domenica 24 novembre 2013

Come una macchia d'olio.

Mi piacciono le donne che osservano in silenzio, raccogliendo idee e dettagli come fossero semi da cui germogliano fiori di campo, che staranno attente a non calpestare quando i loro piedi saranno inumiditi dall'erba fresca su cui la rugiada si sarà posata di primo mattino.
Mi piacciono le donne che sanno piangere. Sí perché non tutte lo sanno fare. Quando piangi il viso deve essere bagnato, completamente, le lacrime devono corrugare le gote sino al collo. Mi piacciono quelle donne che non si preoccupano se il loro make-up sarà sbavato, perché ogni lacrima avrà pian piano lavato parte del dolore che le avrà ridotte in quello stato, ogni macchia sarà cicatrizzata ovunque sul loro corpo, e sí poi andranno avanti, come sempre.
Mi piacciono le donne che sanno ridere, non quelle che starnazzano, ma quelle che ridono con gli occhi illuminando il viso al punto da eliminare ogni ruga, al punto da rendere perfetta ogni minuziosa imperfezione.
Mi piacciono le donne che non si arrendono, ma che al contempo hanno paura di non farcela, allora non dormono, se ne stanno in silenzio, corrono per sentirsi più veloci di un tempo che le consuma, scrivono, urlano, si mettono a dieta.
Mi piacciono quelle donne che se vogliono qualcosa fanno di tutto per prenderselo, quelle che scendono dal loro piedistallo per rincorrere qualcuno nonostante appaia troppo distante da afferrare.
Mi piacciono le donne che leggono, che si informano, che vanno al cinema o al teatro, che sposano una causa portandola avanti con ineguagliabile passione, quelle che fanno della mente la più irresistibile arma di seduzione, un'arma a doppio taglio, ove l'ultimo taglio sarà sempre riservato a chi avranno di fronte.
Mi piacciono quelle donne che sanno aspettare e che in egual misura saranno capaci di restare, quelle che guardano un aereo decollare sperando non lo faccia, o un treno partire sperando deceleri per dare loro la possibilità di raggiungerlo. Ma mi piacciono quelle donne che non si ingannano, quelle che con egual costanza vanno via quando apprenderanno che per loro non c'é più spazio.
Mi piacciono le donne così, quelle che non hanno bisogno di trasformarsi in uomini per sentirsi più forti, quelle che faranno della loro sensibilità la loro più grande forza, quelle che cadono in tunnel bui e silenziosi per poi risalire gradatamente, senza far troppo rumore. Mi piacciono quelle donne che profumano di libertà, che trasudano passione, verità, umanità.
Mi piacciono le donne che sono così, come un'araba fenice, un caffè caldo di buon mattino, una candela profumata accesa sul comodino, una macchia d'olio, piccola, che si camuffa con la tinta scura dei pantaloni: capaci di risorgere, di reinventare e ricrearsi dalle ceneri, capaci di scottare ma di riscaldare al punto da diventare qualcosa di cui non riuscirai a fare a meno, capaci di inebriare ogni stanza in cui saranno entrate, per restare sempre lí, nascoste ma indelebili, come una macchia d'olio.

martedì 12 novembre 2013

L'amore é una cosa semplice.

