le donne non dicono non lo diranno mai, nemmeno sotto tortura. Forse un giorno riusciranno solo ad urlarlo quando oramai sarà troppo tardi e quando oramai quelle parole non dette non usciranno più dalle loro bocche con un suono così melodioso da colpire il cuore dell'uomo, confondendosi forse tra l'assordante rumore di una voce che oramai sembrerà troppo spenta.
Quello che le donne non dicono non possono dirlo per timore di non sembrare più le donne forti, dal cuore impenetrabile e dall'animo ingestibile in cui si sono trasformate per piacere e per non incutere timore in quell'uomo che non voleva correre, che gira smarrito tra schemi e congetture, che pone scadenze ai sentimenti e che tu non potrai contraddire per paura di sentirti inappropriata, perchè tu invece non credi negli schemi, nelle congetture, non pensi che i sentimenti abbiano scadenza, ma dovrai convincertene e restare in silenzio.
Quello che le donne non dicono è "Resta con me" quando vedono sgattaiolare via un uomo dal loro letto che non vede l'ora di scappare da una notte che ha procurato solo illusioni.
Quello che le donne non dicono è "Scegli me o facciamola finita" ad un uomo che continua a farti promesse che come castelli di sabbia vengono spazzati via ogni volta che di sera, dopo una giornata di lavoro, continua a tornare sempre da lei, dalla donna con cui ha scelto di condividere una vita intera e con te soltanto qualche attimo fugace su cui tu donna invece hai sperato di vedere un futuro.
Quello che le donne non dicono è "Perchè non sei in grado di amarmi quanto lo faccia io" ogni volta che si vedono messe da parte per qualche stupido impegno a cui sembrerà impossibile mancare.
Quello che le donne non dicono è "Amami se hai coraggio" quando vedono di fronte un uomo che non ha la forza per ammettere a se stesso quanto ha bisogno di lei, la sola che è in grado di farlo sorridere dopo una dura giornata di lavoro, lei che lo comprende in ogni singolo gesto, lei che è diversa dalle altre che si è portato a letto perchè è in grado di penetrargli anima e corpo senza nemmeno sfiorarlo.
Quello che le donne non dicono è "Ti voglio" ad un uomo che ti promette quell' amicizia che tu non riuscirai mai a dargli totalmente.
Quello che le donne non dicono è "Sono fragile come una rosa di pesco appena bocciata, a tal punto che è come se mi trafissero il petto di continue coltellate ogni volta che vorrei averti accanto e non ci sei."
Quello che le donne non dicono è "Non ascoltare ciò che dico tra le lacrime, prendimi e abbracciami forte perchè ho bisogno del tuo calore per asciugare le lacrime" .
Quello che le donne non dicono è custodito nei meandri più segreti del loro cuore.
E no, non lo diranno. Preferiscono tacere piuttosto che togliersi la maschera. Preferiscono tacere ad un "resta con me", tacere ad un "scegli me o facciamola finita", tacere ad un "perchè non sei in grado di amarmi quanto lo faccia io", tacere ad un "abbracciami", tacere ad un "ti voglio", tacere ad un "amami se hai coraggio", perchè temono che quell'uomo si allontani per sempre dalle loro vite. Ma la verità è che quell'uomo lo farà comunque prima o poi e noi rimarremo comunque sole, con le nostre ansie, le nostre perplessità, i nostri rimorsi, e soprattutto con le nostre parole non dette.

