domenica 17 novembre 2024

La vigilia delle vigilie

Se non ci si svuota, non si riesce ad accogliere. 

Da settimane ripeto spesso questa frase, tentando di cucirmela addosso e di rileggerla, su quella stessa pelle che di volta in volta si rinnova. Così, quando sembra che stia sparendo, ci passo sopra un pennarello, per evitare che scompaia del tutto, come se fossi capace di comprendere solo dopo aver traforato la pelle come fosse tela, solo dopo essermi macchiata con l´inchiostro come se fossi carta. Eppure, pensavo, le cose, i gesti, le persone, le parole più significative ti attraversano, a passo lento, come una leggera brezza che mentre colpisce, ti accarezza, e ti lascia un senso di calore tutto d´un tratto. Ci riescono anche nel disordine, a patto che non ci sia tu a depositare nel frattempo oggetti alla rinfusa per ostruirne il passaggio. Cucire e ricalcare spesso lo fanno: ti ricordano tutto quello che dovresti fare mentre non sai ancora da dove cominciare.

Se non ci si svuota, non si riesce ad accogliere. 

Lo pensavo, l´altro giorno, mentre rovistavo tra pacchi che per tanto tempo ho lasciato chiusi, perché convinta che custodissero dei ricordi che non avrei mai voluto gettar via. Quando li ho aperti, mi sono resa conto che la maggior parte di quelle cose non facevano più parte della mia vita da tanto tempo. Ho gettato ogni cosa. Avrei voluto farlo anche con il mio corpo: come fosse un bicchiere che rovesci maldestramente sul tavolo, pieno a metà, senza attendere che trabocchi. Ho guardato le scatole dopo averle svuotate del superfluo, ho aperto la finestra, ho lasciato che un sole tiepido di novembre mi accarezzasse le gote e un fresco venticello mi solleticasse la pelle scoperta. Mi sono sentita come quella scatola che stavo poco a poco svuotando: mi riappropriavo di spazi di cui, per pigrizia, per tanto tempo avevo fatto a meno. 

Se non ci si svuota, non si riesce ad accogliere.

Per me si tratta della "vigilia delle vigilie", quella che prepara ad una sfida, con me stessa, in cui vincere contro la paura di respirare a pieni polmoni per farvi entrare aria nuova, e contro il bisogno di portare con me pesi innecessari. È, tra tutte, la vigilia che più ho atteso: svuotarmi per accogliere, in primis me stessa. La prossima partenza è agli sgoccioli, lo zaino è quasi pieno, e io sono quasi pronta: ad abbracciare tutto quello che verrà, a non sentirmi più smarrita quando non ci saranno cose cui aggrapparmi, perché tutte le cose che contano non meritano di essere chiuse in una scatola, cucite su pelle come fosse tela o ricalcate con inchiostro per non dimenticarcene. Ti attraversano, a passo lento, e con leggerezza. Ti colpiscono, ma poi ti accarezzano. Ti infondono un inconsueto calore che sa di tutte quelle cose e persone che restano senza che tu glielo chieda. Sono libere, e scelgono di attraversarti nonostante i tuoi disordini, ma sarai tu a dovergli fare spazio, perché se non ci si svuota, non si riesce ad accogliere. 


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