Qualcuno una volta, intonando una canzone, ha detto che l'amore é una cosa semplice, e forse é davvero così.
Tra le sue molteplici ed enigmatiche facce la più semplice e delicata é lo stare bene, per questo motivo forse la più importante, perché é con il tempo che ho imparato a capire che sono le cose più semplici quelle più importanti, le uniche forse in grado di dare un valore inestimabile a qualsiasi cosa si tratti.
Allora forse l'amore é soprattutto stare bene. É stare seduti a pensare fermando il tempo in uno spazio piccolo, fatto di pareti tappezzate di posters, di una luce fioca sul comodino e di un letto scomposto, troppo piccolo per contenere emozioni che tingerebbero di rosa tutto ciò che ci circonda. É tremare quando i nostri sogni cedono il passo ad un incubo che ci vedrebbe lontano, é sentirsi al sicuro al nostro risveglio, realizzando che si é ancora lí, nel nostro soffice nido. É sentire il respiro dell'altro nelle nostre orecchie, quello che riesce ad insinuarsi sin dentro la nostra pelle. É trascorrere giornate, ma soprattutto vivere attimi, perché come le cose più semplici, sono questi ad ingigantire intere esistenze, spesso apparentemente grandi anche se fatte di niente, perché mancanti della sostanza primigenia, quella che si può cogliere in un semplice gesto, sguardo o parola, così, semplicemente.
É pianificare perché si ha desiderio di stare insieme, senza mettere paletti, senza paura di affondare nell'enigmatico mare delle domande che non trovano risposta, dei "se-ma-forse-é troppo tardi", perché laddove succedesse, lo si farebbe insieme, ed in due non occorre avere paura.
Molti si interrogano su quale possa essere il celato significato dell'amore, che spesso ci avvolge in un'aurea maledetta senza appiglio alcuno. Ed anche io, dall'alto della mia inesperienza l'ho fatto, e di tanto in tanto inciampo nello stesso errore, ponendomi domande che non trovano risposte, polverizzandosi come sabbia tra le dita trascinata dalla forza del vento.
Ma se é vero che l'amore é una cosa semplice, significa che lo si può anche comprendere nonostante la sua latente imperfezione, lo si può gustare nonostante sia dolce quanto amare, sentire anche nel silenzio e riconoscere nonostante il frastuono, persino annusare come il profumo delle viole che preannunciano l'arrivo della primavera. E forse nella sua forma più fresca e delicata é lo stare insieme, lo stare bene, così, semplicemente.

martedì 5 novembre 2013

Almeno era domenica.

Due giorni fa era domenica e per la prima volta l'ho avvertito.
Ho sentito sulla mia pelle il calore appena sveglia di tiepidi raggi di sole che filtravano attraverso i vetri di una finestra socchiusa. Ho sentito il profumo di deliziosi manicaretti, di quelli che si preparano solo quando si ha tempo. Ascoltavo la telecronaca del campionato spagnolo di calcio mentre si inveiva, un po' come faceva mio padre in un'ordinaria domenica in cui giocava il Napoli. E ho parlato di calcio con un tifoso del Manchester United, come se fossi al bar di domenica mattina. Sono andata a comprare del pane, dei dolci che sarebbero stati serviti a fine pasto e del vino, italiano, perché ero l'unica italiana e pensavo che sarebbero stato carino offrire un po' del mio Paese.
Un pranzo che é terminato con una tazza di caffè alle sei del pomeriggio, con un piumone sulle gambe che mi teneva calda perché intanto fuori era cominciato a piovere. Ho condiviso un bicchiere di vino, una barretta di cioccolato, addirittura anche uno stupido videogame era diventato per due, un turno a testa.
Mi ricordo quando ero ancora una bambina ed ogni domenica la mia famiglia si riuniva a casa di mia nonna per pranzo. Si sentiva che era domenica, nell'aria, negli sguardi, nei sorrisi, nel rumore di quei pochi motorini che nell'attraversare la strada era come se portassero con se una scia di sottile malinconia, quella che di consueto si respira in un tipico pomeriggio domenicale.
L'altro giorno non c'era la mia famiglia, non il ragù, nemmeno il sapore del caffè era lo stesso.
L'altro giorno non ero a casa, ma almeno era domenica.

sabato 2 novembre 2013

Il treno dei desideri.

E poi c'è quella nostalgia che ti prende alla gola, che ti fa pensare alle cose passate che non possono tornare, addirittura a quelle persone che avrai incrociato a mala pena una volta sola per poi sparire volatilizzandosi in un cosmo dagli infiniti punti, troppi per incontrarsi ancora.
Ho sempre meno tempo per me e ho cominciato a truccarmi in metropolitana, perché è l'unico momento in cui sono costretta a sedermi per aspettare di giungere a destinazione.

Londra e tutto ciò che ne concerne sono la mia metropolitana, la cui destinazione talvolta sembra lontana, ma l'ho scelta io, i cui posti a sedere sono le persone che anche in silenzio e a distanza mi sostengono, in un calore che si chiama famiglia, amicizia, affetto vero.