Quando due persone si vogliono li riconosci tra mille



Quando due persone si vogliono li riconosci tra mille.
Sono anime perdute che sperano di rincontrarsi l'uno nell'altro. Due cuori inappagati che sperano di appagarsi nel cuore dell'altro. Si cercano in ogni angolo di strada, sotto un lampione, alla fermata di un autobus che tarda ad arrivare. Si cercano ad ogni ora del giorno ed anche nel cuore della notte quando la giornata sembra finita ma per loro comincia lì. Si cercano e basta, anche solo per dirsi quanto la giornata sia stata stressante o incredibilmente rilassante. Non ce la fanno a stare lontani, a non sentire la voce dell'altro anche solo per 24 ore. Sperano di alzare gli occhi tra la folla assordante di una grande città e ritrovarsi l'uno di fronte all'altro. Quando due persone si vogliono non hanno bisogno di scontrarsi con altri per appagare i loro istinti carnali. Hanno bisogno di lei o di lui e tutto il resto non conta. Hanno bisogno di ritrovarsi negli occhi dell'altro anche senza che i loro corpi si congiungano carnalmente. Hanno solo bisogno di sentire il battito dei loro cuori. Si cercano senza che nessuno lo dica all'altro, ma lo percepiscono. Quando due persone si vogliono si vogliono e basta. Non si domandano perchè si vogliono, in che modo, nè quando. Si vogliono perchè hanno un bisogno viscerale che supera ogni interrogativo. Si vogliono perchè si completano, perchè hanno bisogno di aversi, perchè sono disposti a raggiungersi. Si perdono ma poi si ritrovano sempre e non si diranno nulla perchè sentiranno solo di appartenersi da sempre.

sabato 6 ottobre 2012

Uno di fronte all'altro. Due anime vicine ma parallele.

Uno di fronte all'altro.
Due anime vicine ma parallele.
Due sguardi che si incrociano senza mai unirsi del tutto.
Tante parole, poche carezze.
La luce fioca sul comodino.
Un sigaretta ormai spenta.
Il vento che scuote la tenda e porta via le ultime certezze che ti sono rimaste.
Un cuore vuoto, l'altro pieno.
Una mente sgombra, l'altra troppa piena.
Una città mai dormiente, ma quella notte troppo silenziosa.
Comincia a piovere, ma lo senti appena.
Un aeroporto, una valigia, ricordi.
No, non sarà lui. Non ha spazio per te. Avete solo condiviso un letto, niente di più.
No, non sarà lui che verrà a prenderti ovunque tu sia. 

Uno di fronte all'altro.
Due anime parallele ma vicine.
Due sguardi che si incrociano poco per paura di unirsi.
Parole non dette, poche carezze, per paura di dirsi troppo rischiando di avvicinarsi pericolosamente.
La luce dei lampioni.
Sigarette accese.
Una notte con uno strano tepore che ti riscalda e ti offre ineguagliabili sorrisi.
Un cuore pronto ad accoglierti, l'altro pure.
Una mente pronta a farti addentrare tra i pensieri più intimi, l'altra pure.
Una città mai dormiente, quella notte così chiassosa.
Comincia a piovere, apri l'ombrello.
Un aeroporto, una valigia, ricordi.
Sì, forse sarà lui. Ha spazio per te. Non avete condiviso niente, solo sorrisi.
Sì, forse sarà lui che verrà a prenderti ovunque tu sia perchè non ce la fa a starti lontano.
Sì, forse sarai tu a dire no. Perchè tutto questo è troppo per te e sei tremendamente affascinata dal masochismo.

Guardi al passato e vedi un aeroporto, una valigia, promesse. Una stazione, una valigia, rimpianti.
Pellicole diverse, lo stesso genere, un finale forse simile. 
Non sono gli altri personaggi che cambieranno, ma sei tu che dovrai cambiare ruolo.




Il manuale del primo appuntamento.

Una piacevole sensazione d'agitazione. L'occhio vigile e attento su qualsiasi orologio che tu abbia in casa che segna sempre lo stesso orario, ed un'unica preoccupazione: "Cosa indosserò stasera?"
Il primo appuntamento è così, un po' come il primo giorno di scuola.
Ad essere sincera ho sempre gestito male queste situazioni così formali. E sì perchè un po' formali lo sono. E' come se dovessimo seguire una sorta di rituale che parte dal cosa dover indossare e finisce al come doversi comportare laddove si presentino momenti di lieve imbarazzo, come una sorta di manuale.

Questo manuale impone rigidi schemi :

Regola numero 1 = indossare qualcosa di carino, magari acquistato da poco, che risalti il tuo lato esteriore ma che non sia eccessivamente provocante da risultare poi volgare. Tacchi alti per l'occasione.