Perché forse si da' più importanza al cosa che al come, io invece ho smesso di pensarci e ho mescolato tutto, guardando al come e al cosa come fossero un binomio imprescindibile, il cui risultato, se entrambi intrisi nel sacrificio e frutto di ciò che il cuore detta, è amore per noi stessi, è soddisfazione per ciò che siamo in grado di creare, è felicità.
E sarà felicità anche se la destinazione non sarà come la si aspetta, perché la meta l'abbiamo scelta con il nostro cuore che ci avrà donato occhi per guardare oltre e piedi che attraverseranno l'asfalto del sentiero che sentiremo di tracciare.

Se mai dovesse esistere una strada che conduca alla felicità, quella si chiama libertà.
Quella che porta il cuore in alto, facendoti sentire leggera.

sabato 21 settembre 2013

Learning and teaching.

C'è sempre qualcuno che mi ripete che è la vita cercando a suo modo di impartirne lezioni ed io forse ai loro occhi appaio come una studente ribelle che non vuole mai imparare. In realtà è che forse semplicemente non avevo chiesto di imparare da loro. In realtà forse sono semplicemente stanca di apprendere lezioni già sentite, che se un tempo mi trafiggevano come spine, ora quasi non le sento più, e non so quale delle due sensazioni sia la peggiore. Ma ciò che più mi stanca è il valore che ostinatamente tento di dare loro. Sarà forse vero che sono una studente ribelle, ma forse devo imparare a considerare anche l'eventualità opposta: che tutti questi si pongano forse come insegnanti senza possederne alcun titolo.
Perché forse nella vita si sceglie chi essere e talvolta i ruoli si confondono. Ma non sarà colpa di chi si porrà come insegnante pur potendo a mala pena assumere il ruolo di studente somaro. Sarà colpa di chi avrà tante cose da insegnare ma per colpa delle sue insicurezze le terrà per sé. Sarà colpa di chi si sentirà sempre su di un gradino inferiore, di chi pur potendo insegnare qualcosa si siederà tra i banchi e pur ascoltando lezioni sbagliate resterà in silenzio, talvolta auto-convincendosi dell'opposta realtà.
Ma la verità è che desidero essere insegnante nella stessa misura in cui io desideri mantenermi studente, come facce della stessa medaglia, imprescindibili. Voglio dare e ricevere, in un sano equilibrio che è umano. Non è possibile essere una cosa sola, per sé ma soprattutto quando ci si relaziona. E' questo il primo insegnamento che sento di dare, anche se non so bene da chi l'abbia appreso, forse da chi non mi ha mai dato nulla mentre io ci speravo.

There is always someone who tells me that's life trying to give lessons and maybe in their eyes I look like a rebel student who never wants to learn. But maybe I just did not ask to learn from them. Maybe I'm just tired of learning lessons already heard, that if one time pierced me as thorns, now almost do not feel them anymore, and I don't know which of the two sensations is worse. But what makes me tired is the value that stubbornly I try to give them. It could be true that I'm a rebel student, but maybe I have to learn to consider also the opposite possibility: that all of these ones will show themselves perhaps as teachers without possessing any title.
Because maybe in your life you choose who to be, and the roles are sometimes confused. But it will be the fault of those ones who will arise as teacher while barely being able to assume the role of dunce student. It will be the fault of those ones who have much to teach but because of his insecurities will keep them for him/herself. It will be the fault of those ones who always feel on a lower level, who although may teach something will sit in the classroom and even if they will listen to wrong lessons, they'll remain silent, sometimes self-evident to the opposite reality.
But the truth is that I want to be a teacher in the same measure that I want to keep the role of student, as the faces of the same coin, essential. I want to give and receive, in a healthy balance that is human. We can't be just one thing for ourselves but especially when we relate. And this is the first lesson that I feel to give, even if I don't know from who I have learned, perhaps from those ones who don't ever give me anything while I hoped it.

giovedì 19 settembre 2013

Wish of stopping.