Ecco, questo è il più grande formalismo che mi possano imporre. E sì perchè vedo donne camminare come se avessero una scopa conficcata nel deretano che a fine serata si trasformano in tirannosauri non riuscendo più a reggere quelle fastidiosissime scarpe che ti avranno nella migliore delle ipotesi procurato due o tre bolle ai piedi, ma nonostante tutto sorridere ed annuire alla domanda di lui che a fine serata ti fa :" Che ne dici di una passeggiata sul lungomare?" E tu a quel punto, da manuale, devi accontentarlo, almeno la prima sera, non puoi già fargli scoprire il lato capriccioso e bisbetico che c'è in te anche se dici a te stessa "Ma coglione, non vedi che tra poco mi trasformerò nella sorella minore del gobbo di Notre Dame?"

Regola numero 2 = Lasciare che sia lui a decidere.

Ecco. Siamo arrivati. Entrate in un ristorante, uno di quei posti chic dove non si può entrare con un paio di converse. Vi accomoderete al tavolo e comincerete pian piano un principio di conversazione che per qualche strano scherzo del destino ricapulterà entrambi nel passato, ad argomenti scottanti : la tua o il tuo ex! Eh sì perchè volevate forse svignarvela ma la verità è che non ci riuscirete mai. Non capisco questa strana curiosità di dover conoscere per forza il precedente o la precedente con cui si è avuto una storia, lunga o breve che sia stata. Ma la domanda arriverà proprio mentre lui tenta di versarti il vino " Da quant'è che sei single?"
Caspita, ma che te ne frega? Mi stai versando del vino, tra l'altro il vino non mi piace, cammino con una scopa nel culo, le scarpe mi fanno male, vorrei essere da tutt'altra parte seduta su dei gradini a mangiare un panino e sorseggiare una birra e tu cosa fai? Mi chiedi di uno che magari mi avrà mollato per un'altra facendomi stare come un uomo delle nevi sotto il piumone a piangere davanti ad uno di quei film strappalacrime?Però a quel punto dovrai rispondere e potrai cavartela con un "eh, da un po'.." . A questo punto la serata potrebbe prendere due diverse pieghe: lui potrà intuire che la domanda ti secca e fermarsi oppure intuendolo o meno comincerà a parlare della sua storia precedente. Purtroppo la stragrande maggioranza degli uomini ha poco intuito, quindi molto probabilmente vi toccherà far finta di ascoltare e l'unico rimedio per resistere sarà farvi versare altro vino, per tollerare il dolore persistente provocato dalle scarpe ma soprattutto la sua storia.

Regola numero 3 = Non bruciare le tappe.

Dopo la fantastica storia, avrai mangiato, bevuto e molto probabilmente non pagato perchè per lo strazio procuratoti avrà ben pensato di pagare lui. Molto bene. Ora che si fa? Il manuale dice "proprio niente". Sì, devi farti accompagnare a casa, salutarlo con un innocente bacio sulla guancia, e aspettare che sia lui a farsi sentire. Probabilmente hai odiato la sua storia, il suo tentativo di scoprire il tuo passato, il suo modo di ridere, il suo modo di versare il vino, lo hai detestato per il suo modo di masticare, però nonostante tutto non disdegni qualche altro incontro in cui potrai farti sentire più vicina.
Ecco. Arriviamo al punto. E sì perchè si innesca uno strano meccanismo, almeno parlo per esperienza personale. Quando ti sarai fatta piacere anche ciò che detestavi all'inizio arriva il momento topico in cui lui ti dice: " Sai, forse dovremmo prenderci una pausa. E' giusto così, ma se vuoi possiamo rimanere amici ".
Ecco. Tu sei quella che ha indossato dei tacchi al primo appuntamento e il giorno dopo non riusciva a camminare a piedi nudi. Tu sei quella che come da manuale ha aspettato che facesse lui il primo passo. Tu sei quella che non si è "data" subito al primo appuntamento. Tu sei quella che si addirittura dovuta ubriacare per reggere la storiella romantica della ex. Eppure ti sta scaricando e tra l'altro con la frase più banale al mondo "Restiamo amici". Che poi è un po' come dire "il gatto è morto, ma teniamolo in casa con noi comunque". E tu lì per lì vorresti dirgli di tutto ma il manuale impone "calma", quindi gli risponderai "Va bene, come vuoi tu, va bene anche per me." E lui sarà entusiasta perchè il problema degli uomini che decidono di scaricarti è quello di non farti soffrire, ci tengono che "tu stia bene". Cazzate!

La verità?Io ho provato a seguire il manuale. Mi sono anche travestita dalla sorella minore del Gobbo di Notre Dame, e ho anche dovuto rispondere a domande imbarazzanti. Ma poi ho capito che il manuale non fa per me. Perchè non capovolgere tutto e uscire di casa con un paio di jeans e ai piedi un paio di converse e dire "Ascolta, stasera decido io",cominciare a conversare e alla domanda sulla ex o l'ex rispondere "Non voglio dirtelo, godiamoci il presente che lui o lei sono il passato e non siamo usciti insieme per tirare somme o fare inutili paragoni da copione prestabilito!" E se lui si avvicina, al diavolo il manuale che ti impone ti aspettare, bruciati nella passione che ti coinvolge. Ma aspetta, prima assicurati che non abbia la canottiera della salute sotto la camicia, solo in quel caso, forse è meglio aspettare! E quando se ne uscirà dicendoti "Forse è meglio rimanere amici.." tu rispondigli:  "Sai che c'è? Ti auguro solo una cosa, di rinascere donna in un'altra vita per provare cosa significa indossare un paio di tacchi ad un primo appuntamento che ti riducono a camminare come un dinosauro a fine serata, solo per conformarsi ad inutili clichè!"

I clichè sono roba vecchia. Rinnoviamoci!

Sento ancora le voci, il profumo dei fiori, la frenesia della gente che sale ed esce dai buses per andare a lavoro, la voce dell'uomo della metro che parte come un disco rotto, la musica, i profumi dei fast food che a lungo andare ti fa venire la nausea, le risate della gente, il tintinnio delle posate da lavare e dei bicchieri da asciugare, il suono del lift, la stanchezza delle braccia e delle gambe a fine giornata, il preludio di quelle nottate libere, solo mie, tutte da inventare. Il calore degli abbracci, l'asfalto dei marciapiedi sotto i piedi che mi dirigevano verso casa mentre la vita scorre velocemente come una bomba ad orologeria che sta per esplodere. Lo scroscio delle acque del Tamigi che si ripete ad un ritmo costante suonando una dolce melodia che ti pervade i sentieri più nascosti dell’anima, la libertà degli artisti di strada che vivono di un cappello capovolto sul ciglio delle strade, nelle stazioni delle metro o in grandi piazze, le luci di una città che non dorme mai. Il rintocco del Big Ben, le file di turisti al London Eye, i flash delle macchine fotografiche, il sorriso dei commercianti a Portobello Road, le tinte glamour dei capelli ed il look trasgressivo di chi percorre le strade di Camden Town.

Il 26 luglio 2012 avevo un biglietto di sola andata, destinazione Londra. “Posso tornare quando voglio” ripetevo alla mia famiglia ed ai miei amici che ancora una volta mi vedevano andar via. Sì perché ogni tanto ho bisogno di far prendere aria al cervello, di ritagliarmi uno spazio tutto mio, di andare altrove alla ricerca di qualcosa di entusiasmante che possa riempire il mio spirito come fosse un bicchier d’acqua che trabocca, di esperienze nuove ed esilaranti, di contesti in cui tu possa sentirti te stessa senza aver bisogno di giustificare agli altri quello che hai deciso di essere. Ecco perché nel 2009 decisi di partire per Varsavia dopo aver vinto una borsa Erasmus all’università della durata di 10 mesi, i più incredibili e divertenti della mia vita. Ma quel 26 luglio 2012 era diverso. Avevo la stessa ansia, la stessa lucidità negli occhi, la voce tremante. Non ero pienamente consapevole di ciò che stavo facendo, né perché lo stavo facendo, l’unica cosa che sapevo era che avevo un biglietto di sola andata per Londra e che costi quel costi non potevo perdere quest’occasione, dovevo partire, dovevo andare via, ancora una volta. Non ero la stessa ragazza del 2009, adesso mi guardavo allo specchio e mi vedevo una donna, che trasportava il peso di una valigia carica di sogni ed aspettative che si sarebbero forse realizzate o forse frantumate, ma che aveva bisogno ancora una volta di porsi nuda e fragile come un fiore appena sbocciato di fronte le infinite possibilità che la vita ci pone, senza rimanere ancorata ad un contesto mediocre, troppo schematico, riluttante che sino ad allora le era stato offerto, ma che sentiva stretto come se ti imponessero di indossare un paio di scarpe di tre numeri inferiori al tuo e ti costringessero a correre. Non potevo correre con un paio di stivali più piccoli di tre numeri rispetto il mio, i piedi a lungo andare avrebbero sanguinato.
Quella mattina sapevo soltanto che quella era la strada giusta da seguire, ma piangevo, non so perché lo facevo. Nostalgia o forse paura. La paura dell’ignoto o più probabilmente la paura che in mia assenza quella vita in cui faticosamente avevo cercato di ritagliarmi un piccolo spazio per poter sopravvivere mi sarebbe sfuggita di mano, che le persone mi avrebbero rimosso dalle loro menti, perché in fondo basta poco, una folata di vento e tutto continua a scorrere anche senza di te, come l’ennesima farfalla che dopo 24 ore di vita smette di battere le sue ali per far spazio ad un’altra farfalla, ad un’altra, e ad un’altra ancora. Quanto è atroce pensare che in fondo siamo tutti di passaggio.