Oggi sono entrata in un caffè vicino alla stazione della metro di Goodge Street. Ho bevuto una cioccolata calda seduta al tavolo, in cui ho tentato di affogare parte dei pensieri riscaldando intanto anche un po' me stessa, guardando fuori gli schizzi di pioggia che delicatamente bagnavano i vetri dei finestroni. Guardavo fuori perché aspettavo che la porta si aprisse perché aspettavo qualcuno. Ma quel qualcuno era in ritardo e alla fine non è arrivato. Probabilmente non ero l'unica ad aspettare. C'era una donna accanto a me il cui sguardo era rivolto alla porta ogni qual volta ne sentiva il cigolio. Quando sono uscita dal caffè non pioveva già più, e ho sostato per qualche minuto su di una panchina in una piazzola per fumare una sigaretta, bruciando il resto dei pensieri insieme alla cenere che cadeva giù e nemmeno l'avvertivo. Oggi avevo bisogno di fermarmi in una città che corre veloce, dove rapidi sono i rapporti, i sentimenti, le gioie, le opinioni, e forse per fortuna anche i dolori. Volevo afferrare il mio tempo, per forse farci entrare dentro soltanto ciò che occorre ed ancora una volta la vita mi ha fatto capire che devo metterci soltanto me stessa. E' come se la vita mi abbia fatto capire che non devo aspettare niente e nessuno, ma soltanto camminare e afferrare ciò che trovo per strada, sostando solo quanto basta, quel poco che non mi faccia mai sentire meno degli altri, quel poco che non mi faccia mai sentire colpevole, quel che occorre per sentirmi sempre integra ed in pace con ciò sento. Mi ha fatto capire che i buoni non vincono mai perché non hanno forse bisogno di vincere nulla. Non esiste nessuna partita, non c'è bisogno di dimostrare nulla, perché chi vorrà lo capirà da solo e sarà quello il nostro bottino. E se nessuno capirà rimarremo sempre noi con la nostra nobiltà d'animo che sarà più importante di qualsiasi uomo o donna in cui saremo maldestramente inciampati.
Dopo quasi due mesi è successo anche a me: sono caduta nel tunnel delle insicurezze e ho pianto.
Dopo quasi due mesi è successo anche a me: desideravo profondità, serietà, intimità. Volevo calore, quello umano, quello fatto di frasi di rassicurazione e di abbracci forti che ti fanno mancare il fiato, quelli che in silenzio ti dicono "ti voglio bene".
Ma non ho trovato nulla di tutto questo da nessuno, allora l'ho dovuto creare. Ho cercato il calore in una cioccolata bollente, ma non era abbastanza, allora ho comprato un piumone, delle lenzuola, dei calzini di spugna e delle babbucce a forma di koala. Ma non era abbastanza, allora ho preparato una zuppa calda per cena, fin quando ho capito che avrei potuto continuare all'infinito, non sarebbe mai stato abbastanza se non mi fossi guardata allo specchio ripetendo tra me e me che io posso essere abbastanza, io posso essere tutto quello che c'è nella mia testa, ma soprattutto nel cuore.


Today I've gone into a café near Goodge Street tube station. I've drunk hot chocolate sitting at the table , in which I attempted to drown part of my thoughts, while warming a bit myself too, looking out the splashes of rain that gently bathed the glass of the windows. I looked out because I was waiting that the door opened up because I was waiting for someone. But "someone" was late and in the end he hasn't arrived. Probably I was not the only one waiting. There was a woman next to me whose eyes were turned to the door whenever she heard the creak . When I left the coffee it wasn't raining, and I paused for a few minutes on a bench on a pitch for a cigarette , burning the rest of the thoughts with the ashes which fell down even if I didin't feel anything. Today I've needed to stop myself in a town that runs fast, where the relationships , feelings , joys , opinions, and perhaps fortunately even the pain are quick. I wanted to grab my time, in order to insert into just what you need , and once again life has made me realize that I have to put only myself. It's like if life has made me realize that I do not have to wait for anything or anyone, but only walk and grab what I find on the street, pausing only long enough , the little that I don't ever make me feel less of others, or guilty, the little that you always need to feel whole and in peace with what I feel . It made me realize that the good guys never win because they don't need to win anything. There is no game , no need to prove anything , because who wants really will do it alone and will understand what our loot. And if no one will understand, we will always be with our nobility that will be more important than any man or woman in whom we stumbled awkwardly .
Almost two months after it happened to me: I felt into the tunnel of insecurities and I cried.
Almost two months after it happened to me: I wanted depth , seriousness and intimacy. I wanted warmth, that human one, which consists of sentences for reassurance and strong hugs that make you short of breath , those which silently tell you " I love you" .
But I didn't find any of this from anyone, then I had to create. I found out the warm in a hot chocolate , but it was not enough, then I bought a duvet, bed linen , terry socks and slippers in the shape of koalas. But it was not enough, then I made a hot soup for dinner , until I realized that I could go on forever , it would never be enough if I didn't look myself in the mirror repeating to myself that I can be enough, I can be everything which is in my mind, firstly in my heart.

mercoledì 11 settembre 2013

Amici miei.