Quella mattina la sveglia suona alle 4.30. Alle 5 ero pronta per partire. Destinazione Roma Ciampino. Alle 10.05 l’aereo decolla e alle undici circa, orario inglese, il mio aereo atterra. Quella mattina del 26 luglio, uggiosa a tratti ma con qualche spiraglio di sole che filtrava attraverso le nuvole, sarebbe cominciato tutto. Non avevo la minima idea di cosa mi sarebbe accaduto in una città così grande e sconosciuta, di chi avrei incontrato, che lavoro avrei trovato per “sopravvivere” in una città dove anche fumare costa tremendamente troppo. Avrei potuto smettere sì, ma credetemi, l’idea non mi ha mai minimamente neanche sfiorato. Una come me, pronta alle sfide, abituata a cambiare e a dipingere la propria vita delle tinte più intense, avrebbe dovuto essere entusiasta e invece no, non lo ero, almeno all’inizio. Pensavo di aver fatto un passo troppo lungo e di non poter tornare più indietro. Pensavo che le persone in Italia mi avrebbero dimenticato. Che bizzarra ossessione, eppure l’ho pensato. 
Ci pensavo spesso e meditavo sul fatto che chi non ci sarebbe stato al mio ritorno non meritava la mia attenzione, che forse non contava abbastanza, non fino in fondo, che aveva forse contato per un lasso temporale sufficiente da dover essere spazzato via, perché la vita è così. Le persone sono così. Giungono nella nostra vita per sopperire a dei bisogni, per insegnarci o trasmetterci qualcosa. Quando questo avviene per alcuni è tempo di andare e non è detto che ritornino. Lo si deve volere, ma questo talvolta non basta. I rapporti sono come le nuvole che si scompongono per poi ricompattarsi, ma talvolta accade che alcune scompaiono spazzate via dal vento perché non c’é più spazio per loro, ma sempre per dar vita a qualcosa di nuovo.

Alla fine avrò pulito 1500 bicchieri e posate, ne avrò rotto una decina, versato parmigiano sui pantaloni di un perfetto English gentleman, a
pparecchiato e sparecchiato, preso ordinazioni, pulito cessi.. ho incontrato gente folle che mi ha regalato un cartello stradale come ricordo e ci ha inciso il mio nome, ho conosciuto persone che mi hanno fatto sorridere al solo pensiero della loro presenza, ho incontrato tante persone che sono state di passaggio e sono andate via, alcune senza nemmeno avvisarmi che sarebbero scomparse così di punto in bianco, ho conosciuto persone speciali, belle, profonde ma anche perfetti idioti. Ho vissuto esperienze assurde. Ho avuto tanti soldi e sono rimasta anche con 50 penny in tasca per giorni eppure, sebbene lo dicessi, non ho mai pensato di mollare per questo. Mi sono fatta voler bene, o anche detestare forse. Ho cercato e ho trovato. Ho riso, tanto, troppo, ho pianto anche, ma forse meno. Mi sono sentita una leonessa ma anche un coniglio. Mi svegliavo ogni mattina con la consapevolezza che tutto poteva cambiare da un momento all'altro e ho imparato cosa significa vivere alla giornata e apprezzare il valore di ogni singolo giorno, facendoti bastare anche quel poco che hai. Mi sono sentita sola in momenti in cui avrei voluto parlare con qualcuno e non potevo e mi sono sentita circondata di troppe persone in momenti in cui avrei voluto starmene da sola. Ho bevuto sangria preparata in un secchio del mocho e mangiato roba da far crepare il fegato. Ma il bello di tutto questo è che io mi sono trovata soltanto in una delle tante città d'Europa, che sebbene sia fantastica, in realtà siamo noi a renderla straordinaria o meno, con tutto quello che riusciamo a crearci dentro. E' forse questo il segreto di tutto, non smettere mai di creare, di inventare e di sperare che qualcosa cambi.. perchè la verità è che niente cambia, ma cambiamo noi, sempre.
Il vero viaggio è quello che accade dentro di te. Puoi aver visitato mille posti, esserti affacciato a 300 culture differenti, incontrato gente di qualsiasi razza, ma occorre che tutto questo lo faccia tuo, immergendoti totalmente in ciò che stai facendo altrimenti sarai stato l'ennesimo spettatore di una qualche bella città ma non l'avrai mai goduta da protagonista. Siamo noi a dover scegliere se
 essere spettatori o protagonisti. Il primo è indubbiamente più semplice, il secondo implica enormi rischi, come quello di non farcela. Ma credo che nessuno possa dire di non avercela fatta se almeno ci ha provato. Hai provato a cambiare la tua vita?Allora ce l'hai fatta, a prescindere da tutto. Farcela significa provare a rivoluzionare qualcosa puntando tutto su degli obiettivi. Se non riesci a realizzarli te ne devi inventare altri, e ancora altri. Questo non significa fallire. Fallisce chi crede che per il resto della propria vita continuerà a bere sempre lo stesso caffè macchiato con poco zucchero, chi si ritrova sempre allo stesso bar, chi non è in grado di conoscere persone diverse, chi fuma sempre le stesse sigarette, chi non cambia mai colore dei vestiti, chi continua a galleggiare nella stessa routine che trova tremenda senza far nulla per cambiare le cose. Talvolta anche quando cambi pian piano ripiombi nella routine, ma l'importante è come tu senta questa routine, perchè se ti svuota di passione, se appiattisce la tua personalità, allora devi cambiare di nuovo e provare una "nuova routine" fino a che non troverai quella giusta, quella che ti manterrà "appassionato" della vita. Ho conosciuto tante persone ma chi mi è entrato nel cuore fino in fondo è chi ha deciso di mollare quello che aveva, che per qualcuno può esser tutto o per altri niente, e reinventare la propria vita senza darsi scadenze. Per me queste persone che con passione vanno verso orizzonti nascosti e sconosciuti, che decidono di mollare per reinventarsi a Londra a New York o anche in piccolo paesino, fuggendo dagli schemi, vincono tutto, vincono la vita, a prescindere da ciò che faranno. E credo che nella vita occorra vincere di tanto in tanto, per sentirsi un po' più donne o un po' più uomini. Occorre saper prendere e sapere quando sia opportuno lasciare.





Si dice in giro che non bisogna aver paura di lasciare, perchè ciò che conta non ci lascia mai.. In effetti ho lasciato tante volte e so che dovrò farlo ancora tante volte, perchè la vita è così, è un prendere e lasciare, anche quando hai l'impressione che certe cose rimarranno in eterno devi essere sempre pronto a farlo. Ma credo che quando si lasci qualcosa è perchè si è preso qualcosa. Chi per 
paura di lasciare rimane dove si trova in realtà non prende niente. E ditemi cos'è se non sprecare la vita senza riempirsi della vita stessa. Forse è triste pensare di dover prendere per poi un giorno lasciare andare, ma credo fermamente che se prendi qualcosa con tutto te stesso e lo lasci andare nella stessa maniera, non solo ciò che conta non ci lascerà mai definitivamente, ma talvolta accade che addirittura ci segua. Le esperienze, i rapporti umani, le risate, le lacrime, le ansie, le follie, tutto questo può seguirci.

venerdì 5 ottobre 2012

Ho un blog anch'io, chi l'avrebbe mai detto?