Qualcuno può credere che sia tutto semplice: alzarsi una mattina, prendere i bagagli e partire. Abbracciare i propri cari e sussurrare come di consueto "Torno presto". E' semplice, è pazzo, è bello, in fondo vivi in una delle città più ambite d'Europa, dove sembra che per le mancanze non ci sia spazio. In realtà non ce ne sarebbe ma tu ce le fai stare comunque, in un angolo impolverato che ad ogni momento utile rispolveri per sentire il battito del tuo cuore più forte, come se ti stesse urlando "casa".
Ma nonostante tutto a casa non vuoi tornare. E non perchè non avverta mancanze, non ami abbastanza chi a casa intanto mi aspetta, è proprio questo il punto: l'amore per gli altri non è mai stato equiparabile a quello per me stessa. Amavo sempre troppo gli altri, meno me stessa, rilegandomi in un angolo della casa nascosta tra cose che credevo dovessero avere la priorità anche su me stessa. Ed ora sono in bilico tra ciò che vorrei dalla mia vita e ciò che ho. Ma qualcuno mi ha spesso ripetuto che a volte nella vita bisogna essere egoisti, ed io vorrei imparare ad esserlo per la mia porzione di felicità, quella che sogno, per cui lotto tutti i giorni, quella che forse oggi mi spetta.
Qualcuno si aspetta forse di trovarmi a breve sull'uscio della porta, con i miei bagagli svuotati di ogni sogno, dalle cui cerniere si vedono cadere sul pavimento goccioloni di passione che dovrei con premura raccogliere in un bicchiere per continuare la mia vita di sempre, con voi che siete la mia casa, il mio cuore, la fetta di vita più importante. Mi dispiace amici miei, ma questa volta non lo farò. Questa volta indietro non guardo più. Questa volta voglio credere che qualcosa di straordinario sia ancora possibile, perché se pensiamo cose straordinarie e ci muoviamo per realizzarle, i nostri sogni non saranno poi così distanti dalla realtà. E solo quando tutte le possibilità saranno esaurite, solo quando realizzerò che per me non c'è spazio se non in soffitta tra gli oggetti dimenticati, solo quando avvertirò che questa città si è impossessata della mia anima riconsegnandomi briciole, rendendosi ladra dei miei sogni, succhiando passione giorno dopo giorno, solo allora lascerò tutto. Solo allora farò un passo più lungo per tornare, ma mai per ripartire dallo stesso punto in cui ho lasciato brandelli di cuore e castelli di sabbia, perchè quelli non esistono più. Ma fino ad allora voglio sognare. Voglio svegliarmi la mattina per andare a lavorare per pagare l'affitto e pagare la scuola. Fino ad allora voglio tornare a casa sfinita ma felice, perché i progetti di certo non sono questi attuali ma è con il sacrificio che i sogni si realizzano, con il sudore che è umano, vero, che solo alla fine farà sorridere, forse. Fino ad allora voglio sentirmi libera di decidere e cercare di raggiungere ciò che desidero compiendo un passo alla volta, per varcare l'uscio di un edificio che per tanto tempo ho visto su internet solo attraverso lo schermo del mio pc. Fino ad allora vorrei scrivere di notte, l'unico momento della giornata in cui mi fermo ed i pensieri prendono vita sulla poltrona blu della mia living room, con il rumore della lavatrice in sottofondo che sa di certo ben poco della melodia della vié en rose ma mi piace lo stesso, perché mi fa pensare alla vita quotidiana che è pazienza e fatica, quella che ti fa diventare grande. Fino ad allora vorrei continuare a perdermi nelle persone come ho sempre fatto, mantenendo però integra me stessa, ciò che in fondo conta più di tutto, così da poter aprire un nuovo capitolo della mia vita che avrà il mio nome a caratteri cubitali.