Ecco, ho finalmente un blog anch'io. Credetemi, ne avrei fatto volentieri a meno. Sono una che preferisce la carta ad una tastiera, anche perchè diciamocelo, il ticchettio delle tue dita sui tasti a volte è leggermente rumoroso e fastidioso. Poi sapete, scrivere su un blog ti fa pensare troppo alla forma, alla sintassi, cose di questo genere, e questo potrebbe filtrare i tuoi pensieri che invece non perderebbero consistenza se li mettessi di getto su un foglio di carta strappato per caso da un blocknotes. 
Quando ero piccola avevo un diario, uno di quelli che si chiudevano con un lucchetto, in cui riportavo nel dettaglio tutto ciò che avevo fatto durante la giornata. Non so perchè lo facevo, ma mi piaceva. Ognuno ha le proprie passioni, i propri interessi, le proprie manie. C'è chi per stare bene canta, chi danza, chi si iscrive in palestra, chi si dedica alla cucina.. Io invece scrivevo e continuo a farlo, non riesco a smettere, ho una forte dipendenza. 
Ne ho tante per la verità, ma questa la annovererei tra quelle cose a cui non potrei mai rinunciare, un po' come il cibo. Sì perchè ho bisogno di ritagliarmi uno spazio che sia solo mio, che mi consenta di buttar fuori tutto ed ordinarlo su un foglio, proprio come quando ci si specchia. Ho bisogno di specchiarmi di tanto in tanto, ma ad onor del vero, preferisco gli specchi dell'anima a quelli da borsetta per rifarti il trucco o l'acconciatura. Ho bisogno di nutrire la mente più che il corpo. Sì è vero sono vecchia, anzi chiamatemi obsoleta. Preferisco una penna ad una tastiera, uno specchio che rifletta l'anima al posto di trucco e parrucco, un abbraccio e una chiacchierata davanti ad un buon caffè piuttosto che whatsapp o facebook che hanno finito soltanto per rendere tutto più virtuale ed inespressivo, e diciamocelo, anche noi più rincoglioniti quando pensiamo che la stima o l'affetto di qualcuno si possa misurare attraverso un mi piace o un futile commento ad un altrettanto futile post. E sono obsoleta perchè credo ancora nelle storie a lieto fine, di quelle strappalacrime, dove il protagonista raggiunge la sua donna dall'altro capo del mondo solo per dirle "Mi manchi e sono venuto a prenderti", o di quelle dove i due si incontrano dopo anni in un bar del centro ritrovandosi in uno sguardo e capendo di essersi sempre amati. Sì sono vecchia perchè mi piacciono le cose autentiche, e oggi ciò che è autentico, vero, carnale, sa di vecchio. Ma sapete che c'è? Sarò pure uno di quei libroni vecchi ed impolverati che si custodiscono in soffitta, ma preferisco la realtà alla finzione, l'interiorità all'esteriorità, l'ascoltare piuttosto che soffermarmi a guardare, i film strappalacrime al genere fantasy, e preferisco pensare che qualcuno a questo mondo in grado di dire "mi manchi e sono venuto a prenderti" ancora esista perchè altrimenti la domanda la pongo a voi: cosa siamo diventati? Manichini di cartapesta, ecco cosa saremmo diventati se tutto questo realmente non esistesse più. Allora la prima cosa da fare è cominciare a parlare di amore a chi non ci crede più, a chi ha il cuore in mille pezzi per le continue delusioni, a chi vede di continuo qualcuno che si permette il lusso di entrare dalla porta per poi scappare via dalla finestra senza poter far nulla per fermarlo, a chi ha deciso di non mettersi più in discussione, a chi si pone a un passo dalle emozioni senza mai viverle pienamente, a 
chi ha paura, a chi crede che l'amore sia un luogo comune inventato per persone incapaci a restare sole. Non lo dobbiamo fare per convincere gli altri di qualcosa in cui forse non crederanno mai. Lo dobbiamo fare perchè loro hanno profondamente bisogno di qualcuno che glielo dica per cominciare a credere in qualcosa di diverso e lo dobbiamo fare perchè forse noi che lo diciamo abbiamo bisogno di credere che i miracoli possano accadere di tanto in tanto e assumere le forme più disparate. Forse.